Condominio: possibile “oscurare” il divisorio tra i balconi?
11 Novembre 2022
Il fatto. Questa volta ci troviamo in un bel Condominio che gode di una vista panoramica; la lite tra vicini nasce proprio dall'interesse di godere del panorama circostante. Per comprendere la situazione bisogna contestualizzare il problema partendo dall'esame dei luoghi. Ci troviamo in un piccolo Comune montano abruzzese noto per i propri impianti sciistici. Un condòmino si lamenta perché il vicino avrebbe posizionato sul balcone un manufatto che ostacolava la visuale. Rotti gli indugi, deposita atto di citazione chiedendo al giudice di voler accertare che le opere realizzate dal vicino costituivano una turbativa o molestia nell'esercizio della servitù di veduta sul fondo e, in generale, della vista panoramica. Conseguentemente chiede al giudice di voler condannare il dirimpettaio all'eliminazione del manufatto ed alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi.
Lo stato dei luoghi secondo l'attore. L'attore sostiene che il Condominio in cui ricadono gli immobili si trova in una zona a spiccata panoramicità sull'intera vallata e sui monti circostanti. Sottolinea che il complesso immobiliare è stato costruito in quella posizione proprio per far godere ai proprietari del panorama; in realtà sarebbe meglio dire che l'attore ha acquistato l'immobile per poter godere del panorama circostante. Continua la descrizione raccontando che gli appartamenti hanno come pertinenza un unico balcone, diviso da quello del vicino attraverso una parete costituita da doghe orizzontali in legno che delimita il confine con le altre proprietà confinanti senza pregiudicare la vista panoramica.
Le opere contestate. L'attore si lamenta perché il vicino di casa aveva realizzato un manufatto in aderenza alla parete divisoria tra i balconi delle due unità immobiliari. Tale nuova opera non solo impediva il passaggio della luce ma, quel che è peggio, impediva di godere della vista sui monti e sulla vallata circostante. L'attore, a seguito di informazioni attinte presso l'Amministratore di Condominio e il Comune, aveva appreso che le opere erano stato realizzate in assenza di un titolo abilitativo dei lavori quindi presumeva che doveva trattarsi di opere abusive. Aveva cercato inutilmente di trovare una soluzione bonaria con il vicino per cui si vedeva costretto, proprio malgrado, a ricorrere alle aule di giustizia. La tesi del vicino. Il vicino di casa, dal proprio canto, sosteneva di non aver realizzato alcuna opera necessaria di un titolo abilitativo dei lavori ma, più semplicemente, si era limitato a montare un armadio in legno amovibile. Eccepiva, in ogni caso, che ai pannelli divisori posti sui balconi fosse applicabile la disciplina codicistica in materia di luci e vedute (art. 900 e segg. c. c.) e chiedeva, in via riconvenzionale, che, in caso di qualificazione del pannello divisorio come luce, fosse ordinato all'attrice di procedere al relativo adeguamento ex art. 901 c.c. Il giudice dispone una CTU. Il consulente tecnico fotografa lo stato dei luoghi: gli immobili ricadono in un edificio di 12 piani realizzato negli anni '80. Trattandosi di un edificio condominiale, tutti i balconi presentano le medesime caratteristiche, i balconi sono dotati di ringhiere con doghe in legno ancorate ad una struttura in ferro; tra i balconi esiste una parete divisoria in vetro e listelli orizzontali in legno distanziati tra loro in modo da far passare la luce. Il CTU conclude sostenendo che le pareti divisorie dei balconi, assolvono ad una funzione prevalentemente estetica e, quindi, devono essere considerate come elementi decorativi e ornamentali del fabbricato; come tali, devono essere considerate come parti comuni dell'edificio.
Il parere del Giudice. All'organo giudicante vengono sottoposti due quesiti: la convenuta ha effettivamente posto in essere delle turbative o molestie rispetto al diritto di veduta, luce e panorama dell'attrice? Si tratta di opera abusive? Il Tribunale di Sulmona, con sentenza del 10 ottobre 2022 n. 216 accoglie la domanda attrice anche se, a suo avviso, non si tratterebbe di una violazione di servitù di luce, veduta e di panorama.
Il diritto di veduta. Il Tribunale fa il punto della vicenda. L'art. 907 c.c. riconosce al proprietario del fondo dominante di guardare e sporgersi sul fondo del vicino (c.d. inspectio e prospectio). Sotto questo profilo il codice prevede il diritto di veduta diretto, obliquo o laterale; la veduta, inoltre, può essere esercitata sia sul piano orizzontale che verticale (c.d. veduta in appiombo). Nel caso dei balconi, il diritto di veduta potrà essere esercitato su ogni lato del medesimo balcone e, quindi, avremo una veduta frontale e due vedute laterali. Parallelamente, sul vicino grava il divieto di fabbricare ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta (che, se così non fosse, sarebbe ostacolata). Veduta o Condominio?Venendo al punto, il Tribunale ritiene che, nel caso in esame, non sia configurabile una servitù di veduta, bensì si tratta di tutelare il diritto all'uso della cosa Comune in conformità alle regole della comunione. Orbene, è vero che i balconi non rientrano tra i “beni comuni” ex art. 1117 c.c. ma, nel caso in esame, il CTU ha ritenuto che le ringhiere dei balconi ed i relativi divisori debbano essere considerati come elementi estetici dell'edificio e, come tali, devono essere considerati come facenti parte della facciata condominiale. Le conseguenze.Poiché, nel caso in esame, il manufatto contestato è stato realizzato in aderenza al divisorio Comune, non andrà applicata la normativa in tema di distanze (art. 900 e segg. c.c.) bensì la disciplina sull'uso dei beni comuni (prevista dall' art. 1102 c.c.). Secondo la giurisprudenza, all'interno di un edificio la disciplina condominiale (speciale) prevale su quella in materia di distanze in quanto, per ovvie ragioni, è necessario contemperare i reciproci rapporti tra vicini per cui deve ritenersi legittima l'opera realizzata senza il rispetto delle distanze minime previste dal codice. Peraltro, è indubbio che il condòmino possa realizzare delle opere sul bene Comune per il migliore godimento della cosa purché, ovviamente, venga rispettato il diritto degli altri condòmini di servirsi ugualmente del medesimo bene.
Lecito il miglior godimento. Il Tribunale ricorda come, in ambito condominiale, sia legittimo l'uso del bene Comune ma… a due condizioni: non è possibile alterare la destinazione della cosa Comune e bisogna garantire il pari uso agli altri condòmini. Questa regola fondamentale ha un corollario: il condòmino non può occupare in maniera stabile ed esclusiva il bene Comune perché, se così non fosse, potrebbe essere invocata l'usucapibile. Spetta al giudice di merito valutare “il campo di azione” del singolo condòmino accertando che il bene non perda la sua connotazione originaria e, anche solo potenzialmente, possa essere utilizzato dagli altri condòmini.
Decisiva la relazione del CTU. Il Tribunale basa il proprio convincimento sulla relazione del consulente tecnico da cui risulta che il convenuto ha installato un mobile in aderenza al divisorio tra i due balconi occupandolo per tutta la sua estensione, sia in larghezza che in altezza, senza lasciare alcuna fessura. Sta di fatto che il mobile, proiettando il proprio cono d'ombra sulla parete del vicino, non solo oscura la finestra della camera da letto, ma impedisce il riscaldamento delle pareti contribuendo, anche se in minima parte, a fornire maggior comfort abitativo all'interno. E non finisce qui! Il mobile impedisce la semi-veduta sia obliqua che laterale che risultano parzialmente oscurate. Il CTU pone anche un problema di sicurezza. A quanto pare il mobile era semplicemente addossato al divisorio, senza alcun ancoraggio alla parete; questa situazione potrebbe essere fonte di pericolo in caso di bufere e forti venti che si verificano in zona. Questo stato di fatto, secondo il Tribunale, «ha inciso certamente sull'utilizzo del divisorio Comune tra i due balconi in violazione dell'art. 1102 c.c..». Sulla base di questi presupposti il giudicante ha accertato e dichiarato illegittima l'installazione del mobile ordinandone la rimozione. Ovviamente non è dato sapere se la decisione è stata appellata.
Fonte: dirittoegiustizia.it |