Riforma processo civile: il rinvio pregiudiziale in cassazione

Cristina Asprella
10 Novembre 2022

La riforma del processo civile da ultimo intervenuta ha introdotto un nuovo istituto, il rinvio pregiudiziale in Cassazione ex art. 363-bis c.p.c.
Inquadramento

La riforma del processo civile da ultimo intervenuta (La previsione è contenuta nel comma 9, lett. g), l. n. 206/2021), come è noto, ha introdotto un nuovo istituto, il rinvio pregiudiziale in Cassazione, che prevede la possibilità, per il giudice di merito, allorché debba decidere una questione di diritto su cui ha preventivamente provocato il contraddittorio delle parti, di sottoporre direttamente la questione alla Suprema Corte perché risolva il quesito.

Non si tratta di una vera e propria “novità” considerando che nel nostro sistema giurisdizionale già esistono strumenti diretti ad ottenere una pronuncia immediata dell'organo di vertice. Si pensi ad esempio al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, regolato dall'art. 267 del Trattato UE. In estrema sintesi ricordo che alla Corte di Giustizia si può – o si deve (a seconda che il giudice sia di merito o di ultima istanza) – rinviare per ottenere l'interpretazione delle norme di diritto europeo oppure per interrogarla sulla validità di una norma europea di diritto secondario. Ma, quanto ai requisiti, il rinvio pregiudiziale previsto e disciplinato dal nuovo art. 363-bis c.p.c. presenta almeno una caratteristica comune alla disciplina del rinvio al giudice delle leggi in sede di questione di legittimità costituzionale dato che nella nuova norma si individua nella “rilevanza” della questione di puro diritto uno dei presupposti per sottoporla “preventivamente” in sede di rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione.

Il suo diretto, pur se non del tutto coincidente, omologo è la saisine pour avis alla Cour de cassation francese, strumento che consente di ottenere in tempi brevi la risposta della Corte su una questione nuova, caratterizzata dalla “serietà” e dal fatto di proporsi in numerose controversie (attuali e non meramente potenziali).

Il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione

In attuazione della delega è stato introdotto un nuovo articolo nel corpo del codice, l'art. 363-bis c.p.c., rubricato “Rinvio pregiudiziale” che prevede che il giudice di merito può disporre, con ordinanza, e dopo aver sentito le parti costituite, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione perché sia risolta una questione di esclusivo diritto, allorché vi siano alcuni presupposti e, in particolare: a) la questione sia necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non sia stata ancora risolta dalla Suprema Corte; b) la questione presenti gravi difficoltà interpretative; c) la questione sia suscettibile di riproporsi in molti giudizi successivi. Con riferimento al requisito sub a), ossia il fatto che la questione sia necessaria per la definizione anche parziale del giudizio e non sia stata ancora risolta dalla Suprema Corte, presuppone, come è stato efficacemente notato, la “rilevanza” della questione stessa per il giudizio a quo, rilevanza che è un connotato ben noto anche della questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice del merito: ne deriva che anche nel caso di rinvio pregiudiziale la questione da sottoporre alla Corte deve essere legata da un nesso di pregiudizialità con la decisione del giudizio e il giudice di merito deve applicarla nella controversia per definirla, sia totalmente che parzialmente (E. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, in www.questionegiustizia.it il quale ricorda che, oltre all'incidente di legittimità costituzionale e al requisito della rilevanza della questione previsto dall'art. 23, terzo comma, della legge n. 87/1954, anche nel rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la Corte, per giurisprudenza costante, non si pronuncia sulla questione ad essa rimessa in sede di pregiudiziale comunitaria dal giudice nazionale qualora sia manifesto che non vi sia rilevanza rispetto al giudizio a quo, ossia che la risoluzione della questione interpretativa non sia collegata con “l'effettività o con l'oggetto della causa principale”).

Con riferimento alla questione sub b) essa rende ragione della necessità, nell'ottica del giudice del merito, del rinvio alla Corte di Cassazione per l'esercizio della nomofilachia preventiva. In ragione dell'importanza di tale presupposto, anche quale strumento di controllo della ragionevole necessità di chiedere preventivamente alla Corte di risolvere la questione di diritto controversa con la conseguente sospensione del processo in corso, correttamente il secondo comma della norma prevede che l'ordinanza di rinvio pregiudiziale debba contenere la specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili.

Infine, con riferimento alla questione sub c), il riferimento alla possibilità che la questione si riproponga in molteplici giudizi successivi alimenta il dubbio collegato alla mera potenzialità delle controversie evocate dalla disposizione; si fa chiaramente riferimento, infatti, non già a controversie attuali ma a controversie ipotetiche. Non è quindi richiesta una serialità “reale” ma una serialità “potenziale” il che rende ragione del dubbio di una eccessiva vaghezza normativa collegata alla richiesta di un tale requisito (In questo senso G. Fransoni, Il rinvio pregiudiziale in cassazione e l'esigenza di presupposti più rigorosi, consultato al seguente link https://fransoni.it/argomenti/il-rinvio-pregiudiziale-in-cassazione-e-lesigenza-di-presupposti-piu-rigorosi/). Nella Relazione della Commissione Luiso si menziona espressamente quale modello del nuovo rinvio pregiudiziale la saisine pour avis che, però, come si è giustamente notato, rispetto al modello italiano manca del requisito della vincolatività del principio di diritto (E. Scoditti, Brevi note, cit.). Trattasi di una forma di “nomofilachia preventiva” che opera senz'altro quando la questione oggetto del rinvio possa divenire “seriale” ossia suscettibile di riproporsi in molti processi (Al riguardo E. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto, cit., il quale ricorda anche che il CSM nel parere del 15 settembre 2021 aveva suggerito di pubblicizzare adeguatamente la pendenza del rinvio pregiudiziale). Tuttavia, nel modello di origine francese la “serialità” è configurata come una serialità attuale e non potenziale perché il requisito può dirsi esistente soltanto se la questione si pone in molte controversie pendenti (G. Fransoni, Il rinvio pregiudiziale, cit.).

L'ordinanza di rinvio deve essere motivata, così come accade nell'ordinanza che solleva la questione di legittimità costituzionale, e nella motivazione del provvedimento il giudice deve rendere conto delle diverse possibilità interpretative in relazione al presupposto sub b).

Con la proposizione del rinvio pregiudiziale si ha la sospensione del processo di merito dal giorno in cui viene depositata l'ordinanza, salvo, secondo la regola generale, la possibilità di compiere gli atti urgenti e l'attività istruttoria non direttamente dipendente dalla risoluzione della questione oggetto di rinvio, cosa che può verificarsi, come specifica la Relazione Illustrativa, in caso siano state proposte più domande connesse solo soggettivamente.

Il Primo Presidente, entro 90 giorni, deve valutare la sussistenza dei presupposti indicati dalla norma e, ove tale valutazione sia positiva, assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice (Secondo le ordinarie regole di riparto tra le sezioni: Relazione Illustrativa, pag. 41, 42.) per l'enunciazione del principio di diritto; ove la valutazione sia invece negativa, pronuncia un decreto con cui ne dichiara l'inammissibilità.

Poiché la questione deve essere “rilevante” ai fini della decisione, la Corte, sia che decida a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in pubblica udienza con la requisitoria scritta del p.m.; le parti hanno la facoltà di depositare memorie scritte sintetiche secondo le regole ordinarie poste dall'art. 378 c.p.c. Con la sentenza che chiude il rinvio pregiudiziale, o con il decreto di inammissibilità della questione, la Corte dispone la restituzione degli atti al giudice a quo.

Il principio di diritto enunciato dalla Corte è vincolante sia nel processo a quo, sia, laddove questo si estingua, nel nuovo processo in cui sia riproposta la stessa domanda tra le stesse parti.

Questo lo schema delineato dalla legge delega, in modo assolutamente dettagliato e non per “principi” e poi trasfuso integralmente nel nuovo art. 363-bis c.p.c. (In argomento G. Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in www.judicium.it il quale giustamente dice che pur trattandosi di una legge delega il legislatore ha disciplinato dettagliatamente l'istituto disciplinando sia i presupposti per il suo esercizio sia le regole procedimentali davanti alla Corte).

Il procedimento ex art. 363-bis c.p.c.

Quanto alla legittimazione, la norma di nuovo conio fa riferimento al “giudice di merito” senza ulteriori specificazioni. Ne deriva che il legislatore ha inteso prevedere un'amplissima legittimazione attiva al rinvio che potrà, pertanto, essere disposto da qualsiasi giudice di merito, all'interno di qualsiasi procedimento (In questo senso G. Trisorio Liuzzi, La riforma, cit., secondo cui il rinvio può essere disposto da qualsiasi giudice di merito all'interno di qualunque procedimento, ordinario, del lavoro, sommario, semplificato di cognizione ecc.).

La questione potrà senz'altro essere di diritto sostanziale o di diritto processuale ma dovrà necessariamente rispondere ai presupposti previsti dall'art. 363-bis, comma 1, sub 1), 2) e 3) c.p.c. già richiamati. Con riferimento ai presupposti in questione si è giustamente rilevato che, seppure la valutazione sulla possibilità della questione di riproporsi in numerosi giudizi si presenta come “oggettiva”, gli altri due presupposti sono senz'altro “soggettivi” e quindi fondati su una valutazione discrezionale del giudice a quo (con la conseguenza che, precisa G. Trisorio Liuzzi, è difficile che il Primo Presidente possa ritenere il rinvio pregiudiziale inammissibile per difetto di questi due presupposti soggettivi).

Un presupposto necessario affinché possa attivarsi il meccanismo del rinvio pregiudiziale è il rispetto del contraddittorio, consacrata nell'espressione contenuta nel primo comma della norma “sentite le parti costituite” il cui mancato rispetto, pur se non espressamente indicato, deve comportare la dichiarazione di inammissibilità del rinvio pregiudiziale, senza che l'eventuale deposito delle memorie scritte dalle parti prima della decisione della Corte sulla questione possa avere rilevanza per escludere tale sanzione (G. Trisorio Liuzzi, La riforma, cit.). Ritengo senz'altro condivisibile l'opinione che ravvisa una causa di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata attivazione del contraddittorio sulla questione di diritto; ciò non soltanto alla luce della formulazione senz'altro chiara della norma di nuovo conio in proposito, ma anche in virtù dei principi ormai acquisiti e diventati patrimonio normativo sul divieto della “sentenza della terza via” (su cui ex multis Sassani e Tiscini, Commento all'art. 101, in Commentario della riforma del codice di procedura civile, a cura di Saletti e Sassani, Torino, 2010, 60 e ss.; E.F. Ricci, La sentenza “della terza via” e il contraddittorio, in Riv. dir. proc., 2006; A. Giordano, Sull'art. 101, c. 2 c.p.c. Un disposto recente su una questione antica, in Giust. civ., n. 3/2012, 139; F.P. Luiso, Poteri d'ufficio, 65; Comoglio, Questioni rilevabili d'ufficio e contraddittorio, in www.treccani.it, § 2.2; Chiarloni, Efficienza della giustizia, formalismo delle garanzie e sentenze della terza via, in Giur. it., 2011, 208) nell'ottica del passaggio dalla concezione “debole” alla concezione “forte” del contraddittorio inteso come garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale con il giudice che si erge a garante della procedura in un dialogo che, non più limitato alle parti, lo coinvolge direttamente (Si leggano al riguardo le magistrali pagine di N. Picardi, Audiatur et altera pars. Le matrici storico-culturali del contraddittorio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, n. 1, 7 e ss.; Id., Il principio del contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1998, 673 e ss.). Pur trattandosi, infatti, di ipotesi differente rispetto alla decisione a sorpresa conseguente alla mancata attivazione del contraddittorio nel giudizio, comunque il principio di diritto pronunciato dalla Corte sulla questione ad essa rinviata in base al meccanismo dell'art. 363-bis c.p.c. è vincolante nel procedimento nell'ambito del quale è stata rimessa la questione e, in caso di estinzione, anche nel nuovo giudizio instaurato con la stessa domanda tra le stesse parti. E, pertanto, soccorrono, a mio parere, le stesse motivazioni che rendono indispensabile l'attivazione del contraddittorio sulla questione di diritto che il giudice di merito intende sottoporre alla Corte in sede di rinvio pregiudiziale.

L'ordinanza che dispone il rinvio, motivata secondo le indicazioni del secondo comma dell'art. 363-bis c.p.c. è trasmessa “immediatamente” alla Corte e comunicata alle parti e il procedimento è sospeso dal giorno in cui è depositata l'ordinanza, salvo il compimento degli atti urgenti e delle attività istruttorie non dipendenti dalla soluzione della questione oggetto di rinvio pregiudiziale.

Il Primo Presidente entro 90 giorni assegna la questione alle sezioni unite o a quella semplice per l'enunciazione del principio di diritto, salvo che debba dichiarare con decreto l'inammissibilità della questione per difetto dei presupposti o del contraddittorio. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in udienza pubblica, con la requisitoria scritta del p.m. e con facoltà per le parti costituite di depositare memorie brevi nei termini dell'art. 378 c.p.c. Con la definizione della questione viene disposta altresì la restituzione degli atti al giudice a quo.

Riflessioni sull'applicabilità del nuovo istituto

Si è giustamente rilevato come il nuovo istituto almeno in linea teorica si presti ad essere applicato in poche occasioni; i presupposti già ricordati e previsti dal primo comma sono infatti stringenti e, inoltre, è facoltà del giudice di merito di optare per il rinvio pregiudiziale o decidere direttamente la questione di diritto; non solo ma il nuovo istituto, in contrasto con l'evidente tendenza di tutte le ultime riforme alla accelerazione processuale, ha l'effetto del tutto negativo di comportare la sospensione automatica del processo (G. Trisorio Liuzzi, La riforma, cit .). Ci si domanda, al riguardo, che rimedio abbiano a disposizione le parti nel caso in cui il giudice abbia sottoposto alla Corte un rinvio pregiudiziale inammissibile per mancanza dei presupposti e ciò risulti evidente già dalla lettura dell'ordinanza e dalle risultanze del contraddittorio con esse attivato. Come minimo, infatti, il processo resterà sospeso per tre mesi in attesa della dichiarazione di inammissibilità del Primo Presidente ovvero della assegnazione alla sezione competente. Trattandosi di una facoltà esercitabile dal giudice a quo nell'ambito di un potere del tutto discrezionale e sindacabile solo ex post sarebbe stato opportuno prevedere un rimedio processuale esercitabile dalle parti per evitare una sospensione inutile e un illogico pregiudizio. Si sarebbe potuta, ad esempio, estendere l'applicazione del regolamento necessario di competenza anche all'ipotesi della sospensione automatica conseguente alla dichiarazione di ammissibilità del rinvio pregiudiziale, così come si è fatto con la riforma del 1990 in riferimento ai provvedimenti dichiarativi della sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.

Non solo, si è giustamente rilevato come - mancando ogni preclusione temporale per il giudice a quo - egli possa senz'altro rinviare alla Corte in un momento in cui il processo stia per giungere alla decisione; con la conseguenza che le parti, invece di ottenere l'agognata sentenza, possono veder sospeso il processo per anni sino alla definizione della questione effettuata dalla Corte. Senza peraltro tacere il fatto che laddove a sottoporre la questione alla Corte in sede di rinvio pregiudiziale sia il giudice di primo grado, il giudice d'appello sarebbe obbligato ad applicare il principio di diritto enunciato dalla Corte senza aver egli stesso richiesto tale pronuncia (su questo e sul profilo della mancanza di una preclusione temporale alla pronuncia rinvio a G. Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in www.giustiziainsieme.it; nella stessa Rivista sull'argomento v. anche B. Capponi, E' opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione? e C.V. Giabardo, In difesa della nomofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del codice di procedura civile). Si tratta, a tutti gli effetti, di una pronuncia di Cassazione non fondata sull'impulso di parte ma frutto di un sostanzialmente non sindacabile potere officioso del giudice (G. Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione, cit.); si noti che, invece, l'eventuale decisione da parte del giudice della questione di diritto senza attivare il meccanismo del rinvio pregiudiziale consentirebbe alle parti di “governare” il sistema delle impugnazioni rimettendo nella corretta sede – l'impulso di parte – la scelta del se adire la Corte per contestare eventualmente la violazione della norma di diritto.

Che la mancata previsione di un termine per la pronuncia si possa tradurre in un pregiudizio per la durata ragionevole del processo è palese: infatti Il CSM, nella delibera del 15 settembre 2021 aveva suggerito l'inserimento di un termine, non già soltanto per la prevalutazione del quesito alla luce dei presupposti normativi, ma anche per la decisione della questione da parte della Corte di Cassazione. Giustamente si era evidenziato che, seppur inserito, il termine per la pronuncia della Corte non è detto che sarebbe stato rispettato; ciò perché la nostra Cassazione in questo periodo è particolarmente carica di arretrato e le decisioni, ad esempio, sul regolamento di competenza che dovrebbero essere pronunciate dopo 95 giorni dalla comunicazione della ordinanza sulla competenza, vengono invece rese dopo una media di poco meno di un anno e mezzo (G. Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile, cit.)

Riferimenti
  • E. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, in www.questionegiustizia.it;
  • G. Fransoni, Il rinvio pregiudiziale in cassazione e l'esigenza di presupposti più rigorosi, consultato al seguente link https://fransoni.it/argomenti/il-rinvio-pregiudiziale-in-cassazione-e-lesigenza-di-presupposti-piu-rigorosi/;
  • G. Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in www.judicium.it;
  • G. Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in www.giustiziainsieme.it; nella stessa Rivista sull'argomento v. anche B. Capponi, E' opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione? e C.V. Giabardo, In difesa della nomofilachia.
  • Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del codice di procedura civile. Sulla saisine pour avis si veda R. Giordano, La saisine pour avis alla Corte di cassazione francese, in Riv. dir. proc., 2005, 1009 ss.;
  • C. Silvestri, La saisine pour avis della Cour de Cassation, in Riv. dir. civ., 1998, I, 495 e ss.;
  • R. Libchaber, La saisine pour avis, una procédure singulière dans le paysage jurisprudentiel, in Rev. Trim. droit. civ., 2003, 158 e ss.

Infine sul divieto della sentenza della “terza via” si vedano, ex multis:

  • Sassani e Tiscini, Commento all'art. 101, in Commentario della riforma del codice di procedura civile, a cura di Saletti e Sassani, Torino, 2010, 60 e ss.;
  • E.F. Ricci, La sentenza “della terza via” e il contraddittorio, in Riv. dir. proc., 2006;
  • A. Giordano, Sull'art. 101, c. 2 c.p.c. Un disposto recente su una questione antica, in Giust. civ., n. 3/2012, 139;
  • F.P. Luiso, Poteri d'ufficio, 65; Comoglio, Questioni rilevabili d'ufficio e contraddittorio, in www.treccani.it, § 2.2;
  • Chiarloni, Efficienza della giustizia, formalismo delle garanzie e sentenze della terza via, in Giur. it., 2011, 208
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