Il Tribunale, adito per una questione relativa ad un incidente stradale in cui l'attore è deceduto prima della definizione del giudizio, per motivi indipendenti dalle menomazioni del sinistro oggetto della causa, fa il punto sulla quantificazione danno da premorienza.
Il Giudice precisa che, se il parametro di partenza è l'età della vittima poiché ciò incide sulla sua durata media della vita in cui dovrà convivere con la menomazione conseguente alla lesione, altro dato certo è che vi è molta differenza tra il calcolo presuntivo dell'aspettativa di vita, rispetto al dato certo della morte, che consente di calcolare l'esatto lasso di tempo in cui la vittima ha convissuto con la menomazione.
Sulla base di questo, infatti, la giurisprudenza ha affermato che “nella quantificazione del danno il giudice deve tener conto – in caso di premorienza – non della vita media futura presumibile della vittima, ma della vita effettivamente vissuta” (da ultimo Cass. 12913/2020).
I criteri giurisprudenziali per la quantificazione del danno
Osserva il Tribunale che, nella giurisprudenza, i criteri per la monetizzazione del danno sono stati diversi:
- Primo criterio ispirato alla riduzione equitativa del valore monetario (Cass. n. 5366/1998)che a parere del Giudice non appare condivisibile in quanto assegna al singolo giudicante la rimodulazione dell'importo, con seri rischio per l'equità;
- Secondo criterio proporzionale, che riduce il risarcimento dovuto il caso di sopravvivenza al giudizio in misura corrispondente al rapporto fra il tempo in cui si è sopportato il danno e quello in cui si sarebbe dovuto sopportare se la vittima fosse sopravvissuta per tutta la durata della vita media. Tale “criterio romano” trova un correttivo nell'attribuzione immediata al danneggiato di una maggior quota dell'importo complessivamente dovuto e quantificato secondo le tabelle ordinarie. Tale scelta deriva dalla considerazione per cui il danno non sarebbe costante crescente con il tempo, in quanto una parte matura al momento della lesione (per un valore compreso tra il 10% e il 50%). La parte restante del danno si quantifica in termini proporzionali rispetto ai giorni di sopravvivenza. Anche questo secondo criterio, pur entro il correttivo evidenziato, conduce a risultati che portano a un favor per i soggetti anziani rispetto ai giovani.
- Terzo criterio che pone alla base del calcolo il valore corrispondente ad un soggetto di età pari alla differenza fra la durata della vita media ed il numero di anni effettivamente vissuti con la menomazione. Tale criterio, tuttavia, non valuta l'età in cui le menomazioni conseguenti alla lesione abbiano inciso sugli aspetti dinamico relazionali della vittima e neppure tiene conto del sesso della vittima (essendo diverse le aspettative di vita per donne e uomini).
Infine, il Tribunale ricorda che la Cass. n. 12913/2020 ha chiarito che il danno da premorienza era stato quantificato moltiplicando il valore monetario tabellare giornaliero (personalizzato) previsto per l'inabilità temporanea assoluta per il numero di giorni di effettiva esistenza del danneggiato dal sinistro al decesso.
Criterio delle tabelle milanesi 2018-2021
Posto il panorama giurisprudenziale eterogeneo, l'osservatorio sulla giustizia civile di Milano, escludendo il ricorso a modelli puramente equitativi o matematici, ha elaborato un criterio di riferimento basato sui seguenti principi:
- Il primo consiste nell'inidoneità del dato anagrafico ai fini della differenziazione dei risarcimenti, essendo tale fattore funzionale a calcolare l'aspettativa di vita, ossia il probabile tempo durante il quale la lesione subita dispiegherà i suoi effetti dannosi (salvo non sia nota la data del decesso).
- il secondo consiste nella determinazione di un valore risarcitorio medio annuo mediante il rapporto fra la media matematica per ogni percentuale di invalidità (tra il quantum liquidabile ad un soggetto di anni 1 ed uno di anni 100) e il valore ricavato dalla media matematica tra le aspettative di vita di ogni soggetto compreso fra 1 e 100 anni.
- Il terzo si individua nel riconoscimento di un'evoluzione in senso decrescente del risarcimento, per cui il danno non è una funzione costante nel tempo ma è ragionevolmente maggiore in prossimità dell'evento, quando più intense sono le rinunce sotto il lato dinamico-relazionale e più gravi le sofferenze interiori, per poi decrescere progressivamente fino a stabilizzarsi (così come evidenziato, in passato, da Cass. 2297/2011).
Le pronunce nn. 41933/2021 e 12060/2022 della Cassazione
Procedendo, il Tribunale ricorda che il modello milanese, elaborato nel 2018 e confermato, con alcuni interventi, nel 2021 ha formato oggetto di due critici interventi da parte della Suprema Corte:
- con l'ordinanza n. 41933/2021 la Cassazione si è discostata dalla tabella milanese nel punto in cui essa ritiene che il danno non possa essere considerato come una funzione costante nel tempo, ma è ragionevolmente maggiore in prossimità dell'evento, per poi decrescere. La Suprema Corte ha quindi ritenuto non equo il fatto che il danno già sopportato per un certo tempo venga “liquidato meno di un danno che verosimilmente si sopporterà, in futuro, per un identico arco di tempo poiché a parità di durata deve corrispondere parità di risarcimento”. In tale decisione si è detto che appare preferibile l'adozione di un criterio di proporzionalità, non escludendo tuttavia l'ammissibilità di altri criteri.
- con l'ordinanza n. 12060/2022 è stato affermato che il danno morale dovrebbe essere monetizzato a prescindere da ogni circostanza che si verifichi dopo l'evento dannoso, secondo un criterio logico-presuntivo, fondato su un parametro di proporzionalità diretta rispetto alla gravità della lesione.
Gli aspetti critici dei criteri indicati dalla Cassazione e l'adeguatezza delle tabelle milanesi
Poste le decisioni sopra richiamate, il Tribunale ritiene di non doversi discostare dalle tabelle milanesi, ritenendo censurabile il modello proporzionale proposta dalla Cass. n. 41933/2021 perché rinviene nell'aspettativa di vita al momento del fatto dannoso il punto di partenza per il computo dell'importo da liquidare e, invece di valorizzare il periodo della vita effettivamente vissuta.
Relativamente all'ordinanza n. 12060/2022 il Tribunale milanese osserva che, sebbene ribadisca il principio di corrispondenza tra la gravità della “lesione personale” e la sofferenza che ne consegue, ne limita l'applicazione all'elemento dell'intensità (istantaneità), escludendo invece che essa continui a operare nel tempo.
Inoltre, il Giudice precisa che i criteri di quantificazione del danno da c.d. premorienza devono essere impiegati a prescindere dal fatto che la morte, nel corso del giudizio, derivi o meno dall'illecito che ha causato, in precedenza, una menomazione al danneggiato.
Non merita quindi condivisione l'ordinanza n. 32916/2022 della Cassazione in cui si legge che “il principio secondo cui l'ammontare del danno biologico spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non già a quella probabile […] si applica […] solo nel caso in cui la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, e non anche allorquando come nella specie la morte sia stata viceversa direttamente cagionata dall'illecito”.
Precisa il Tribunale che il criterio da impiegare per la quantificazione del danno in caso di premorienza del danneggiato rispetto al giudizio prescinde dalla causa della morte, trovando invece la ragione della propria applicazione nel solo fatto del decesso prima della definizione della causa.
L'utilizzabilità delle tabelle milanesi
Evidenziato ciò, il Tribunale milanese ritiene che, in assenza di una pronuncia o di un intervento del legislatore, il sistema di liquidazione del danno da premorienza così come elaborato, da ultimo, nelle tabelle di Milano, edizione 2021, non debba essere abbandonato.
Il Giudice giunge a tale considerazione sia perché tutti gli altri criteri non hanno dato prova di essere esenti da criticità, sia perché è la stessa Suprema Corte a ritenere che, in fin dei conti, sia il giudice del merito a dover individuare le modalità di liquidazione, anche con riguardo alle peculiarità della fattispecie.
Nel caso di specie, alla luce di quanto sora, il Tribunale di Milano quantifica il danno non patrimoniale da premorienza applicando i valori elaborati dalle tabelle di Milano nell'edizione 2021.