Addebito della separazione e prova della infedeltà coniugale nell'era dei social network
19 Ottobre 2022
Addebito della separazione
La separazione è addebitabile al coniuge che, assumendo un comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio (art. 151, comma 2, c.c.) abbia causato la disgregazione del vincolo matrimoniale in modo esclusivo o in concorso con le condotte del consorte (cd. addebito reciproco). Costituisce principio pacifico in giurisprudenza che la pronuncia di addebito della separazione personale non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri coniugali di cui all'art. 143 c.c., essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale (cfr. Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2017, n. 12392). L'onere probatorio che grava sulla richiedente la pronuncia di addebito della separazione nei confronti di controparte è quindi duplice, concernendo tanto la violazione di uno o più doveri nascenti dal matrimonio da parte di uno - o entrambi - i coniugi, quanto che sussista un rapporto di efficienza causale tra detto comportamento ed il verificarsi dell'intollerabilità dell'ulteriore convivenza. Pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova in relazione al fatto che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito (cfr. Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2021, n. 40795). Non pare inopportuno ricordare che l'addebito della separazione personale dei coniugi, di per sé considerato, non è fonte di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., determinando, nel concorso delle altre circostanze previste dalla legge, solo il diritto del coniuge incolpevole al mantenimento, con la conseguenza che la risarcibilità di danni ulteriori è configurabile solo se i fatti che hanno dato luogo all'addebito integrano gli estremi dell'illecito ipotizzato dalla clausola generale di responsabilità espressa dalla norma indicata (cfr. Cass. civ., sez. I, 6 agosto 2020, n. 16740). L'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi di regola circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si accerti la mancanza del nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, risultando la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (cfr. Cass. civ., sez. I, 2 settembre 2022, n. 25966; Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 2017, n. 977; Cass. civ., sez. VI, 14 agosto 2015, n. 16859). Invero, trova applicazione anche in riferimento all'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale il principio che la dichiarazione di addebito implica la prova che l'irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento di uno o di entrambi i coniugi, consapevolmente e volontariamente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità dell'ulteriore convivenza. In questo senso, anche se l'infedeltà costituisce la premessa della intollerabilità della prosecuzione della convivenza secondo l'id quod plerunque accidit, l'evento dissolutivo potrebbe non essere riconducibile alla condotta antidoverosa del coniuge, con la conseguenza che occorre l'elemento della prossimità (post hoc, ergo propter hoc) per far presumere la intollerabilità, il che avviene quando la richiesta di separazione personale segue, senza cesura temporale, l'accertata violazione del dovere coniugale. Diversamente, nel caso, infrequente ma non eccezionale, di accettazione reciproca di un allentamento degli obblighi previsti dalla norma (come nel c.d. regime dei separati in casa) si prospetterebbe un fatto secondario, accidentale ed atipico, che contrasta con l'applicabilità della regola generale della causalità, onde il relativo onere probatorio incumbit ei qui dicit, spettando di conseguenza all'autore della violazione dell'obbligo la prova della mancanza del nesso eziologico tra infedeltà e crisi coniugale (cfr. Cass. civ., sez. I, 25 maggio 2016, n. 10823). La S.C. ha difatti chiarito, in ordine al riparto degli oneri probatori tra i coniugi, che grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà (cfr. Cass. civ., sez. VI, 6 aprile 2022, n. 11130; Cass. civ., sez. VI, 30 ottobre 2019, n. 27777; Cass. civ., sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 3923). L'anteriorità della crisi della coppia rispetto all'infedeltà di uno dei due coniugi integrando un'eccezione in senso lato, è rilevabile d'ufficio, purché sia allegata dalla parte a ciò interessata e risulti dal materiale probatorio acquisito al processo (cfr. Cass. civ., sez. I, 21 luglio 2021, n. 20866). Peraltro, ad avviso dei giudici di legittimità anche plausibili sospetti di infedeltà che non si sostanziano in un adulterio possono giustificare l'addebito della separazione: più precisamente, ha ritenuto che la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge (cfr. Cass. civ., sez. VI, 17 marzo 2022, n.8750; Cass. civ., sez. VI, 20 gennaio 2020, n. 1136; Cass. civ., sez. VI, 19 settembre 2017, n. 21657). In tale ottica, la S.C. ha ritenuto dimostrative della violazione del dovere di fedeltà coniugale le fotografie che riproducono il marito in un atteggiamento di intimità con una donna in quanto la comune esperienza induce a presumere l'esistenza tra i due di una relazione extraconiugale (cfr. Cass. civ., sez. VI, 24 febbraio 2020, n. 4899). La prova della relazione extraconiugale ai tempi dei social network
Nella prassi dei Tribunali risulta sempre più frequente il ricorso da parte dei difensori alle riproduzioni informatiche di conversazioni via sms, messaggi mail o WhatsApp per provare l'esistenza delle relazioni extraconiugali. Va all'uopo ricordato che il messaggio di posta elettronica (cosiddetta e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (cfr. Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2021, n. 30186; Cass. civ., sez. lav., 28 gennaio 2019, n. 2288). Anche lo “short message service” (“SMS”) risulta riconducibile nell'ambito dell'art. 2712 c.c., con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime. Tuttavia, l'eventuale disconoscimento di tale conformità non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata previsto dall'art. 215, comma 2, c.p.c. poiché, mentre, nel secondo caso, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della stessa, la scrittura non può essere utilizzata, nel primo non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (cfr. Cass. civ., sez. I, 17 luglio 2019, n. 19155; Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2019, n. 5141). Di recente la Cassazione ha confermato l'importanza delle riproduzioni informatiche di conversazioni via sms, messaggi mail o WhatsApp onde fornire prova della relazione extraconiugale intrattenuta da un coniuge, evidenziando che per far perdere in un processo la qualità di prova alle riproduzioni informatiche di una chat occorre un disconoscimento «chiaro, circostanziato ed esplicito», che si deve concretizzare «nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta», risultando inefficaci i semplici richiami, fatti dalla parte, ai propri scritti difensivi nei quali dichiarava che quanto rappresentato dalle riproduzioni informatiche non corrispondesse alla realtà dei fatti in essa descritta (cfr. Cass. civ., sez. VI, 13 maggio 2021, n. 12794). La giurisprudenza di merito negli ultimi anni si è espressa anche in ordine alla rilevanza come prove documentali delle fotografie e delle informazioni pubblicate sul profilo personale del social network Facebook ritenendole rilevanti ai fini della prova dell'addebito della separazione per infedeltà (cfr. Trib. Rimini, sez. I, 01 febbraio 2021, n. 82; Trib. Roma, sez. I, 12 gennaio 2016, n. 456). Ad esempio, si è ritenuto significativo ai fini dell'addebito della separazione il fatto che sul proprio profilo Facebook ci si qualifichi come single, quando nella realtà si è coniugati. In particolar modo, le indicazioni contenute sul profilo, pur non costituendo prova di un rapporto extraconiugale, realizzano un atteggiamento lesivo della dignità del proprio coniuge nella misura in cui pubblicamente venga rappresentato un modo di essere o uno stato d'animo incompatibile con un leale rapporto di coniugio (cfr. Tribunale Palmi, 07 gennaio 2021, n. 6). Ancora, è stata attribuita rilevanza ai fini della prova dell'addebito la pubblicazione su Facebook dello status di fidanzamento con persona diversa dal coniuge (cfr. Trib. Bari, 6 agosto 2020 n. 2525). Si è, altresì, ritenuto che costituisce una violazione degli obblighi di fedeltà ex art. 143 c.c. da parte del marito la ricerca di relazioni extraconiugali tramite internet, trattandosi di circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra i coniugi e a provocare l'insorgere della crisi matrimoniale all'origine della separazione (cfr. Cass. civ., sez. I, 16 aprile 2018, n. 9384). La registrazione di conversazioni tra presenti
Frequente risulta anche il ricorso a registrazioni di conversazioni tra presenti al fine di provare l'esistenza della relazione adulterina. In ordine alle registrazioni sonore va ricordato che la registrazione fonografica, o mediante strumenti di trasmissione, di una conversazione svoltasi tra soggetti presenti (da uno degli interlocutori o da colui che comunque sia stato ammesso ad assistervi) pur all'insaputa dell'altro, non è classificabile come intercettazione, ma rappresenta una modalità di documentazione dei contenuti della conversazione, già nella disponibilità di chi effettua documentazione, poiché colui che la intrattiene è come se accettasse implicitamente il rischio che quanto detto, a sua insaputa, sia in qualche modo registrato e documentato (cfr. Cass. pen., sez. II, 5 febbraio 2021, n. 13787; Cass. pen., sez. fer., 8 agosto 2017, n. 47602; Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2018, n. 1250). Pertanto, risulta perfettamente lecita e, dunque, utilizzabile in giudizio la registrazione fonica o visiva compiuta direttamente dall'altro coniuge o da un convivente poiché, secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, l'effettuazione di registrazioni di dialoghi o conversazioni a cui abbia direttamente partecipato anche lo stesso autore della registrazione è un'ipotesi che esula dall'ambito di protezione dell'art. 15 Cost. che, tutelando la segretezza di ogni forma di comunicazione, non può che riferirsi alle sole comunicazioni effettuate con modalità tali da manifestare la volontà degli interlocutori di tenerne segreto il contenuto. Permane comunque in capo alla controparte, essendo i moderni strumenti tecnologici in grado ormai di permettere la manipolazione su ogni tipo di contenuto audio-visivo, la possibilità di procedere al disconoscimento di conformità della riproduzione ai fatti ed alle cose ritratti o riprodotti nelle registrazioni visive o foniche, ai sensi dell'art. 2712 c.c., purché il disconoscimento sia, oltre che tempestivo, chiaro, circostanziato ed esplicito. Nello specifico, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che il disconoscimento delle riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c., che fa perdere alle stesse la loro qualità di prova, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all'art. 214 c.p.c., deve, tuttavia, essere chiaro, circostanziato ed esplicito (dovendo concretizzarsi nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta) e deve essere tempestivo e cioè avvenire nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla rituale acquisizione delle suddette riproduzioni avuto riguardo alla particolare natura dell'oggetto prodotto, di rendersi immediatamente conto del contenuto della riproduzione (cfr. Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2019, n. 1220; Cass. civ., sez. II, 9 gennaio 2019, n. 313; Cass. civ., sez. VI, 1 marzo 2017, n. 5259). In una recente pronuncia di merito, in applicazione dei suesposti principi, è stata ritenuta utilizzabile la registrazione telefonica tra il coniuge e l'amante effettuata dal figlio della coppia ai fini della prova dell'addebito per infedeltà (cfr. Corte App. Reggio Calabria, 11 maggio 2022, n. 345). Riferimenti
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