Riforma del processo civile: le novità introdotte per il rito del lavoro

03 Novembre 2022

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2022 è stato pubblicato il d.lgs. n. 149/2022, attuativo della l. n. 206/2021, che introduce diverse disposizioni di interesse per l'ambito giuslavoristico.
Modifiche alla convenzione di negoziazione assistita da avvocati (art. 2, D.l. 132/2014)

Prima importante modifica introdotta dal Decreto in commento riguarda l'introduzione della negoziazione assistita, operata tra avvocati, per le controversie disciplinate dall'art. 409 del Codice di procedura civile, fermo restando quanto previsto dall'art. 412-bis del Codice di procedura civile in merito a modalità alternativa di risoluzione delle controversie.

L'art. 2 comma 2 lettera b) del D.L. 132/2014 viene così modificato eliminando la previsione che, nel testo previgente, escludeva espressamente la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita nelle controversie in materia lavoro. Si è introdotto il comma 2-bis che prevede, in esecuzione della negoziazione assistita, con il consenso delle parti, la possibilità di acquisire dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia nonché dichiarazioni della controparte sulla verità dei fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte nel cui interesse sono richieste (disciplinate rispettivamente dagli art. 4-bis e 4-ter). Lo stesso comma prevede, poi, che la negoziazione assistita possa avvenire con modalità telematiche con consenso delle parti, sia con riferimento alla formazione nonché alla trasmissione degli atti.

Questo accordo conciliativo avrà i suoi effetti ai sensi dell'art. 2113 c.c., con l'obbligo, a cura di una delle due parti, di trasmissione ad una Commissione di Certificazione (di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276) entro i dieci giorni successivi.

All'ultimo comma, infine, viene previsto che, al fine di favorire e semplificare la procedura, le parti possono ricorrere alla stipula della convenzione, attraverso un apposito modello precompilato da parte del Consiglio Nazionale Forense.

Introduzione dell'art. 441-bis e ss. nel Codice di procedura civile

Le modifiche apportate dal Decreto in materia di licenziamenti sono di importanza capitale in relazione alla trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, introducendo l'art. 441-bis e seguenti nel Codice di procedura Civile (“c.p.c.”).

In particolare i primi due commi dettano il principio generale in base al quale la trattazione della decisione delle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei licenziamenti nelle quali è proposta domanda di reintegrazione nel posto di lavoro hanno carattere prioritario rispetto ad altre pendenti sul ruolo del giudice, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto”, specificando altresì che, ferme le peculiarità indicate dai commi successivi, tutte le controversie in materia di licenziamento siano assoggettate alla disciplina di cui gli art. 409 c.p.c. e seguenti, con conseguenze abrogazione, per le controversie instaurate successivamente all'entrata in vigore della novella, dello speciale procedimento di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 1 commi da 47 a 69 (c.d. Rito Fornero).

Dall'entrata in vigore del Decreto, i Giudici, nell'organizzazione interna del ruolo, saranno chiamati a dare priorità alla definizione delle controversie sui licenziamenti con tutela richiesta a norma dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, cercando di ravvicinare le udienze ed trattare con celerità le fasi del giudizio.

Il neo introdotto art. 441-bis c.p.c palesemente fa cessare, per le materie di cui all'art. 409 c.p.c l'applicazione del c.d. Rito Fornero, con conseguenza diretta che si dovranno necessariamente applicate le regole generali previste dal rito del lavoro, con alcune particolari accortezze già insite nell'articolo in esame. Ebbene deve in primis ribadirsi che tale previsione opera solo per le impugnative dei licenziamenti nei quali si richiede la reintegra del lavoratore, con la conseguenza che, le disposizioni di cui al presente capo non potranno applicarsi per tutti quei ricorsi volti ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento, con solamente domande indennitaria, previa illegittimità del provvedimento espulsivo.

Entrando poi nel tecnicismo della norma, il legislatore non ha introdotto modificazioni che possano creare dubbi interpretativi, apportando piccole modificazioni funzionali volte a garantire un iter più celere per le controversie nelle quali l'oggetto principale è la reintegra nel posto di lavoro.

Ferma l'applicazione delle norme inerenti al rito del lavoro, al Giudice è concessa la possibilità di poter diminuire i tempi del procedimento fino alla metà, tenuto conto delle circostanze esposte nel ricorso, prevedendo, un termine congruo, comunque non minore di 20 giorni, fra la data di notificazione del ricorso e l'udienza di discussione. Questo potere, sembra poter essere disposto anche d'ufficio, ma laddove il proponente riscontri delle particolari motivazioni d'urgenza, sembra necessario che tale richiesta pervenga su istanza di parte (in relazione alle esigenze di celerità che possono essere prospettate dalla parte), fermo restando che il giudice, non è obbligato a ridurre i suddetti termini, dovendo valutare tutti gli elementi che compongono tale richiesta.

In quest'ottica, l'introduzione di diminuzioni dei termini, potrebbe scongiurare la proliferazione di domande cautelari ante causam, anche in considerazione del fatto che la particolare celerità garantita dalle nuove disposizioni potrà essere valutata dal giudice in relazione al presupposto del periculum in mora. Resta comunque inteso che non viene preclusa la possibilità di agire con ricorso ex 700 c.p.c, qualora la Parte lo ritenga processualmente più conveniente.

Proseguendo con un rapido raffronto con il c.d. Rito Fornero, questo ha assegnato un termine di 5 giorni prima dell'udienza di discussione al convenuto per rappresentare le sue difese, osservando come, pacifico in dottrina e giurisprudenza, questo non decadesse da eventuale istanza istruttorie in caso di costituzione tardiva, “pareggiando” la posizione del ricorrete. Il nuovo art. 441-bis, come detto, assoggetta i ricorsi alla disciplina generale del rito del lavoro e pertanto questi dovranno prevedere le caratteristiche sancite a norma degli artt. 414 c.p.c. e 416 c.p.c., con le conseguenze decadenziali e istruttorie in caso di costituzione tardiva. L'atto introduttivo, perciò dovrà contenere l'indicazione specifica degli elementi di prova richiesti da parte ricorrente, a pena di inammissibilità.

Altro aspetto da considerare riguarda il comma quarto dell'art. 441-bis, secondo cui il giudicante potrà, nel corso dell'udienza di discussione, disporre la trattazione congiunta di eventuali domande connesse o riconvenzionali ovvero la loro separazione, assicurando in ogni caso la concentrazione della fase istruttoria e di quella decisoria in relazione alle domande di reintegrazione nel posto di lavoro. In particolare, la concentrazione della fase istruttoria e di quella decisoria è attuata attraverso la riserva di particolari giorni, anche ravvicinati, nel calendario delle udienze. Questo comma rivoluziona la precedente impostazione della legge 92/2012; per questa, infatti, le domande riconvenzionali potevano essere proposte solamente nella fase di opposizione qualora le cause fossero fondate solamente su fatti costitutivi identici.

In questa riforma del 2022, il Legislatore, sulla spinta della granitica dottrina (1) e giurisprudenza in materia, che hanno nel corso del tempo formato un orientamento costante circa l'interpretazione espansiva dei “fatti costitutivi identici”, ha ritenuto che questi dovessero essere inquadrati con riferimento all'oggetto del giudizio, con l'individuazione dei medesimi fatti, calibrati con elementi valutativi in diritto.

La Giurisprudenza, sul punto, ha ammesso che nel c.d. Rito Fornero, si potessero richiedere, ad esempio, tutti quegli elementi retributivi dovuti anche in caso di validità del licenziamento, ma esistenti e connessi con il rapporto di lavoro. Gli Ermellini hanno ritenuto non ferrea l'interpretazione dei “fatti identici”, ma che questi saranno da valutare con cognizione di causa e in relazione ad elementi di connessione con l'elemento principale della domanda, quale è la reintegrazione. (cfr. Cass. 17091/2016).

Dunque, il Legislatore del 2022, con consapevolezza degli orientamenti in materia, vista la necessità di dover bilanciare la proposizione dei ricorsi con annesse domande che possano anche espandere il thema decidedum, ha rimesso al Giudice la possibilità di valutare, in uno scenario di celerità e efficienza, la possibilità di poter trattare domande connesse, ovvero disporne la separazione. Resta comunque da valutare, in sede conciliativa, se l'eventuale separazione delle domande, possa creare quale difficoltà di raggiungimento di un accordo transattivo, nonché creare un problema di sovraccarico alle cancellerie, già notoriamente alle prese con carenza di personale e aggravio di lavoro.

Resta comunque intesto che al Giudice è imposto l'obbligo di assicurare la concentrazione della fase istruttoria e di decisione in relazione alle domande di reintegrazione, con riserva, in casi particolari, di avvicendamento ravvicinato delle udienze (ripreso dall'art. 1 comma 65 L. 92/2012).

Il quinto comma, da ultimo, precisa che i principi di efficienza della procedura e di celerità dovranno caratterizzare il ricorso in appello nonché il procedimento per cassazione.

L'art. 411-ter c.p.c rubricato “licenziamenti del socio della cooperativa” disciplina le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative, anch'esse assoggettate alle norme di cui agli art. 409 e seguenti. In particolare, si è previsto che il giudice del lavoro, investito della domanda avente ad oggetto l'impugnazione dei licenziamenti in esame, decida anche sulle questioni relative al rapporto associativo, eventualmente proposte, e che lo stesso giudice decida sul rapporto di lavoro e sul rapporto associativo, altresì, nei casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro derivi dalla cessazione del rapporto associativo, pur mancando un formale provvedimento di licenziamento. La scelta di conglobare questi due aspetti in mano al giudice del lavoro trova la sua ratio in tutte quelle volte in cui la decisione giudiziaria abbia ricaduta o comunque vada a modificare irreparabilmente il rapporto di lavoro in essere tra socio e cooperativa.

L'art. 441 -quater, rubricato “licenziamento discriminatorio”, offre importanti aggiornamenti in merito a quelle controversie aventi ad oggetto la nullità di dette cessazioni, ove non siano proposte con ricorso ex art. 414 c.p.c., possano essere introdotte ricorrendone il presupporti, con i previsti riti speciali previsti dagli art. 38 D. lgs. 198/2006 e art. 28, D.lgs. 150/2011.

Infine, sotto il profilo organizzativo, si introduce con il Decreto, nel corpo delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizione transitorie, il nuovo art. 114-quinques, rubricato “controversie in materia di licenziamento”, a tenore del quale il presidente della sezione del Tribunale e il dirigente dell'ufficio giudiziario favoriscono e verificano la trattazione prioritaria dei procedimento di cui al Capo I bis del libro secondo del codice, prevedendosi altresì che in ciascun ufficio giudiziario siano effettuate estrazioni statistiche trimestrali che consentano di valutare la durata media dei processi di cui all'art. 441-bis del codice, in confronto con la durata degli atri processi in materia lavoro.

Disposizioni transitorie

Il capo V del Decreto 149/2022 contempla le disposizioni transitorie e finali, diviso sin tre sezioni, di cui la prima è di interesse per l'elaborato.

L'art. 35 del Decreto al comma 1, stabilisce che le modifiche al processo civile, e conseguentemente anche al rito del lavoro, hanno effetto dal 30 giugno 2023 e si applicheranno esclusivamente a tutti i procedimenti instaurato successivamente a tale data. In questo scenario, per fugare qualsivoglia dubbio interpretativo, ai procedimenti pendenti continuano ad applicarsi le disposizioni attualmente vigenti, richiedendo una applicazione contestuale delle norme abrogate (Legge 92/2012 art. 1 commi 47 e ss.) e l'applicazione della novella normativa.

Di conseguenza, tutte le cause introdotte fino al 30 giugno 2023, dove viene richiesta la tutela ex art. 18 L. 300 del 1970, dovranno essere assoggettate (ancora) al c.d. Rito Fornero, da intendersi anche in applicazione delle rispettive opposizioni ed impugnazione dei provvedimenti, e, essendo introdotti prima dell'abrogazione, dovranno continuare sotto tali dispositivi anche oltre il giugno 2023.

Note
(1) F.P. Luiso, La disciplina processuale speciale della L. 92 del 2012 nell'ambito del processo civile; modelli di riferimento ed inquadramento sistematico” relazione al corso CSM 5966 ottobre 2012. M Leone-A. Torrice, “il procedimento per la impugnativa dei licenziamenti, il legislatore strabico”, in La Legge n. 92 del 2012; un'analisi ragionata a cura di F. Amato-R. Sanlorenzo). G. Falasca, “Anche il TFR nel rito fornero”, il Sole24ore, 13 agosto 2016.

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