Violazione del diritto di precedenza del lavoratore a tempo determinato: condanna alla costituzione del rapporto a tempo indeterminato e risarcimento del danno
10 Novembre 2022
Il caso
La decisione in commento trae origine dall'azione incardinata presso il Tribunale di Trento da un lavoratore che aveva svolto la prestazione lavorativa in favore di una società del settore dell'autotrasporto con successivi contratti di lavoro subordinato a tempo determinato non continuativi nel periodo intercorrente tra il 19 giugno 2017 e il 31 dicembre 2019.
Con l'iniziativa giudiziale intrapresa, il lavoratore proponeva al Giudice una serie di domande tra le quali, quel che rileva in questa sede, è la domanda di accertamento della violazione, da parte della Società convenuta, del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato esercitato dal lavoratore ricorrente in data 20 settembre 2019.
Secondo la prospettazione del lavoratore, infatti, la Società avrebbe effettuato, dopo la scadenza del proprio rapporto di lavoro, delle nuove assunzioni - sia sotto forma di trasformazioni di contratti a termine già in essere sia previa stipula ex novo di contratti di lavoro a tempo indeterminato - per profili professionali analoghi a quello dallo stesso ricoperto, con ciò violando il diritto di precedenza ritualmente esercitato.
Dalla predetta violazione del diritto di precedenza, il lavoratore faceva discendere la domanda di accertamento del proprio diritto all'assunzione a tempo indeterminato e di condanna della Società convenuta alla reintegrazione in servizio e al risarcimento del danno corrispondente alla retribuzione globale di fatto per il periodo compreso tra la scadenza del rapporto e la reintegrazione in servizio.
Con la decisione in commento il Giudice ha accolto la domanda del lavoratore inerente la violazione del diritto di precedenza avendo accertato, anche con lo strumento dell'ordine di esibizione documentale ex art. 210 c.p.c. che, effettivamente, la Società convenuta aveva proceduto nel periodo 1° gennaio – 30 settembre 2020 all'assunzione a tempo indeterminato o alla trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato in relazione a 38 lavoratori con mansioni di “conducente di autobus”, analoghe a quelle svolte dal ricorrente.
Il Giudice aveva, peraltro, avuto modo di accertare che le predette assunzioni avevano riguardato numerosi lavoratori con un pregresso svolgimento di rapporti di lavoro a tempo determinato quali operatore di esercizio, con mansioni di conducente di autobus, di durata inferiore rispetto a quelli intercorsi tra la società convenuta e il ricorrente.
All'esito di tale accertamento il Giudice, in accoglimento della domanda attorea, ha accertato, con sentenza costitutiva, la costituzione, a far data dalla data di messa in mora inviata dal lavoratore alla Società (25 marzo 2020), tra il ricorrente e la società convenuta di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per lo svolgimento di mansioni di operatore di esercizio, condannando altresì la società convenuta a corrispondere, in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno da mora del creditore ex art. 1207, comma 2, c.c. un importo corrispondente alle retribuzioni che sarebbero maturate, qualora la società datrice avesse ricevuto le prestazioni offerte dal ricorrente dal 25 marzo 2020 alla data della decisione e ridotto dell'aliunde perceptum a titolo di qualsiasi compenso e/o prestazione previdenziale e/o assistenziale. Le soluzioni giuridiche
Il caso esaminato nella decisione in commento affronta, con un esito inedito, l'annoso tema della effettività e giustiziabilità dei diritti di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato riconosciuti dalla legge ai lavoratori a termine.
In particolare, nell'attuale quadro regolatorio in materia di contratto a tempo determinato, l'art. 24, comma 1, del D.lgs. 81/2015 prevede che “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine”, precisando, al comma 4, che per avvalersi di tale diritto ad essere preferito nelle assunzioni stabile, il lavoratore a termine deve manifestare per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Il diritto di precedenza si estingue, in ogni caso, una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.
La ratio della norma — come rilevato dalla giurisprudenza — consiste nel garantire prioritariamente la rioccupazione presso la medesima azienda a coloro che sono stati assunti con contratti a termine, laddove eventuali e più favorevoli condizioni di mercato ovvero ulteriori e diverse esigenze aziendali manifestatesi successivamente alla cessazione del contratto a tempo determinato, tanto da giustificare il ricorso a nuove assunzioni in un breve lasso di tempo, devono esplicare effetti positivi in primis nei confronti dei lavoratori a termine. La norma è espressione del favor dell'ordinamento verso il contratto di lavoro a tempo indeterminato, definito dall'art. 1 del D.lgs. 81/2015 “forma comune di rapporto di lavoro” e mira ad incentivare la transizione da forme di impiego maggiormente precarie a tipologie contrattuali dotate di un maggiore livello di stabilità.
Al fine di rafforzare l'effettività della disposizione si prevedono, altresì, degli specifici obblighi di informazione a carico del datore di lavoro. Innanzitutto il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nell'atto scritto di cui all'articolo 19, comma 4, D.lgs. 81/2015 (che, nella gran parte dei casi, corrisponde alla lettera di assunzione). L'obbligo di informazione circa la presenza del diritto di precedenza relativo al contratto individuale di lavoro si aggiunge all'ulteriore onere di informazione previsto dall'art. 19, comma 5, D.lgs. 81/2015 ai sensi del quale il datore di lavoro deve informare i lavoratori a tempo determinato, nonché le rappresentanze sindacali aziendali ovvero la rappresentanza sindacale unitaria, circa i posti vacanti che si rendono disponibili nell'impresa, secondo le modalità definite dai contratti collettivi. Tra le due disposizioni esiste un evidente nesso posto che l'informativa collettiva circa i posti vacanti consente al lavoratore a termine di valutare con particolare attenzione l'opportunità di esercitare il diritto di precedenza previsto dalla legge.
Nello stesso solco si collocano anche le più recenti disposizioni introdotte dal D.lgs. 104/2022 (c.d. Decreto Trasparenza) e, in particolare, l'art. 10, rubricato “Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili” in base al quale “Ferme restando le disposizioni più favorevoli già previste dalla legislazione vigente, il lavoratore che abbia maturato un'anzianità di lavoro di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia completato l'eventuale periodo di prova, può chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile”.
Inquadrato, sul piano sistematico, il contenuto e la ratio del diritto di precedenza oggetto della decisione in esame occorre, ora, chiedersi quale sia la reale effettività e giustiziabilità di tale diritto, ovvero, cosa succede nei casi di accertata violazione dello stesso da parte del datore di lavoro.
La giurisprudenza maggioritaria ha chiarito che i lavoratori a termine vantano un vero e proprio diritto soggettivo alla precedenza nella stipulazione del contratto di lavoro in relazione alle nuove assunzioni decise dal datore di lavoro a parità di condizioni, con conseguente diritto al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa dal Giudice, nel caso di violazione del suddetto diritto di precedenza (Cass., 7 maggio 1997, n. 4008).
Per quanto concerne i criteri che debbono guidare il Giudice nella valutazione equitativa del danno da violazione del diritto di precedenza, la Cassazione ha osservato che l'inadempimento del datore di lavoro, che si perfeziona con l'assunzione di soggetti diversi da quelli che hanno diritto di precedenza, costituisce fonte di responsabilità risarcitoria e il giudice di merito può assumere quale parametro per la determinazione del relativo pregiudizio quanto il lavoratore avrebbe percepito ove fosse stato assunto dal datore di lavoro, mentre spetta a quest'ultimo l'onere di provare i fatti riduttivi del diritto al risarcimento, ivi compresi quelli che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, dal momento che tale prova, ai sensi dell'art. 2697 c.c., compete al debitore che pretende di non risarcire in tutto o in parte, in quanto appunto diretta a far valere un contro diritto idoneo a paralizzare l'azione risarcitoria del creditore (Così si è espressa Cass., 14 maggio 2010, n.11737). Il parametro indicato dalla Cassazione è pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza di merito (Cfr., ex multis, Trib. Lecce 25 novembre 2019, n. 3468).
Risulta, dunque, assolutamente minoritaria la tesi di chi ritiene che dalla violazione del diritto di precedenza ritualmente esercitato dal dipendente possa derivare la costituzione ope iudicis del contratto di lavoro a tempo indeterminato, con sentenza costitutiva. E ciò per una assorbente argomentazione: come chiarito dalla Cassazione, il prospettato diritto del lavoratore a termine ad essere preferito nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro non è assistito da tutela in forma specifica (ai sensi dell'art. 2932 c.c.) poiché si tratta non già di un diritto, sia pure condizionato, alla stipulazione di un contratto di lavoro, ma soltanto del diritto ad essere preferito, come contraente, nel caso in cui il datore di lavoro decida di procedere a nuove assunzioni, definendone tipologia contrattuale e contenuto. La Cassazione addiviene a tale conclusione facendo riferimento ai principi generali in tema di prelazione obbligatoria (quale che ne sia la fonte), in base ai quali, il prospettato inadempimento del datore di lavoro - che si perfeziona, appunto, con l'assunzione di soggetti diversi da quelli che hanno diritto di precedenza - non può che dar luogo (ai sensi degli art. 1218 ss. c.c.) al risarcimento del danno (si v., su tutte, Cass. n. 15312/2005 e Cass. 26 agosto 2003, n. 12505, che richiama Cass. n. 14293/2002). Il principio è recepito in modo pressoché unanime anche dalla giurisprudenza di merito (cfr., ex multis, Trib. Milano, 31 marzo 2014, n.801; App. Perugia, 12 settembre 2015, n.135; Trib. Teramo 24 ottobre 2018, n. 766; Trib. Cuneo, 26 agosto 2020, n.66; Trib. Roma 4 maggio 2021, n. 4202; Trib. Foggia 8 ottobre 2021, n. 3524).
Occorre, infine, chiedersi a quali criteri debba ispirarsi il datore di lavoro nella scelta dei lavoratori a termine da riassumere, tra coloro che hanno esercitato il diritto di precedenza. La disposizione di legge in materia di diritti di precedenza nulla dice in merito, limitandosi a identificare come unico paramento di riferimento l'identicità tra le mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine e le mansioni per le quali vengono effettuate le assunzioni a tempo indeterminato. È evidente che tale criterio non basta perché possono esserci una molteplicità di lavoratori a termine che hanno svolto le stesse mansioni e occorrerà, dunque, necessariamente decidere chi assumere a tempo indeterminato tra costoro.
Utilizzando i principi generali dell'ordinamento, si può concludere che il datore di lavoro debba scegliere quali lavoratori a termine assumere sulla base di criteri oggettivi e verificabili, ispirati ai principi di buona fede e correttezza contrattuale come, ad esempio, la particolare professionalità del lavoratore, l'anzianità di servizio presso l'azienda, i carichi di famiglia, le esigenze tecniche, organizzative e produttive, l'età anagrafica del lavoratore. Nei settori in cui la domanda di manodopera è soggetta a frequenti fluttuazioni è data rinvenire sovente la sottoscrizione di appositi accordi sindacali, spesso di livello aziendale, volti ad introdurre criteri oggettivi che devono essere seguiti dal datore di lavoro nella scelta dei lavoratori a termine da assumere tra i potenziali aventi diritto in base alla clausola di precedenza. Osservazioni
Le conclusioni cui giunge il Tribunale di Trento con riferimento alle conseguenze della accertata violazione, da parte del datore di lavoro, del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato di cui all'art. 24, comma 1, del D.lgs. 81/2015 hanno l'indubbio pregio di valorizzare pienamente l'effettività e la giustiziabilità di una posizione giuridica che la stessa giurisprudenza qualifica come diritto soggettivo alla precedenza nella stipulazione del contratto di lavoro in relazione alle nuove assunzioni decise dal datore di lavoro a parità di condizioni.
Tuttavia, la tutela apprestata dal Giudice nel dispositivo della sentenza a fronte della rilevata violazione del diritto di precedenza, ossia la costituizione ope iudicis del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ai sensi dell'art. 2932 c.c. non appare condivisibile sul piano giuridico.
Innanzitutto occorre rilevare che, nelle motivazioni della decisione, il Giudice illustra le ragioni per cui ritiene, condivisibilmente, violato il diritto di precedenza ritualmente esercitato dal lavoratore ma non fa alcun cenno all'iter logico-argomentativo seguito per addivenire alla scelta della tutela applicabile, ossia, la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il riferimento alle conseguenze dell'accertata violazione del diritto di precedenza appare, per la prima e unica volta, nel dispositivo.
Non si comprende, dunque, quale sia il ragionamento giuridico che conduce ad una così vistosa deviazione rispetto a un principio affermato unanimemente dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.
In ogni caso, tale approdo contrasta palesemente con la natura del diritto di precedenza che, come evidenziato dalla Cassazione, non conferisce al lavoratore un vero e proprio diritto alla stipula del contratto di lavoro ma si limita ad assicurargli un diritto ad essere preferito in caso di assunzioni a tempo indeterminato che, come tale, non può essere scortato da tutela in forma specifica ma solo da una tutela di natura risarcitoria. In dottrina sul tema: L. Menghini, Il lavoro a tempo determinato, in F. Carinci (a cura di), Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi, Adapt Labour Studies E-Book Series, n. 48, 2015; R. Maraga, Il contratto di lavoro stagionale tra legge e contrattazione collettiva, Giuffrè, Milano, 2021; A. Maresca, I rinvii della legge all'autonomia collettiva nel Decreto dignità, in Lavoro Diritti Europa, 2, 2018. |