Responsabilità degli hosting provider e rimozione delle recensioni false

09 Dicembre 2022

Il Tribunale di Genova, approfondendo la responsabilità degli hosting provider, accoglie il ricorso di un ristorante che ha ricevuto delle false recensioni e condanna Google al pagamento delle spese processuali.

La vicenda. Un ristorante di Genova si accorgeva di essere oggetto da aprile 2022 di ripetute e diffamatorie recensioni pubblicate da ignoti su un motore di ricerca. Le recensioni contenevano riferimenti a prodotti non commercializzati dal ristorante e descrittive di località diverse da quelle dove è ubicato il locale.Le sopra citate false recensioni hanno prodotto un grave pregiudizio economico poiché hanno determinato un notevole calo del punteggio attribuito dal motore di ricerca al proprio locale.

Il ristorante presentava ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. Il Giudice emetteva il 6 giugno 2022 un decreto inaudita altera parte con cui ordinava al motore di ricercadi rendere inaccessibili le recensioni denunciate come false e di ripristinare il punteggio assegnato al ristorante antecedentemente alla pubblicazione di tali commenti.

Il motore di ricerca provvedeva alla rimozione delle false recensioni, si costituiva ed eccepiva in via preliminare la carenza di interesse di agire del ristorante per cessazione del contendere.

All'udienza il ristorante eccepiva la nullità e/o inesistenza della procura rilasciata dal motore di ricerca. Il Giudice ha dichiarato cessata la materia del contendere e ha condannato Google al pagamento delle spese processuali a favore di parte ricorrente, liquidate in Euro 6.700 per oneri di difesa, oltre rimborso forfettario e accessori di legge.

Responsabilità dell'hosting. Il provvedimento del Tribunale è di interesse perché approfondisce la responsabilità dell'hosting. Il giudice richiama sul punto l'orientamento prevalente recente della Cassazione (Cass. civ. n. 7708/2019; Cass. civ., n. 25070/2021).
Secondo i giudici, la responsabilità derivante dallo svolgimento di attività di hosting sussiste in capo al prestatore di servizi di rete che non abbia provveduto all'immediata rimozione dei contenuti illeciti, qualora ricorrano, congiuntamente:

  • la conoscenza legale dell'illecito perpetrato dal destinatario del servizio;
  • la ragionevole possibilità di constatarlo, alla stregua del grado di diligenza richiesto ad un operatore professionale della rete;
  • la possibilità di attivarsi utilmente ai fini della rimozione.

Il giudice ha approfondito il sopra citato profilo della conoscenza legale dell'illecito perpetrato dal destinatario del servizio da parte del motore di ricerca, conoscenza che è provata dalla segnalazione delle recensioni false e diffamatorie tramite diffida e querela inviata al motore di ricerca e dall'omessa cancellazione dei contenuti. Secondo il giudice, il motore di ricerca usando l'ordinaria diligenza, avrebbe potuto facilmente riconoscere la falsità delle recensioni e avrebbe potuto provvedere quindi autonomamente alla loro eliminazione.

Secondo il giudice sarebbe stato facile per esso constatare come le false recensioni facessero riferimento alla collocazione del ristorante in una città diversa (Roma) da quella in cui è ubicata la sede (Genova). Il motore di ricerca avrebbe potuto agevolmente cancellare le false recensioni. Secondo la pronuncia il contegno del provider – laddove ha omesso di rimuovere dette recensioni a fronte della richiesta stragiudiziale della ricorrente – si appalesa illegittima e potenzialmente foriera di danni risarcibili. Le spese seguono la soccombenza virtuale della resistente, (valore della controversia indeterminabile, complessità media).

Osservazioni e precedenti giurisprudenziali. Il caso in esame è di interesse in quanto le false recensioni online costituiscono un fenomeno molto frequente che colpisce molti settori come la ristorazione ed il turismo e ha un forte impatto sull'economia.
Di fronte a questi fenomeni le imprese devono rivolgersi a legali di esperienza per richiederne la rimozione alla piattaforma online e per individuare gli strumenti di tutela più adatti: dalla denuncia- querela contro ignoti per diffamazione aggravata alla polizia postale per ottenere l'IP di connessione ad Internet, al processo penale e alla relativa costituzione di parte civile, alla diffida all'attivazione di un procedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., all'attivazione del procedimento di mediazione e alla richiesta di risarcimento dei danni all'immagine. Sulla richiesta di risarcimento abbiamo già alcuni diversi precedenti in Francia e negli ultimi anni anche nel nostro paese (Tribunale Catania, Sez. spec. in materia di imprese, Sent., 24 aprile 2020, n. 1415).

I casi analizzati dai sopra citati Tribunali confermano quanto sia difficile trovare il giusto equilibrio tra il diritto di esprimere il proprio pensiero e il dovere di rispettare la dignità delle persone.
Come indicato dal Tribunale di Roma con l'ordinanza 21 settembre 2020, il limite da rispettare nelle espressioni on line negative consiste «nell'evitare l'invettiva gratuita, la consapevole rappresentazione di circostanze falsate, l'uso di toni o termini apertamente e inutilmente lesivi della dignità altrui». Sarà interessante seguire nei prossimi mesi l'impatto del Digital Service Act su tale materia: il nuovo pacchetto normativo è, infatti, finalizzato a garantire un ambiente online sicuro, prevedibile e affidabile e si pone una pietra miliare per la sovranità digitale dell'Unione Europea.

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.