Responsabilità solidale negli appalti ed effetti dell'intervenuta transazione tra creditore e obbligato principale
22 Novembre 2022
Massima
L'aver incluso nei singoli atti transattivi una clausola che circoscriva la validità della transazione ai soli stipulanti, escludendo la possibilità, per gli altri condebitori, di esercitare il diritto di profittare, non può in alcun modo essere ritenuta efficace per escludere un condebitore solidale.
La possibilità e la tutela che riserva il legislatore in tema di appalti ai lavoratori di poter pretendere il pagamento a titolo di retribuzione, sia al proprio datore di lavoro che al committente, determina l'insorgere di un collegamento funzionale tra diversi rapporti, in modo che le vicende dell'uno spiegano influenza diretta su quelle dell'altro. Il caso
Un socio lavoratore era dipendente di una cooperativa consorziata, la quale acquisiva dalla società consortile, di cui faceva parte, contratti di subappalto per l'attività di confezionamento ed imballaggi per conto terzi.
A sua volta la società consortile stipulava contratti di appalto con diversi committenti per l'esercizio della medesima attività.
Il lavoratore chiamava in giudizio le committenti, la società consortile e il proprio datore di lavoro per chiedere di accertare e dichiarare l'esistenza di un appalto di manodopera tra le committenti e il consorzio e un contratto di subfornitura tra il consorzio e il subappaltatore/datore di lavoro, nonché di condannare il datore di lavoro e le aziende appaltanti/subappaltanti in solido, a corrispondere differenze retributive maturate nel corso dell'esecuzione degli appalti/subappalti ai sensi dell'art. 29 D.Lgs. 276/2003, oltre rivalutazione monetaria e spese di lite.
Nelle more del giudizio, il datore di lavoro veniva ammesso alla procedura di liquidazione coatta amministrativa e la causa veniva dichiarata interrotta e poi successivamente riassunta.
La società consortile depositava lo stato passivo della procedura concorsuale della datrice di lavoro in liquidazione coatta amministrativa, con elenco dei crediti ammessi solo per la quota di TFR, unitamente alle transazioni sottoscritte con la curatela del fallimento, dai singoli lavoratori nei rispettivi giudizi di opposizione allo stato passivo ed aventi ad oggetto la rinuncia all'intero credito vantato a titolo di differenze retributive, non ammesse per mancanza di idoneità del titolo attesa la pendenza del giudizio innanzi il Tribunale del lavoro.
Le società committenti convenute, pertanto, chiedevano dichiararsi cessata la materia del contendere per intervenuta rinuncia al credito da parte dei lavoratori. Il ricorrente si opponeva a tale richiesta, eccependo che le rinunce al credito non hanno validità nei confronti delle società committenti, poiché nelle relative transazioni veniva inserita un'apposita clausola di esonero. Le questioni
La sentenza in commento appare d'interesse per avere affrontato due questioni che sono state e sono attualmente oggetto di dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza. La prima concerne le ricadute di una transazione – nel caso di specie, in sede fallimentare - con effetti abdicativi sui diritti di credito rivendicati in un separato giudizio dal lavoratore verso il debitore principale, rispetto alle obbligazioni solidali – o alle posizioni dei condebitori - poste a garanzia delle retribuzioni.
In particolare, il giudice si sofferma sulla validità della clausola contenuta nei singoli contratti transattivi, volta ad escluderne la validità nei confronti degli altri consorti.
La seconda concerne la dissertazione sulla natura dell'obbligazione solidale, sulla sua funzione e struttura, nella declinazione sottesa alla formulazione contenuta nell'art. 29, co. 2, del D.Lgs. 276/2003. Le soluzioni giuridiche
In sede di procedura fallimentare della datrice di lavoro, il lavoratore presentava istanza di insinuazione al passivo dei presunti crediti derivanti dalle rivendicate differenze retributive già oggetto della causa promossa avanti il tribunale del lavoro. La Curatela proprio perché si trattava di pretese creditorie sub iudice del lavoro, e pertanto prive di titolo idoneo all'ammissione del credito, non ammetteva al passivo i relativi importi. Orbene, il giudizio di opposizione al passivo, instaurato dal ricorrente a seguito del suddetto diniego, veniva però transatto. Sicché il lavoratore addiveniva alla rinuncia delle pretese creditorie “proprio a seguito delle contestazioni mosse in giudizio dalla stessa Curatela fallimentare sulla fondatezza delle somme rivendicate” (Cit. sentenza in commento, pag. 4).
Il Giudice si sofferma sull'analisi della clausola contenuta nell'atto transattivo, con la quale veniva esclusa la validità delle rinunce a beneficio dei coobbligati in solido, ai quali, pertanto, sarebbe stata negata la facoltà di approfittarne, a tenore dell'art. 1304, co. 1, codice civile ove è stabilito che “La transazione [c.c. 1965] fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare”. Il Giudice, rifacendosi a recente giurisprudenza di legittimità (Cfr. Cassazione civile, sez. I, 3 marzo 2022, n.7094; Cassazione civile, sez. II, 10 luglio 2020, n.14711), afferma che, per l'operatività della norma, la transazione deve avere ad oggetto l'intero debito, mentre non include la transazione dell'obbligazione parziale.
La clausole contenute nel contratto transattivo, - che circoscrivano la validità della transazione ai soli stipulanti, escludendo la possibilità, per gli altri condebitori, di esercitare il diritto di profittare, non possono in alcun modo essere ritenute né efficaci per escludere un condebitore solidale, né ammissibili -, “perché destinate ad incidere su un diritto potestativo che la legge attribuisce ad un soggetto terzo, rispetto ai contraenti, e del quale perciò questi ultimi non sarebbero legittimati a disporre (cfr. Cassazione civile, 20107/2015 Tribunale Ascoli Piceno, sez. lav., 15 gennaio 2021, n.6). (Cit. Trib. Bari, 28 giugno 2022, pag. 5).
Inoltre, la tutela offerta dalla norma ai lavoratori dipendenti, di poter richiedere indifferentemente al committente o al proprio datore di lavoro il pagamento delle retribuzioni, determina l'insorgere di un collegamento tra diversi rapporti, dimodoché le vicende dell'uno spiegano effetto diretto su quelle dell'altro. Infatti, la responsabilità solidale ex art. 29 D. Lgs. 276/2003, discende da due titoli diversi per l'appaltante e per l'appaltatore: per il primo dal contratto d'appalto, per il secondo dalla stipulazione del contratto di lavoro subordinato con i propri dipendenti. L'obbligazione solidale ha carattere unisoggettivo perché risponde al solo interesse dell'appaltatore/datore di lavoro, diretto beneficiario dell'opera dei propri dipendenti. Pertanto, allorché si estingue l'obbligazione retributiva, di riflesso viene meno anche la corrispettiva responsabilità del committente. Osservazioni
Va da subito precisato che il decisum del Giudice barese, in ordine alla qualificazione dell'obbligazione in solido lavoristica, risente della specifica disciplina contenuta in una delle previgenti versioni dell'art. 29 D.Lgs. 276/2003, laddove, per un breve periodo, l'obbligazione solidale si caratterizzava per la sua sussidiarietà in quanto “Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori”. La successiva soppressione di quel disposto induce a ritenere l'obbligazione di garanzia come accessoria ma non più sussidiaria. Tuttavia, l'intervenuta novella non esplica, come si vedrà infra, alcuna influenza sul polimorfismo della eadem causa obligandi.
Nelle obbligazioni solidali passive più debitori sono tenuti tutti all'esecuzione di una medesima prestazione, in modo che l'adempimento di uno per l'intera prestazione libera gli altri. Secondo la teoria classica, ne consegue che presupposti della solidarietà sono: 1. la pluralità di soggetti omogenei, dal lato passivo (più debitori) o dal lato attivo (più creditori); 2. l'identità della prestazione che deve essere eseguita; 3. la eadem causa obligandi, ossia la necessità che l'obbligazione si origini o dal medesimo fatto giuridico o almeno da fatti che, in quanto siano volutamente collegati dalle parti, costituiscono un complesso unitario. L'integrazione degli indicati presupposti, quando non vi sia un'espressa volontà contraria delle parti, vale a riconoscere la natura solidale dell'obbligazione dal lato passivo.
L'inquadramento delle obbligazioni solidali in materia di appalti nella categoria delle obbligazioni solidali soggettivamente complesse, passa attraverso la verifica della sussistenza dei presupposti “strutturali” appena elencati.
Quanto al primo requisito non si rileva problema alcuno, atteso che è la legge stessa a prevedere una pluralità di soggetti consorti. Per quanto riguarda il presupposto della “eadem res debita”, la prestazione è la medesima (identica) per tutti i responsabili in solido, trattandosi dei crediti retributivi e contributivi, ovvero nella delimitazione della responsabilità ai “danni differenziali”, dei lavoratori utilizzati nell'appalto e nel subappalto.
Per quanto riguarda, infine, il presupposto della “eadem causa obligandi”, nelle obbligazioni solidali in materia di appalti, ricorre un'ipotesi tipica di obbligazione solidale derivante da titoli diversi (contratto di appalto, da un lato, e contratto di lavoro, dall'altro), “la quale assume rilievo centrale nella configurazione del tipo in quanto designa l'unitarietà del fatto giuridico costitutivo della obbligazione, che si riscontra non solo quando la fonte o il titolo sia unico, ma anche in presenza di fattispecie diverse collegate da nessi tali che valgano a farle considerare come un complesso unitario agli effetti del vincolo che ne deriva, funzionale ad uno scopo comune. È questo l'elemento che unifica gli interessi dei singoli obbligati e, in definitiva, la loro prestazione, realizzando, cioè, quella comunione di scopo che costituisce il fondamento stesso della solidarietà” (Cfr. Cassazione civile, sez. un., 21 gennaio 1988, n. 423; Cass. civ., Sez. I, 14 marzo 1996, n. 2120).
Come noto, nelle obbligazioni soggettivamente complesse può ricorrere solidarietà nel debito anche in presenza di diverse fonti della stessa, purché sia riscontrabile una pluralità di fatti collegati: in tali casi, la solidarietà deve essere “espressamente prevista dalla legge”, circostanza che si verifica nel caso de quo.
La legge, pertanto, nel valutare l'operazione economica complessa che si realizza con il contratto di appalto e che coinvolge i contratti di lavoro riconoscerebbe la sussistenza di un interesse comune in capo al committente e all'appaltatore che si sostanzia nell'interesse a ricevere, l'appaltatore direttamente, il committente indirettamente, la controprestazione del lavoratore, e proprio tale interesse giustificherebbe l'operare della solidarietà (Costa G., Solidarietà e tutele negli appalti, in Variazioni sui Temi di Diritto del Lavoro, Fascicolo 2, 2016).
È condivisibile la postura assunta dal giudice del lavoro circa l'invalidità della clausola apposta negli atti transattivi assunti tra la curatela e i lavoratori, intesa a impedire ai terzi condebitori in solido, estranei al negozio, di esercitare il diritto di voler approfittare degli effetti favorevoli.
La norma codicistica si riferisce alla transazione concernente l'intero debito, perché è la comunanza dell'oggetto della transazione a far sì che di questa possa avvalersi il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla sua stipulazione e quindi in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetto solo tra le parti. Per quanto possa darsi anche una transazione pro quota, la stessa non è configurabile nelle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo, quale è quella di cui all'art. 29, comma 2, D. Lgs. n. 276/2003: non è possibile un accordo transattivo che concerna la quota di debito del garante, posto che lo stesso non è titolare di alcuna parte del debito (Villa E., La responsabilità solidale come tecnica di tutela del lavoratore, Bononia University Press, Bologna, 2017).
Il principio è confermato anche dall'arresto di recente giurisprudenza di legittimità per il quale “La norma di cui all'art. 1304 c.c., comma 1, trova…. applicazione quando il negozio transattivo riguarda l'intero debito, perché è la comunanza dell'oggetto della transazione a far sì che di questa possa avvalersi il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla sua stipulazione e quindi in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetto solo tra le parti. Né tale conseguenza potrebbe essere evitata introducendo nella transazione per l'intero debito una clausola di contrario tenore, per l'ovvia considerazione che una simile clausola sarebbe destinata ad incidere su un diritto potestativo che la legge attribuisce ad un soggetto terzo, rispetto ai contraenti, e del quale perciò questi ultimi non sarebbero legittimati a disporre.”(Cfr. Cassazione civile, sez. I, 7 ottobre 2015, n. 20107).
Occorre osservare che qualora l'accordo tra creditore e debitore “miri a porre termine a liti e contrasti mediante …..la remissione del debito, se abbia ad oggetto la mera rinuncia del creditore, definitiva ed irrevocabile, ad una parte del credito … vertendosi in tema di obbligazione solidale, siffatta convenzione, …… a norma del (precedente) art. 1301, libera anche tali debitori, salvo che il creditore abbia riservato implicitamente ed esplicitamente il suo diritto verso i medesimi, con conseguente possibilità di esigere da essi il credito, detratta la parte gravante, nei rapporti interni, sul debitore favorito dalla remissione” (Cfr. Cass. civ., 16 dicembre 1982, n. 6934).
A rigore, qualora la volontà abdicativa (rectius, rinunzia) dei creditori, ancorché espressa in via convenzionale, nonostante, invero, la dottrina prevalente qualifichi la remissione come negozio giuridico unilaterale e recettizio con effetto abdicativo del credito, qualora il remittente esprima la riserva, il suo credito verso l'obbligato in solido sarebbe “zero”, atteso che nel regime della corresponsabilità solidale unisoggettiva, la parte di debito dell'obbligato privo di interesse è pari a zero, almeno nei rapporti interni fra debitori, mentre l'intero debito grava sul datore di lavoro/appaltatore. Minimi riferimenti bibliografici
G. Rossetti, M. De Cristofaro, Le obbligazioni solidali; Garofalo, Talamanca (diretto da) Trattato delle obbligazioni, Vol. V, Patti, Vacca, Le figure speciali, Padova, 2010.
G. Cian, A. Trabucchi (a cura di), Commentario Breve al Codice Civile, Padova, 4/2022.
G. Costa, Solidarietà e tutele negli appalti, in Variazioni sui Temi di Diritto del Lavoro, fasc. 2, 2016.
E. Villa, La responsabilità solidale come tecnica di tutela del lavoratore, Bologna, 2017.
U. La Porta, F.D. Busnelli, Delle obbligazioni in solido, Artt. 1292-1313, in Il Codice Civile Commentato, Milano, 2014. |