Riconoscimento di sentenza extra UE: la parola alle Sezioni Unite

Redazione scientifica
01 Dicembre 2022

In un giudizio riguardante il riconoscimento in Italia di una sentenza straniera, emessa in uno Stato non appartenente all'Unione Europea, la prima sezione civile della Corte ha rimesso alle Sezioni Unite una questione di carattere processuale.

In particolare, il giudice nomofilattico dovrà valutare «se nell'ambito di un giudizio di riconoscimento in Italia dell'efficacia di una sentenza straniera, la parte ivi convenuta, che si sia ritualmente costituitanel giudizio svoltosi dinanzi al giudice a quo senza sollevare, in quella sede, alcuna eccezione circa la carenza della “competenza giurisdizionale” di quest'ultimo, possa ancora formulare una siffatta eccezione innanzi al giudice della invocata delibazione, oppure se la stessa possa essere sollevata di ufficio da quest'ultimo».

In motivazione, i giudici rimettenti richiamano l'ordinanza della Corte d'appello di Bologna contro cui era stato proposto ricorso per cassazione, che aveva fatto proprio il decisum di Cass. n. 21946/2015 secondo cui «In tema di riconoscimento di sentenze straniere, il difetto di "competenza giurisdizionale", secondo i principi propri dell'ordinamento italiano, non può essere invocato, per la prima volta, davanti al giudice italiano se il vizio, ove tempestivamente dedotto avanti al giudice straniero, ne avrebbe inficiato il giudizio».

Seguendo tale impostazione, la Corte territoriale aveva ritenuto immutata la possibilità di dedurre il vizio, per la prima volta, in sede di delibazione, in forza di un ragionamento tipicamente controfattuale: più in concreto, secondo quella corte, ove il convenuto, difendendosi innanzi al tribunale straniero, ne avesse eccepito anche il suo difetto di giurisdizione invocando l'art. 8 del Reg. CE 2201/2003, quest'ultimo avrebbe senz'altro rigettato l'eccezione perché (evidentemente in quanto Paese extra Ue, non tenuto, come tale, all'osservanza del diritto unionale) non tenuto ad applicare il menzionato Regolamento.

Ad avviso dei giudici rimettenti, un siffatto ragionamento - come opinato pure da autorevole dottrina - sembra avvalorare un esercizio piuttosto disinvolto dei poteri cognitivi del giudice ad quem. In realtà, un'eccezione o è proponibile o non lo è, a prescindere dall'esito ipotetico e futuro della stessa; opinare diversamente vorrebbe dire, invertendo l'ordine logico giuridico dei fattori, che il momento della valutazione di un'eccezione precede quello della sua proponibilità e ciò sarebbe contraddittorio, ma anche irragionevole e contrario, in ultima analisi, ai principi di economia processuale e ragionevole durata del processo.

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