Notificazione presso la cancelleria e domicilio digitale
24 Novembre 2022
La massima
A seguito dell'introduzione della norma sul "domicilio digitale" (art. 16-sexies, D.l. 179/2012), nell'ipotesi in cui non sia stato eletto domicilio nel circondario dell'Ufficio giudiziario adito, la notificazione dell'impugnazione va eseguita all'indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, con conseguente nullità della notificazione effettuata presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra anche la circostanza che l'indirizzo PEC non sia accessibile per cause imputabili al destinatario Il caso
Per quel che interessa la presente disamina, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della inammissibilità dell'atto di appello per tardività dichiarata dalla Corte di Appello di Roma in relazione alla sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Civitavecchia e notificata presso la Cancelleria del detto Tribunale di Civitavecchia.
Il Giudice di secondo grado ha ritenuto l'idoneità della predetta notifica ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione in quanto la parte appellante non aveva in primo grado eletto domicilio nel circondario dell'Ufficio giudiziario adito.
Secondo la Corte romana, le disposizioni sul domicilio digitale non sarebbero state applicabili al caso di specie trattandosi di giudizio introdotto in data 27 settembre 2013, ossia prima dell'obbligatorietà della notifica telematica di cui all'art. 16-sexies D.l. n. 179/2012 (articolo inserito dall'art. 52, co. 1, lett. b), D.l. n. 90/2014).
L'appello era pertanto risultato tardivo a fronte dell'avvenuta notifica della sentenza presso la cancelleria dell'Ufficio Giudiziario. La questione
La parte ricorrente in Cassazione ha censurato la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Roma deducendo violazione e falsa applicazione del D.l. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-sexies (conv. con modif. in L. n. 221/2012) e successivamente modificato dal D.l. n. 90/2014 (conv. con modif. in L. n. 114/2014), per avere la Corte d'appello ritenuto correttamente eseguita la notifica della sentenza in cancelleria pur a seguito dell'istituzione del domicilio digitale, peraltro anche a fronte dell'indicazione nel primo atto difensivo dell'indirizzo PEC del difensore.
La sentenza è stata altresì censurata per violazione dei medesimi articoli sopra citati, nonché per violazione e falsa applicazione dell'art. 125 c.p.c. e dell'art. 11 Preleggi, in quanto la sentenza della Corte d'Appello avrebbe erroneamente ritenuto l'inapplicabilità delle disposizioni relative al domicilio digitale al giudizio de quo. La soluzione giuridica e osservazioni
Secondo la Suprema Corte di Cassazione la sentenza della Corte d'Appello è erronea, non potendosi ritenere idonea alla decorrenza del termine breve di impugnazione la notificazione presso la Cancelleria del Tribunale di Civitavecchia in considerazione della normativa sul domicilio digitale dell'avvocato.
La Corte ha innanzitutto ritenuto che già la sola indicazione dell'indirizzo PEC del difensore nei propri atti di parte sarebbe stata idonea ad impedire la domiciliazione ex lege presso la Cancelleria.
E ciò in quanto già l'art. 125 c.p.c. (come novellato dalla L. n. 183/2011, art. 25) prevedeva l'obbligo di indicazione dell'indirizzo PEC comunicato al proprio Ordine, con la conseguente preclusione - in ipotesi di indicazione dell'indirizzo - della notifica presso la Cancelleria (sul punto si veda SS.UU. n. 10143/2012). Nel caso di specie quindi non si sarebbe in ogni caso potuta perfezionare la notifica presso la Cancelleria, neppure alla stregua della disciplina previgente all'introduzione del domicilio digitale.
La Corte prosegue poi con la disamina degli interventi normativi e degli arresti giurisprudenziali in tema di domicilio digitale rimarcando gli effetti dell'introduzione del citato articolo 16-sexies D.l. n. 179/2012 (articolo inserito dall'art. 52, co. 1, lett. b), D.l. n. 90/2014).
Infatti come da giurisprudenza ormai consolidata (Cass., sez. III, 11 luglio 2017, n. 17048; conformi, Cass., sez. VI-ter, 14 dicembre 2017, n. 30139; Cass., sez. III, 31 maggio 2018, n. 13775; Cass., sez. III, 8 giugno 2018, n. 14914; Cass., sez. I, 18 gennaio 2019, n. 1411; Cass., sez. VI-bis, 23 maggio 2019, n. 14140) - ed invero come risulta già dall'inequivoca formulazione letterale della norma - non è neppure necessaria l'indicazione dell'indirizzo PEC all'interno degli scritti difensivi al fine di precludere l'esecuzione delle notificazioni presso la Cancelleria dell'Ufficio Giudiziario.
In base al nuovo regime del domicilio digitale (art. 125 c.p.c. come modificato dall'art. 45-bis co. 1 D.l. n. 90/2014) non sussiste, infatti, l'obbligo per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC comunicato al proprio Ordine perché già risultante dal Re.G.Ind.E. in virtù della trasmissione effettuata dall'Ordine stesso su comunicazione effettuata dall'avvocato. Secondo Cassazione civile, sentenza n. 33806/2021, ne consegue, quindi, che la notificazione della sentenza deve ritenersi regolare e validamente effettuata all'indirizzo PEC (nella fattispecie, di uno dei tre difensori di fiducia), quale risultante dal Re.G.Ind.E., indipendentemente dalla sua indicazione in atti, ai sensi dell'art. 16-sexies del D.l. n. 179/2012, non potendosi configurare un diritto a ricevere le notificazioni esclusivamente presso il domiciliatario indicato.
L'unica ipotesi in cui può ritenersi idonea la notificazione presso la Cancelleria ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione è quella in cui la notificazione presso l'indirizzo PEC “non sia possibile per causa imputabile al destinatario”. Sul punto si segnala la recente della Suprema Corte (n. 26810/2022, 2 settembre 2022), che riguarda il caso della notificazione a due procuratori domiciliati extra districtum, la quale notificazione a mezzo PEC aveva generato due avvisi di mancata consegna, nei confronti di un difensore in quanto la casella risultava “piena” e nei confronti di un altro difensore in quanto "presso il gestore ricevente si era verificato un errore tecnico che impediva la consegna".
Per quanto rileva in questa sede a fronte del mancato perfezionamento della notifica a causa del riempimento della casella PEC, e dunque per una ragione addebitabile al destinatario per inadeguata gestione dello spazio di archiviazione necessario alla ricezione dei messaggi, il difensore aveva proceduto alla notificazione della sentenza d'appello mediante deposito dell'atto presso la cancelleria della Corte di appello presso la quale pendeva la lite, in questo caso ritenuta idonea alla decorrenza del termine breve ex art. 325 c.p.c.
Tornando alla sentenza in commento, merita altresì piena condivisione il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte secondo cui – come già evidenziato dalla sentenza n. 30139/2017 – ai fini dell'identificazione della disciplina applicabile alla notificazione non rileva l'epoca di introduzione del giudizio, bensì -secondo il principio del tempus regit actum- solo il momento del compimento del singolo atto in discussione. Pertanto essendo stata eseguita la notificazione in data 23 febbraio 2018, e quindi in epoca certamente successiva all'entrata in vigore dall'art. 16-sexies cit. (articolo inserito dall'art. 52, co. 1, lett. b), D.l. n. 90/2014), era a tale disciplina che il Giudice di Appello avrebbe dovuto far riferimento. |