Verbali delle Commissioni mediche vs CTU: valore di prova o mero indizio
04 Novembre 2022
A seguito di emotrasfusione nel 1988 in occasione di un intervento chirurgico, Tizio apprende nel 2004 di essere affetto da HIV. Accertati e riconosciuti lo stato invalidante e il nesso di causa da parte della Commissione Medica Ospedaliera ed ottenuto il relativo indennizzo ex l. n. 210/1992, Tizio evocava in giudizio la struttura sanitaria e il Ministero della Salute per ottenere l'integrale risarcimento dei danni in sede civile. La Consulenza Tecnica d'Ufficio negava il nesso di causa tra la l'emotrasfusione e l'invalidità.
Tribunale e Corte di Appello, tuttavia, riconoscevano i diritti attorei e condannavano il Ministero al risarcimento dei danni. Alla Suprema. Corte si pone in particolare la seguente questione: il valore del verbale della Commissione Medica Ospedaliera, quale atto pubblico e di prova legale. L'accertamento della Commissione in ordine al nesso di causa e all'invalidità può essere messo in discussione dal Ministero oppure ha valore fidefaciente e confessorio?
In effetti, secondo Cass. civ., sez. III, 15 giugno 2018, n.15734 (ma anche Cass. civ., sez. VI, 30 giugno 2020, n.13008) in tema di danni da emotrasfusioni, nel giudizio promosso dal danneggiato contro il Ministero della salute, l'accertamento della riconducibilità del contagio ad una emotrasfusione, compiuto dalla Commissione di cui all'art. 4 della l. n. 210 del 1992, in base al quale è stato riconosciuto l'indennizzo ai sensi di detta legge, non può essere messo in discussione dal Ministero, quanto alla riconducibilità del contagio alla trasfusione o alle trasfusioni individuate come causative di esso, ed il giudice deve ritenere detto fatto indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l'accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero.
Queste recenti decisioni si pongono in contrasto con l'assetto giurisprudenziale dalle Sezioni Unite del 2008: secondo Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n.577, «i verbali della Commissione medico-ospedaliera di cui all'art. 4 l. 25 febbraio 1992 n. 210 - istituita ai fini dell'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati - fanno piena prova, ai sensi dell'art. 2700 c.c., dei fatti che la Commissione attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati dalla stessa compiuti, mentre le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essi contenuti costituiscono materiale indiziario soggetto al libero apprezzamento del giudice, il quale può valutarne l'importanza ai fini della prova ma non può mai attribuire loro il valore di vero e proprio accertamento» (orientamento già consolidato, si veda (Cass civ., 20 luglio 2004, n. 13449; Cass. civ., 25 giugno 2003, n. 10128; Cass. civ., 12 maggio 2003, n. 7201, richiamate dalle Sezioni Unite, nonché dalla Cass. civ., sez. I, 9 giugno 2015, n.11889).
Il nuovo corso del 2018 ritiene non applicabile il dettato della Sezioni Unite perché si riferirebbe solo ai verbali delle commissioni mediche utilizzati contro le A.S.L. e non contro il Ministero. Non a caso:
Così la Cassazione rimette la questione al primo Presidente per valutare la rimessione alle Sezioni Unite, in considerazione anche del consolidato ruolo e valore riconosciuto alle Commissioni mediche, specie in ambito giuslavoristico.
Nelle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, le collegiali mediche sono prive, ai sensi dell'art. 147, comma 1, disp. att. c.p.c., di qualsiasi efficacia vincolante, sostanziale e processuale, dovendosi ritenere, anche alla luce dell'art. 1 l. n. 295/1990 (nel testo applicabile ratione temporis) la natura non provvedimentale degli accertamenti sanitari, in quanto strumentali e preordinati all'adozione del provvedimento di attribuzione della prestazione, in corrispondenza di funzioni di certazione assegnate alle indicate commissioni (Cass. civ., sez. lav., 06 aprile 2021, n.9235; tali Commissioni non hanno poteri autoritativi e i loro giudizi esprimono discrezionalità tecnica, non amministrativa Cass. civ., sez. lav., 12 maggio 2020, n.8793; Cass. civ., sez. un., 23 ottobre 2014, n.22550). Il problema risiede nell'attribuire alle Commissioni un ruolo che in via ordinaria e consolidata non hanno.
Sicuramente le recenti pronunzie sono “eccentriche” rispetto ai consolidati principi in materia, ma forse non del tutto peregrina può essere la distinzione tra valore dei verbali nei confronti di A.S.L. e Ministero, ove si tenga a mente la particolare responsabilità di quest'ultimo. Il Ministero della Salute è responsabile per comportamento omissivo in ordine ai suoi doveri istituzionali (oltre all'omissione di programmazione, indirizzo, coordinamento, sorveglianza e vigilanza in materia e di controllo e vigilanza nella produzione, commercializzazione e distribuzione del sangue) e ciò indipendentemente dall'eventuale concorso di responsabilità.
Sotto il profilo della responsabilità addebitabile all'autorità statale per l'omessa vigilanza sul settore della disciplina delle attività trasfusionali, in questa logica e in relazione ad eventi di contagio, la posizione permanente di controllore e vigilante dell'autorità statale sulla salute può essere sufficiente ad individuare il titolo di responsabilità e in base ai verbali della Commissione Medica Ospedaliera che accertano il nesso di causa. Si vedrà se la questione verrà rimessa alle Sezioni Unite.
(Fonte: dirittoegiustizia.it)
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