La motivazione per relationem dell'accertamento verso i soci della s.n.c. fallita

16 Novembre 2022

La Corte di cassazione, con la sentenza in commento, tratta il tema della motivazione dell'avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci di una società in nome collettivo soggetta a procedura fallimentare.
Massima

È rispettato l'obbligo di motivazione di un avviso di accertamento emesso nei confronti del socio di una s.n.c. fallita qualora tale atto faccia riferimento ad un PVC notificato al solo curatore, trattandosi di documento agilmente conoscibile da parte del socio in virtù del diritto di accesso al fascicolo del fallimento

Il caso

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha trattato il tema della motivazione dell'avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci di una società in nome collettivo soggetta a procedura fallimentare.

L'Agenzia delle Entrate di Udine notificava al curatore del fallimento della società un avviso di accertamento in materia di tributi diretti; tale atto faceva seguito ad un processo verbale di constatazione che l'ufficio aveva in precedenza notificato alla curatela.

Il curatore fallimentare non proponeva ricorso.

L'ufficio, successivamente, emetteva nei confronti dei soci, falliti ex art. 147 l. fall., autonomi accertamenti, imputando loro maggiori imposte per effetto delle contestazioni mosse alla società (maggiori redditi da partecipazione).

Tali atti venivano impugnati dai soci, assieme agli accertamenti già notificati alla società, e ciò in virtù della legittimazione “straordinaria” a proporre ricorso avverso atti impositivi per i quali la curatela sia rimasta inerte.

I ricorrenti deducevano il difetto di motivazione degli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti per non essere stato allegato agli stessi il PVC su cui si fondava l'originario accertamento nei confronti della società fallita.

La Commissione tributaria provinciale di Udine accoglieva il ricorso proposto dai soci; la Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia confermava la sentenza di prime cure.

Quanto sopra, sul presupposto che la mancata allegazione del PVC agli atti impositivi emessi nei confronti dei soci violasse l'obbligo di motivazione dell'accertamento.

Avverso la sentenza di secondo grado ricorreva per cassazione l'ente erariale, deducendo due motivi di gravame, entrambi attinenti alla rilevanza, sotto il profilo probatorio, del processo verbale di constatazione.

Quanto al primo motivo, secondo l'ente ricorrente non vi è alcun obbligo di allegare il PVC agli atti impositivi emessi nei confronti dei soci, sempreché tali atti riproducano il contenuto essenziale del processo verbale.

L'Amministrazione erariale ha così ritenuto viziata la sentenza impugnata per non avere la stessa sottoposto a vaglio il fatto se, ed in quali termini, le parti essenziali del PVC fossero state riprodotte negli accertamenti emessi nei confronti dei soci.

Quanto al secondo motivo, i giudici d'appello avrebbero erroneamente dichiarato la nullità di tali accertamenti, senza avere prima verificato se il PVC fosse conosciuto ai soci falliti ovvero fosse loro conoscibile.

Secondo l'ente, il fatto che il processo verbale fosse stato prodotto in sede di accertamento emesso nei confronti della società, così come notificato al curatore, avrebbe consentito ai soci di averne conoscenza.

Ciò in base alla facoltà attribuita ai soci falliti di consultare la documentazione della procedura concorsuale, senza dunque che vi fosse stata alcuna violazione del diritto di difesa del contribuente.

Le questioni giuridiche

La sentenza in esame tratta due argomenti di carattere giuridico incentrati, entrambi, sul requisito della motivazione dell'avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci illimitatamente responsabili di una società personale sottoposta a fallimento.

In primo luogo, la Corte di Cassazione ha rilevato come i giudici territoriali non avessero valutato la circostanza se gli accertamenti emessi nei confronti dei soci riproducessero, almeno nelle parti essenziali, il contenuto del PVC in precedenza notificato al curatore, unitamente all'atto impositivo nei confronti della società fallita.

La questione assume particolare rilevanza poiché l'avviso di accertamento che si fondi sul richiamo per relationem ad un atto istruttorio del procedimento tributario - qual è il processo verbale di constatazione - è legittimo solo a condizione che l'atto impositivo ne riproduca, se non il contenuto integrale, quanto meno le parti essenziali.

In questo senso, la Suprema Corte ritiene che la “motivazione per relationem è ammessa a condizione che l'atto richiamato sia allegato alla decisione notificata, ma l'allegazione non è necessaria se la decisione riproduce il cosiddetto contenuto essenziale dell'atto richiamato” (Cass. 29 gennaio 2008, n. 1906).

Per “elementi essenzialidel documento istruttorio si intendono i fatti e le circostanze idonee ad illustrare le ragioni dell'accertamento: un atto impositivo che richiami per relationem un PVC deve rappresentare i passaggi logici che abbiano condotto alla rettifica erariale, consentendo l'esercizio del sindacato di legittimità (Cass. 12 marzo 2014, n. 5677).

Nel caso in esame, ove gli accertamenti emessi nei confronti dei soci avessero riprodotto gli elementi essenziali del PVC notificato al curatore - circostanza, quest'ultima, non sottoposta a vaglio dai giudici del merito -, in effetti non vi sarebbe stata alcuna violazione dell'obbligo di motivazione.

Sotto questo profilo, il decisum della Corte di Cassazione appare pienamente condivisibile.

In secondo luogo, la Suprema Corte ha rilevato come l'obbligo di motivazione dell'accertamento debba considerarsi assolto dall'ufficio quando l'atto istruttorio richiamato per relationem all'interno dell'atto impositivo sia conosciuto ovvero sia agevolmente conoscibile dal contribuente.

Secondo il Supremo Collegio è così illegittimo un accertamento che si fondi su un atto istruttorio non conoscibile dal soggetto passivo d'imposta se non attraverso ricerche laboriose e/o complesse: verrebbe, in tal caso, compresso il diritto di difesa del contribuente, con un evidente sbilanciamento tra finalità dell'azione pubblica ed esercizio dell'azione difensiva (Cass. 7 aprile 2022, n. 11283).

Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto che l'avviso di accertamento emesso nei confronti dei soci contenente il richiamo per relationem al PVC notificato al curatore fallimentare non abbia violato il loro diritto di difesa.

Secondo la Suprema Corte, la legittimità di tale accertamento trova fondamento nel fatto che, da un lato, il curatore fallimentare funge da “collettore” delle richieste di accesso agli atti della procedura, detenendo la documentazione inerente al fallito.

Dall'altro lato, il socio fallito ha pur diritto di accedere al fascicolo del procedimento concorsuale, con l'eccezione peraltro della relazione redatta dal curatore ex art. 33 l. fall. e degli atti secretati (art. 90, comma 2, secondo periodo, l. fall.).

Osservazioni

I due fondamenti delineati dalla Suprema Corte che legittimerebbero l'ente impositore a non allegare all'accertamento emesso verso i soci il prodromico PVC ovvero a non ritrascriverne gli elementi essenziali, si ritiene che non siano “presidi” sufficienti né idonei ai fini del compiuto esercizio del diritto di difesa del contribuente.

Se, infatti, per un verso, il curatore fallimentare esercita una funzione di garanzia anche nella prospettiva del fallito, per altro verso, egli non è sottoposto a specifici doveri di tenere informato, in via diretta, il fallito medesimo circa gli atti inerenti la procedura concorsuale, tantomeno quelli aventi rilevanza di natura tributaria.

Ne consegue che la posizione difensiva del socio viene a dipendere in via esclusiva dalla condotta di un soggetto terzo rispetto al rapporto giuridico d'imposta, e dunque dal fatto che il curatore trasmetta o meno al socio il PVC su cui si fondi l'accertamento emesso nei confronti della società.

E ove, per qualsiasi ragione, lo scambio informativo fra curatore e socio, invero non sempre agevole, non si concretizzi, il socio fallito non ha alcuna possibilità di esercitare in modo compiuto la propria difesa, non essendo a conoscenza degli elementi di fatto sottesi all'accertamento.

D'altra parte, quanto alla facoltà di accesso al fascicolo della procedura, l'art. 90, comma 2, l. fall. (e, ora, l'art. 199, comma 2, D.Lgs. n. 14/2019) fa riferimento ai soli atti/documenti contenuti nel fascicolo, fra i quali non trovano collocazione gli accertamenti né gli atti istruttori ad essi correlati.

L'Amministrazione finanziaria, infatti, è tenuta a notificare l'atto impositivo emesso nei confronti della società fallita a mani del curatore secondo le norme fiscali fissate dal D.P.R. n. 600/1973.

L'accertamento potrà fare ingresso nel fascicolo del fallimento solo tramite deposito del curatore, come quando egli richieda l'autorizzazione al giudice delegato ad impugnare l'atto impositivo ovvero a rendervisi acquiescente.

Con la conseguenza che, ancora una volta, le concrete possibilità per il socio fallito di introdurre un autonomo contenzioso tributario finiscono con il dipendere dalla mera azione “informativa” del curatore (evento potestativo).

Conclusioni

Per le ragioni sopra indicate, nella prospettiva del più compiuto esercizio del diritto di difesa del contribuente, costituzionalmente garantito, reputa chi scrive che – contrariamente all'assunto della S. Corte - l'ente impositore sia tenuto a notificare al socio fallito, assieme all'avviso di accertamento al medesimo riferibile, anche il PVC in precedenza notificato al curatore fallimentare, salvo che nell'avviso siano già contenute le sue parti essenziali.

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