La responsabilità degli amministratori non esecutivi e il concorso nella bancarotta fraudolenta

Antonio Franchi
30 Novembre 2022

La Cassazione Penale offre una panoramica sui presupposti per la responsabilità verso l'ente degli amministratori privi di deleghe, nelle società di capitali, e sui comportamenti richiesti ai fini dell'integrazione del concorso nel reato di bancarotta fraudolenta.
Massima

Poiché la responsabilità dell'amministratore senza deleghe, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta degli altri componenti del collegio di amministrazione, non può fondarsi sulla sola posizione di garanzia e discendere, tout court, dal mancato esercizio dei relativi doveri di intervento, postulando, invece, l'esistenza di puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, dimostrativi di un'omissione esorbitante dalla dimensione meramente colposa ed espressiva, piuttosto, di una volontaria partecipazione alle condotte illecite degli amministratori con delega, nella forma del dolo eventuale, anche il rilievo dell'esistenza di segnali di allarme esige una loro considerazione contestualizzata: ad esempio, non può non essere accompagnato dall'accertamento dell'elaborazione che degli stessi sia stata fatta dal consigliere non operativo, ben essendo possibile che questi li abbia sottovalutati o non adeguatamente percepiti, tanto indirizzando, se del caso, verso un suo comportamento colposo e non certo doloso.

In definitiva, dei segnali di allarme della situazione di squilibrio finanziario e patrimoniale della società occorre effettuare una valutazione alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, tale da rendere affidabilmente dimostrato il moto interiore dell'amministratore senza delega, nel senso che egli si sia "rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi", secondo quanto statuito dal diritto vivente con la sentenza Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014.

Il caso

Un ex consigliere non esecutivo di un consorzio dichiarato fallito, riconosciuto responsabile dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta da reato societario e bancarotta semplice da aggravamento del dissesto, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello confermativa, in parte qua, della sentenza di condanna pronunciata dal GUP del Tribunale.

Con uno dei tre motivi del ricorso per cassazione il ricorrente sottolinea che avrebbe dovuto essere meglio argomentata la tesi a sostegno della concreta conoscenza da parte dell'amministratore senza delega dei segnali di allarme circa l'esistenza di condotte gestionali idonee a porre in pericolo la garanzia patrimoniale dei creditori dell'ente, suscettibili di sollecitare il suo intervento in funzione di controllo; eccependo che sarebbe stato necessario, onde evitare la deriva nell'ambito della colpa cosciente, esaminare se il comportamento inerte dallo stesso tenuto fosse espressione della sua adesione consapevole e volontaria all'altrui agire illecito.

Le questioni giuridiche

La responsabilità verso la società degli amministratori non esecutivi di società di capitali

L'articolo 2392, comma 2 c.c., nel testo precedente alla riforma del 2003, prevedeva che “gli amministratori sono solidalmente responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”.

Tale norma, dunque, poneva a carico degli amministratori l'obbligo di attivarsi allo scopo di esercitare un controllo effettivo sull'operato degli altri, senza che l'affidamento di specifici compiti ad alcuni amministratori escludesse la responsabilità dei deleganti; con la conseguenza che il consigliere chiamato a rispondere come coobbligato per omissione di vigilanza non poteva sottrarsi alla responsabilità adducendo che le operazioni illegittime fossero state compiute autonomamente da un altro soggetto.

L'articolo 2392, comma 2 c.c. vigente, invece, non prevede più un generale obbligo di vigilanza a carico del singolo amministratore, stabilendo che “in ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”

Pertanto, con la riforma, mediante il richiamo dell'articolo 2381 - in luogo dell'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione - sono stati previsti specifici obblighi di valutazione circa l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, sulla base delle informazioni ricevute; di esame di piani strategici, industriali e finanziari della società, quando elaborati; di valutazione del generale andamento della gestione, sulla base della relazione degli organi delegati (si veda l'articolo 2381, comma 3 c.c.).

Né, poi, può tacersi del generale dovere di tutti gli amministratori di “agire in modo informato” (ossia di acquisire autonomamente informazioni relative alla gestione della società), inserito con la riforma nel sesto comma dello stesso articolo 2381 c.c., al quale deve necessariamente intendersi esteso il rinvio disposto dall'articolo 2392 c.c.

Dunque, nel sistema attuale, la responsabilità verso la società degli amministratori privi di deleghe non può discendere da una generica condotta di omessa vigilanza, così da trasformarsi in una sostanziale responsabilità oggettiva. Viceversa, gli amministratori non esecutivi rispondono delle conseguenze dannose della condotta degli amministratori esecutivi “soltanto qualora siano a conoscenza di necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento, ovvero abbiano omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati” (si veda Cass. Civ., 31 agosto 2016, n. 17441, in Giur. It., 2017, 386 ss.; Cass. Civ. 18 aprile 2018, n. 9546 in questo portale; App. Milano 10 giugno 2019, n. 2513, in www.leggiditalia.it; Trib. Milano, 31 ottobre 2016, in Società, 2017, 7, 881; G. Terranova, La responsabilità degli amministratori di s.p.a. nei confronti della società (art. 2392 c.c.), in La responsabilità degli amministratori nelle società di capitali, a cura di C. Marchetti, Torino, 2015, 18 ss.; F. Bonelli, Presidente del consiglio di amministrazione di S.p.A.: poteri e responsabilità, in Giur. Comm., 2013, II, 215 ss.).

In altri termini, gli amministratori non esecutivi rispondono verso la società delle conseguenze dannose dei fatti pregiudizievoli compiuti dagli amministratori delegati qualora siano rimasti inerti dopo aver acquisito conoscenza, sulla base della relazione degli organi delegati, di fatti che avrebbero richiesto il loro intervento, ovvero non si siano attivati per ottenere le informazioni necessarie ad agire informati laddove sussistessero elementi di allerta che richiedessero un supplemento di informazione; sicché la facoltà di chiedere agli organi delegati che siano fornite informazioni relativamente alla gestione della società viene a costituire un obbligo positivo di condotta degli amministratori non esecutivi in presenza di specifici indicatori che impongano agli amministratori di acquisire ulteriori informazioni, in applicazione dei criteri di diligenza richiesti dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Dunque, nel caso in cui emergano circostanze pregiudizievoli, non è sufficiente il solo adempimento dell'obbligo di “agire in modo informato” mediante l'acquisizione di informazioni, ma occorre che gli amministratori (non esecutivi) si attivino per scongiurare l'insorgere del danno (si veda Cass. Civ. 19 maggio 2022, n. 16275 in www.leggiditalia.it; Cass. Civ. 18 settembre 2020, n. 19556 in www.leggiditalia.it; Cass. Civ. 18 aprile 2018, n. 9546, cit.; Cass. Civ., 31 agosto 2016, n. 17441, cit.; Cass Civ., 9 novembre 2015, n. 22848, in Giur. comm., 2017, 3, II, 546; App. Milano 10 giugno 2019, n. 2513, cit.; O. Cagnasso e F. Riganti, Responsabilità degli amministratori deleganti – l'obbligo di agire in modo informato a carico degli amministratori deleganti, in Giur. It., 2017, 2, 386; P. Montalenti e F. Riganti, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, in Giur. comm., 2017, 5, 775; P. Piazza, La Cassazione torna sulla responsabilità degli amministratori senza deleghe: problemi risolti e questioni ancora aperte, in Giur. Comm., 2017, 5, 842).

Il comportamento richiesto ai fini dell'integrazione del concorso nel reato di bancarotta fraudolenta

La sentenza in commento richiama i principi generali sopra riportati (anche rinviando espressamente alla sentenza Cass. Civ. 31 agosto 2016, n. 17441 sopra citata) relativamente alla responsabilità verso la società degli amministratori privi di deleghe, specificando quali siano i requisiti necessari ai fini dell'integrazione del concorso nel reato di bancarotta fraudolenta.

A questo riguardo, la Suprema Corte, condividendo l'esigenza di evitare condanne basate su una responsabilità di posizione, ha sottolineato che debba essere verificata l'effettiva conoscenza da parte dell'amministratore non esecutivo di eventi pregiudizievoli per la società e la sua volontaria inerzia nell'attivarsi per scongiurare tali eventi, segnale questo di un sostanziale avallo delle condotte illecite degli amministratori delegati e della volontaria adesione agli eventi pregiudizievoli.

La Suprema Corte ha, dunque, specificato quali siano gli indicatori fattuali che dimostrino (i) la conoscenza da parte dell'amministratore non esecutivo dell'esistenza di dati eventi e (ii) l'adesione psicologica ad essi.

Tali indicatori sono stati esemplificativamente individuati in “("a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell'agente; c) la durata e la ripetizione dell'azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell'evento; g) le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento)”.

Nella sentenza è altresì richiamata la decisione della Suprema Corte, Sezioni Unite Penali n. 38343 del 24 aprile 2014, nella quale è svolta una interessante analisi sul dolo e, in particolare, sulla differenza tra la colpa cosciente e il dolo eventuale; elemento quest'ultimo ritenuto necessario e sufficiente, nella valutazione del comportamento tenuto dall'amministratore non esecutivo, ai fini dell'integrazione della figura del concorso nel reato di bancarotta fraudolenta.

Osservazioni

La sentenza in esame chiarisce che gli amministratori non esecutivi di società di capitali incorrono nell'ipotesi di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta qualora rimangano volontariamente inerti dopo essere venuti a conoscenza in concreto di fatti pregiudizievoli per la società; sottolineando che, ai fini dell'integrazione della fattispecie di reato anzidetta, risulta sufficiente e necessaria la sussistenza del dolo eventuale, consistente nell'atteggiamento di chi agisce accettando il rischio della verificazione dell'evento.

Conclusioni

Alla luce di quanto sopra riportato, merita osservare che la Corte di Cassazione - nel ritenere che per l'integrazione del concorso nel reato di bancarotta fraudolenta in capo all'amministratore non esecutivo l'omesso intervento di quest'ultimo debba aver avuto una effettiva incidenza di contributo causale nella commissione del reato da parte dei consiglieri delegati - ha parallelamente indicato quali siano i parametri di riferimento ai fini dell'accertamento giudiziario, così da scongiurare la punibilità di comportamenti caratterizzati da colpa, anche eventualmente cosciente. Ciò che deve ritenersi corrispondere sul piano dell'indagine civilistica al rifiuto della tendenza al riconoscimento di ipotesi di responsabilità oggettiva dell'amministratore non esecutivo, così come peraltro espressamente indicato dagli stessi Giudici di legittimità nella sentenza oggetto del presente commento.

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