Socio lavoratore e lavoro autonomo
29 Novembre 2022
Che rilievo può essere attribuito al contratto di lavoro sottoscritto dai soci di una società cooperativa che espressamente esclude il vincolo di subordinazione e demanda alla libera organizzazione dei soci l'esecuzione della prestazione lavorativa?
Ai fini dell'accertamento della subordinazione la giurisprudenza ha reputato imprescindibile l'indagine sull'effettivo atteggiarsi del rapporto, senza potersi arrestare al nomen iuris attribuito dalle parti.
Ne consegue l'indisponibilità del tipo negoziale da parte dei contraenti, in quanto canone primario d'interpretazione è rinvenuto nel comportamento complessivo dalle stesse tenuto anche successivamente alla conclusione del contratto. La qualificazione convenzionale di un rapporto di lavoro come autonomo, dunque, pur non potendo essere pretermessa, non ha valenza dirimente e non dispensa dalla verifica circa le concrete modalità attuative del rapporto.
Il fatto che il rapporto di lavoro si affianchi a quello associativo, a sua volta contraddistinto dalla partecipazione al rischio d'impresa, non esclude che, all'interno dell'organizzazione societaria, si possano rinvenire i connotati propri della subordinazione (art. 1, co. 3, L. n. 142/2001). Con riferimento alla “libera organizzazione dei soci”, si rammenta che il discrimen tra il rapporto di lavoro autonomo e quello subordinato non può essere sempre tracciato alla luce di criteri univoci, come l'esercizio di potere direttivo e disciplinare da parte del datore, sicché se l'esercizio di tale potere è sicuro indice di subordinazione, la sua assenza non denota, sic et simpliciter, la natura autonoma del rapporto.
Occorre fare ricorso a criteri distintivi sussidiari come – nel caso di specie – la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, desunto anche dall'eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro, dovendosi comunque valutare la fattispecie nel suo complesso e non atomisticamente. |