Le differenze sistemiche e processuali fra l'esenzione da revocatoria del d.l. n. 80/2008 e l'esenzione da revocatoria ex art. 67, c. 3, lett. a, l. fall.

Vincenzo Battiloro
09 Dicembre 2022

L'impugnazione di legittimità promossa dall'Amministrazione straordinaria di Alitalia sollecita la Suprema Corte su un tema non nuovo, e non sempre univocamente risolto, nel panorama giurisprudenziale e dottrinale, in materia di revocatoria fallimentare.
Massima

La causa di esenzione dall'azione revocatoria disciplinata – quanto ad oggetto e a perimetro temporale – dall'art. 1, comma 3, D.L. n. 80/2008, ed espressamente equiparata sotto il profilo effettuale alla previsione di cui all'art. 67, comma 3, lett. d, l. fall., è strumentale a garantire la continuità aziendale del vettore Alitalia-Linee Aeree Italiane S.p.A. per il periodo di vigore del prestito-ponte (cfr. art. 1, comma 2, D.L. n. 80/2008). Detta (speciale) esenzione, che ha natura “temporanea” e “ad personam, prescinde dalla esistenza di un piano di risanamento cui si riferisce la disposizione fallimentare richiamata, ed essendo oggetto di una valutazione legislativa compiuta a monte non richiede un sindacato giudiziale circa la concreta funzionalizzazione alla detta continuità dei pagamenti effettuati.

Ne deriva che l'eccezione che processualmente la veicola (da intendersi in senso lato) è rilevabile d'ufficio. Per contro, la (generale) esenzione da revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. a, l. fall., richiedendo, stante il riferimento normativo ai “termini d'uso” nell'esercizio dell'attività di impresa, un'allegazione fattuale (e una corrispondente prova) ad opera di chi è interessato ad avvalersene per paralizzare l'avversa pretesa creditoria, configura un'eccezione (in senso stretto) conoscibile solo su impulso di parte, soggiacendo, come tale, alle decadenze (e alle collegate preclusioni) regolamentate per le parti del giudizio civile dal corrispondente sistema normativo processuale, a seconda del tipo di rito applicabile.

Il caso

L'Amministrazione straordinaria di Alitalia agiva in revocatoria ai sensi e per gli effetti dell'art. 67, comma 2, l. fall. innanzi al Tribunale capitolino al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia nei confronti del ceto creditorio concorrente, e la conseguente condanna alla restituzione, di una serie di pagamenti eseguiti nei sei mesi precedenti all'accesso del vettore aereo alla speciale procedura concorsuale. Nella contumacia di parte convenuta, l'azione in questione veniva integralmente respinta alla luce dei seguenti accertamenti processuali.

Taluni versamenti erano stati eseguiti da Alitalia in bonis posteriormente al 24 agosto 2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 80/2008, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2008, n. 111), e per questi il Tribunale fondava il rigetto delle domande attoree applicando d'ufficio il comma 3, art. 1 del D.L. n. 80/2008; altri pagamenti, invece, posti in essere anteriormente alla suddetta data, venivano ritenuti dall'Organo decidente esenti da revocatoria riconducendo la fattispecie concreta nell'alveo dell'art. 67, comma 3, lett. a, l. fall., il quale veniva applicato anche in questo caso in assenza di specifica deduzione in merito sollevata dalla parte convenuta, rimasta, come detto, contumace.

Il giudizio di gravame di merito, nel quale, questa volta, l'accipiens si costituiva, vedeva parimenti soccombente l'Amministrazione straordinaria, avendo la Corte territoriale aderito al decisum di primo grado con riguardo – per quel che qui rileva –, per un verso, alla statuizione di rilevabilità (anche) ex officio della esenzione da revocatoria dei pagamenti compiuti ai sensi del citato comma 3, art. 1 D.L. n. 80/2008; per altro verso, alla eguale configurazione in termini di eccezione in senso lato anche della questione sulla esenzione da revocatoria di cui all'art. 67, comma 3, lett. a, l. fall., con la consequenziale sua rilevabilità d'ufficio.

La società in amministrazione straordinaria ricorreva per cassazione sulla scorta di tre motivi, dei quali il primo e il secondo con una duplice articolazione.

La Suprema Corte:

i) accoglieva il primo motivo (primo e primo-bis) nella sola parte in cui il Giudice di appello aveva ritenuto rilevabile d'ufficio pure l'eccezione di esenzione da revocatoria di cui all'art. 67, comma 3, lett. a, l. fall., formulando, ai sensi dell'art. 384, comma 1, seconda parte, c.p.c. i due principi di diritto riassunti nella superiore massima;

ii) accoglieva il secondo motivo (secondo e secondo-bis) alla stregua delle medesime argomentazioni spese nella disamina del primo motivo;

iii) dichiarava assorbito il terzo. Per l'effetto la impugnata sentenza di secondo grado veniva cassata ex art. 384, comma 2, c.p.c. con rinvio della controversia alla competente Corte d'appello, in diversa composizione, per un nuovo esame della stessa e per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

La questione

L'impugnazione di legittimità, affidata a tre articolati motivi, promossa dall'Amministrazione straordinaria di Alitalia quale conseguenza dell'excursus processuale sopra descritto, sollecita la sezione prima civile della Suprema Corte a scrutinare un tema non nuovo, e non sempre univocamente risolto, nel panorama giurisprudenziale e dottrinale, in materia di revocatoria fallimentare: stabilire se le esenzioni da quest'ultimo tipo di revocatoria (si ricorda che la maggioranza delle pronunce e dei commentatori escludono l'applicazione del catalogo normativo di esenzioni in parola alla revocatoria ordinaria, oltre che alle azioni di mera inefficacia) costituiscano oggetto di un'eccezione in senso stretto sollevabile esclusivamente dall'accipiens convenuto in giudizio (su cui graverebbero, dunque, gli inerenti oneri di allegazione e di prova circa gli specifici – e diversificati a seconda della specifica esenzione giudizialmente attivata – presupposti costitutivi), oppure di un'eccezione in senso lato, a cagione di ciò non necessitante dell'impulso difensivo della parte, ma conoscibile ex officio dall'Organo decidente, con il corollario ulteriore dell'assenza di decadenze (e preclusioni) a carico del contendente interessato ad avvalersene.

Più precisamente, lo spettro oggetto di esame giudiziale abbraccia sia l'esenzione ex art. 67, comma 3, lett. a, l. fall., sia l'esenzione prevista (al di fuori della generale normativa di diritto fallimentare) dall'art. 1, comma 3, D.L. n. 80/2008, giungendo, rispetto all'impostazione del quesito giuridico prima descritto, per l'una e per l'altra esenzione ad esiti diametralmente opposti nei termini che seguono.

Le soluzioni giuridiche

Nel dare soluzione al quesito giuridico suscitato dal ricorso interposto dall'appellante soccombente, i Giudici di legittimità esordiscono prendendo atto, sulla falsariga del dictum di Cass. 28 settembre 2021, n. 26244, che nel sistema attuale (lo stesso può continuarsi a dire a seguito della recente entrata in vigore delle disposizioni del Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza di cui al D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14; cfr. l'art. 166, comma 3, nell'ambito della Sezione IV dedicata agli “Effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli ai creditori”, del Capo I intitolato “Imprenditori individuali e società”, del Titolo V sulla “Liquidazione giudiziale”) le ipotesi di esenzione da revocatoria fallimentare dei pagamenti e dei negozi posti in essere nel c.d. periodo sospetto, nonostante l'espansione della loro gamma determinato dalla novella del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito in L. 14 maggio 2005, n. 80), si configurano quali vere e proprie “eccezioni” rispetto al “principio” rappresentato dalla loro revocabilità.

La sussistenza del rapporto fra “regola” ed “eccezione” quale criterio informatore (anche) del vigente quadro normativo in materia di revocatoria dei pagamenti, introduce il tema, poi sviluppato, della funzione e delle caratteristiche – correlate all'esplicazione dell'attività difensiva delle parti – delle eccezioni nel quadro del diritto processuale civile, con la susseguente distinzione a monte – in ragione della latitudine della detta attività posta in essere (e delle decadenze processuali correlate) – tra mera difesa, da un lato, ed eccezioni in senso lato (o rilevabili d'ufficio) ed eccezioni in senso stretto (sollevabili solo dalla parte), dall'altro. Diversificazione quest'ultima, in particolare, che trova il suo addentellato normativo nella seconda parte dell'art. 112 c.p.c. a mente del quale il giudice “non può pronunciare d'ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”; e proprio tale previsione ripropone, una volta ancora, sotto altro versante, il peso del rapporto fra “principio”, qui rappresentato dal potere generale dell'organo decidente di rilevare d'ufficio le eccezioni, ed “eccezione”, quest'ultima declinata nel potere/onere della parte di sollevare le eccezioni processuali ove una espressa previsione di legge gliene riservi il relativo rilievo.

Già Cass. 5 giugno 2014, n. 12677 si era espressa in termini, affermando, nel chiaro solco di Cass., S.U., 3 febbraio 1998, n. 1099 – la quale a sua volta distingueva il potere di allegazione da quello di rilevazione, su cui si tornerà nel successivo paragrafo –, che l'ambito delle eccezioni in senso stretto, proponibili ad istanza di parte, resta circoscritto ai casi specificamente previsti dalla legge e a quelli in cui la manifestazione di volontà della parte integra la fattispecie difensiva nel caso di specie, dovendosi in ogni altro caso ritenere operante la rilevabilità d'ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito nel processo (nel criterio ermeneutico segnato da Cass., S.U., 3 febbraio 1998, n. 1099, cit. si collocano anche le ulteriori pronunce emesse a Sezioni Unite: Cass., S.U., 16 febbraio 2016, n. 2951; Cass., S.U., 7 maggio 2013, n. 10531; Cass., S.U., 20 febbraio 2013, n. 4213; Cass., S.U., 27 luglio 2005, n. 15661; Cass., S.U., 25 maggio 2001, n. 226).

La persistente disamina di natura processualcivilistica condotta dalla Suprema Corte trova la sua ratio nella riconduzione delle esenzioni da revocatoria fallimentare, su cui si focalizza la sentenza commentata, nella macro-categoria delle “eccezioni” e non anche in quella delle “mere difese”; donde l'appendice dell'ulteriore questione – decisiva ai fini dell'accoglimento o meno delle doglianze del ricorrente – di stabilire, sulla base della sopra illustrata ripartizione tutta interna al perimetro delle eccezioni, se le esenzioni oggetto delle disposizioni considerate nei motivi di ricorso (l'art. 1, comma 3, D.L. n. 80/2008 e l'art. 67, comma 3, lett. a, l. fall.) siano riconducibili alle eccezioni in senso stretto o a quelle in senso lato.

Un indicatore che anticipa il tenore della risposta fornita dal Giudice di legittimità al quesito, con specifico riferimento alla disposizione fallimentare contenuta nella legge speciale, può cogliersi in un passaggio della pronuncia in commento ove viene dichiarato, in adesione ai canoni esegetici sul tema consolidati nelle pronunce a sezioni unite della Cassazione prima richiamate, che “il criterio del prevalente interesse della parte a far valere l'eccezione non può più essere considerato sufficiente a trasferire dal regime normale della rilevabilità di ufficio, a quello eccezionale della rilevabilità a cura di parte, il rilievo di un fatto risultante ex actis che dalla fonte normativa sia posto come ostacolo all'accoglimento della domanda”. E ciò in quanto, prosegue la Corte Suprema nelle sue riflessioni – spingendosi a richiamare esigenze di attuazione di giustizia sostanziale – “all'esistenza del fatto impeditivo, modificativo, estintivo, nella misura in cui fa venire meno o paralizza gli effetti del fatto costitutivo, non può fare da schermo il principio dispositivo, giacché se la sua esistenza non fosse rilevata si avrebbe una decisione sostanzialmente ingiusta”.

Queste ultime considerazioni aprono la strada alla ricomprensione della esenzione disciplinata dal D.L. n. 80 del 2008, art. 1, comma 3, nell'ambito delle eccezioni in senso ampio, come tali rilevabili di ufficio dal giudice, configurandosi detta ipotesi – come anticipato nella massima che precede – quale esenzione “temporanea” e “ad personam”, che prescinde dalla esistenza di un piano di risanamento richiesto dalla norma dell'art. 67, comma 3, lett. d, (peraltro espressamente) citata dalla disposizione di legge speciale.

Il punto di snodo di questa configurazione della eccezione per l'esenzione in parola viene rinvenuta dal Supremo Consesso, in puntuale aderenza al decisum di Cass. 24 maggio 2022, n. 16773 (il cui testo viene ampiamente richiamato nella decisione commentata al § 2.5.3, essendo le relative considerazioni ritenute, in apertura del detto paragrafo, “illuminanti”), nella valutazione a priori compiuta dal legislatore, il quale ha previsto un ombrello protettivo per qualunque pagamento eseguito dal vettore aereo interessato dalla procedura concorsuale, funzionale a garantire la sua continuità aziendale fino al termine del rimborso del prestito ponte, e ciò “"come se" Alitalia fosse stata soggetta a un piano di risanamento, anche se tale piano non esiste” (così la menzionata Cass. 24 maggio 2022, n. 16773), attesa la piena equiparazione, ope legis, sotto il piano effettuale (determinante, per l'appunto, l'applicazione dell'esenzione da revocatoria fallimentare) dei predetti pagamenti a quelli compiuti in attuazione di un ordinario piano attestato di risanamento ai sensi e per gli effetti dell'art. 67, comma 3, lett. d.

L'impostazione argomentativa de qua conduce ad un doppio corollario: i) da un lato, alla preclusione per il giudice del merito del potere di sindacare la concreta idoneità dell'atto o del pagamento compiuto da Alitalia, nel periodo legalmente stabilito di protezione da azioni revocatorie, a realizzare il menzionato fine della continuità aziendale; ii) dall'altro, a fondare il potere del giudice della cognizione di applicare d'ufficio, anche in assenza di uno specifico rilievo sollevato dall'accipiens convenuto in revocatoria, l'esenzione in discorso, rappresentando quest'ultima un ""effetto automatico di una previsione di legge", inerendo "alla sussistenza degli stessi elementi costitutivi del diritto azionato", non trattandosi, quindi, "di un'allegazione rientrante nella disponibilità esclusiva della parte, collegata ad una manifestazione di volontà della stessa". Per queste ragioni il Giudice di legittimità ritiene non censurabile sia la pronuncia dell'Organo decidente di primo grado che aveva applicato d'ufficio l'esenzione da revocatoria di carattere speciale (per i pagamenti successivi alla data di entrata in vigore della normativa sul prestito ponte) pur in assenza di rilievo ad opera di parte convenuta (rimasta contumace), sia l'operato del Giudice del gravame che aveva respinto il corrispondente motivo di appello proposto dal vettore aereo in amministrazione straordinaria.

La successiva indagine sull'esenzione da revocatoria generale di cui all'art. 67, comma 3, lett. a, l. fall. – anch'essa, come anticipato, applicata ex officio dal primo Giudice (per ciò che concerne i pagamenti anteriori alla data di entrata in vigore della menzionata legge speciale) – conduce, invece, i Giudici di legittimità ad un vaglio processuale diametralmente opposto.

In particolare, l'esito valutativo, a valle, sulla natura dell'eccezione che pertiene a tale esenzione è preceduta, a monte, da un'articolata disamina sulla portata della disposizione normativa fallimentare target. Forte delle “puntuali argomentazioni” (così l'esordio del § 2.6.1 della pronuncia qui annotata) svolte in merito dalla precedente Cass. 7 dicembre 2020, n. 27939, la Corte Suprema ripercorre le interpretazioni possibili dell'espressione “termini d'uso” utilizzata nella citata lett. a, individuando “quella più esatta” (in ossequio a quanto disposto dall'art. 65, rubricato “Attribuzioni della Corte Suprema di Cassazione”, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 contenente le norme sull'Ordinamento giudiziario) – anche in virtù della correlazione instaurata a contrario con la previsione dell'art. 67, comma 1, n. 2, l. fall. – nella prassi instauratasi fra le parti del vincolo negoziale anteriormente al pagamento sospetto (che sia, cioè, non conforme alle stipulate clausole negoziali), che abbia i caratteri oggettivi della ripetizione e della stabilità, tale da comportare l'instaurarsi di una regola nuova inter partes derogatoria delle previsioni contrattuali. Tracimano, dunque, il confine applicativo della disposizione fallimentare così interpretata i pagamenti eseguiti in ritardo rispetto ai tempi contrattualmente stabiliti che risultino eziologicamente collegati a episodici momenti patologici della vita dell'impresa debitrice cui corrisponda una mera isolata tolleranza del creditore.

L'ulteriore percorso logico-motivazionale dei supremi giudici sfocia nel prendere posizione sul tema della ripartizione dell'onere della prova circa l'esistenza della prassi, nei termini prima esplicitati, modificativa delle convenzioni scritte, venendo detto onere – correttamente – ritenuto gravante sull'accipiens (come già statuito dalla rammentata Cass. 7 dicembre 2020, n. 27939).

Il passaggio argomentativo finale è tracciato.

Considerato: i) che l'esenzione da revocatoria in parola riguarda solo la particolare categoria di pagamenti tipizzati dal legislatore nella disposizione fallimentare in questione; ii) che alla formula “termini d'uso” ivi prevista è stata attribuita la superiore esegesi; iii) che sarà il convenuto in revocatoria a dovere allegare e provare l'esistenza concreta della ricordata “prassi negoziale” novativa degli originari accordi nell'esercizio dell'attività di impresa; ciò considerato, a risoluzione del quesito posto i Giudici di cassazione statuiscono che l'ipotesi di esenzione ex art. 67, comma 3, lett. a, l. fall. è oggetto di una eccezione in senso stretto, come tale sollevabile solo dalla parte interessataa respingere la avversa pretesa creditoria (da restituzione), e sempre come tale soggetta alle decadenze (e preclusioni) processuali previste in ragione del rito applicabile nel caso di specie.

La Corte censura, quindi, sia la diversa conclusione fornita in merito dal Giudice d'appello (che aveva respinto il corrispondente motivo di impugnazione di Alitalia), sia il rilievo d'ufficio della eccezione in discorso operata, erroneamente, in primo grado dal Tribunale (nella contumacia di parte convenuta).

Osservazioni

La pronuncia annotata, rilevante per le nette coordinate fornite sul tema affrontato, cristallizzate nei due principi di diritto formulati (e sopra ricordati) – con evidenti ripercussioni sulle condotte processuali che, in casi analoghi a quello giunto in Cassazione (ma non solo, ove si consideri la trattazione della generale esenzione ex art. 67, comma 3, lett. a, l. fall.), le parti, che vorranno avvalersi di una delle esenzioni da revocatoria fallimentare qui considerate, dovranno assumere conformemente ai detti principi di diritto – si caratterizza per il peculiare modo di conduzione della disamina compiuta, la quale si snoda lungo due direttrici.

L'esame giudiziale di legittimità evidenzia, invero, un climax argomentativo discendente con riguardo alla progressione degli ambiti giuridici disciplinari approfonditi, passando dalla illustrazione generale degli istituti della “mera difesa” e della “eccezione”, nonché delle due diverse tipologie di “eccezioni” (di cui si è detto nel precedente paragrafo), nel diritto processuale civile, a quella specifica, e inerente al cuore del quesito giuridico analizzato, delle eccezioni aventi ad oggetto le disposizioni di natura fallimentare – contenute nel R.D. n. 267/1942 e nella legge speciale del 2008 – che escludono, alle condizioni normativamente previste, la revocabilità ai danni dell'accipiens di pagamenti e atti posti in essere dal debitore.

Seguendo, dunque, lo sviluppo del ragionamento della Suprema Corte e riprendendo l'ordine dei temi giuridici del precedente paragrafo, preliminare e necessaria è la distinzione – tanto cara agli studiosi delle norme del processo civile e ricordata in apice di argomentazione dalla pronuncia esaminata – fra “mera difesa” ed “eccezione”. Con la prima, come noto, a fronte della prospettazione attorea il convenuto si limita a contestare la sussistenza delle circostanze in fatto o in diritto dedotte dalla controparte (affermando l'inesistenza dei fatti costitutivi o della disposizione di legge fatta valere ex adverso), senza ampliare il thema decidendum a circostanze diverse da quelle avversarie; con la seconda, invece, ai sensi dell'art. 2697, comma 2, c.c. il convenuto allega (con annesso onere probatorio) circostanze che militano, a seconda dei casi, rispettivamente per l'inefficacia, la modificazione o l'estinzione del diritto azionato dalla controparte.

Nell'ambito della categoria delle eccezioni, come anticipato, l'art. 112, seconda parte, c.p.c., a sua volta fonda, alla luce di univoca giurisprudenza e dottrina, la ripartizione fra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto, laddove nelle prime il ricordato fatto impeditivo, estintivo o modificativo, richiesto dall'art. 2697 c.c., può essere rilevato anche dal giudice ove le circostanze in discorso siano state ritualmente acquisite al processo ad iniziativa di una qualsiasi delle parti e provati alla stregua della specifica disciplina processuale in concreto applicabile, mentre nelle seconde la deduzione di tali fatti è riservata alla parte. Seppure le eccezioni in senso lato potrebbero sembrare determinare – laddove consentono la loro rilevabilità ope iudicis – una distorsione del nesso esistente fra la distribuzione dell'onere della prova e la distribuzione dell'onere allegativo, è vero piuttosto che la stretta correlazione logica e concettuale, ma anche di diritto positivo (ai sensi e per gli effetti dell'art. 2697 c.c.), intercorrente fra onere della prova e onere di allegazione (consacrata dal noto brocardo latino onus probandi incumbit ei qui dicit) è fatta salva ove si consideri – come statuito da Cass., S.U., 3 febbraio 1998, n. 1099 richiamata nel precedente paragrafo – che occorre differenziare il potere di allegazione da quello di rilevazione. Il primo compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito applicabile nel caso di specie (soggiacendo alle relative decadenze e preclusioni), mentre il secondo compete alla parte (ed è parimenti sottoposto alle preclusioni previste per le attività di parte) solo allorquando la manifestazione della sua volontà sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva), dovendosi in ogni altro caso sancire la rilevabilità d'ufficio dei fatti di cui all'art. 2697, comma 2, c.c. risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (utile è il richiamo sul punto delle parole di Cass., S.U., 3 febbraio 1998, n. 1099, cit.: “l'eccezione identifica una particolare difesa consistente nella contrapposizione di fatti ai quali la legge attribuisce immediatamente e direttamente una autonoma identità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto sul quale si fonda la domanda: l'attività difensiva a ciò diretta è considerata espressamente dall'art. 2697 cod. civ., sia pure con specifico riguardo alla distribuzione dell'onere della prova e, quindi, per fini che rilevano sul piano della fissazione di una regola finale di giudizio, non già su quello della possibilità o meno, per il giudice, di valutare fatti del tipo suddetto indipendentemente dall'istanza di parte”. In analoghi termini, sia pure sintetici, si vedano, ex plurimis, la stessa pronuncia qui commentata al § 2.3.2; Cass. 30 giugno 2020, n. 12980; e già Cass. 5 giugno 2014, n. 12677 citata nel superiore paragrafo).

Ne deriva – secondo l'appena indicata Cass. 30 giugno 2020, n. 12980 – che, come desumibile dall'art. 2697 c.c., le eccezioni in senso lato si estrinsecano nella allegazione, se proveniente dalla parte, o nella rilevazione, se compiuta dal giudice, dei fatti ostativi del diritto ex adverso dedotto in giudizio, e condividono con la “mera difesa” l'essere le une e le altre egualmente non soggette a decadenza (e rigide preclusioni) nonché essere rilevabili di ufficio (sempre alla ricordata condizione, però, che le eccezioni in discorso si riferiscano a fatti emergenti dagli atti, documenti o altre prove acquisite in modo legittimo in seno al contenzioso).

Compiute – nel solco della monolitica giurisprudenza di legittimità su tali temi, cui la sentenza annotata attinge – le superiori precisazioni giusprocessualistiche, la Suprema corte a partire dal § 2.5.1 procede a saldare la disciplina degli strumenti che fungono da veicolo processuale per l'attuazione del diritto di difesa delle parti ex art. 24 Cost. con la disciplina sostanziale delle fattispecie di esenzione da revocatoria fallimentare oggetto del decisum qui esaminato, queste ultime certamente ascrivibili, in ragione delle loro caratteristiche, al novero delle “eccezioni” e non a quello delle “mere difese”.

Invero solo l'accertamento della ratio delle esenzioni de quibus può consentire – in coerente chiusura del complessivo ragionamento giudiziale svolto – di comprendere a quale species di eccezioni (in senso lato oppure in senso stretto, con tutti i suindicati corollari processuali in capo all'attività difensiva) la esenzione di cui al D.L. n. 80/2008 e quella di cui all'art. 67, comma 3, lett. a, l. fall. debbano essere rispettivamente ricondotte.

Più in particolare, quanto ora detto si lega eziologicamente ad una osservazione: se è vero, infatti, che si è assistito ad una riduzione del perimetro di operatività dell' azione revocatoria fallimentare a seguito della riscrittura – ad opera dell'art. 2 D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (convertito, con modificazioni, in L. 14 maggio 2005, n. 80), c.d. Decreto competitività – dell'art. 67 l. fall. e della conseguente introduzione al comma 3 di un massiccio nuovo sistema di esenzioni, è altrettanto vero che nella giurisprudenza di legittimità è tralaticia l'affermazione, pur contrastata da parte della dottrina, secondo la quale “l'eterogeneità delle situazioni, volta a volta prese in considerazione e fatte oggetto di esonero” viene “ad indicare che l'unico filo di “unificazione” tra le stesse sta nel loro rispondere a particolari interessi che il legislatore ha ritenuto “superiori” (cfr. Cass., 7 dicembre 2020, n. 27939; Cass., 20 febbraio 2020, n. 4340).

Ne segue che l'interpretazione delle diverse situazioni di esenzione non può che rapportarsi con la ragione specifica che, ipotesi per ipotesi, viene a giustificarle, per porsi, dunque, in termini di stretta coerenza con la stessa (ovvero con il particolare interesse “superiore” che vi presiede)” (così la pronuncia in commento nel § 2.1). Considerazione, quella che precede, che potrebbe, inoltre, essere letta anche in riferimento allo strumento normativo utilizzato per incidere così vigorosamente sull'impianto originario della revocatoria fallimentare: il decreto legge costituzionalmente vincolato alla legislazione di urgenza, il quale, senza che fosse esplicitata la ragione di “urgenza”, ha inciso su una materia caratterizzata, fino a prima dell'intervento novellatore in questione da un certo grado di stabilità in seno alla vecchia legge fallimentare.

Ed è questa, ad avviso di chi scrive, la chiave prospettica che permette di annodare le appena ricordate considerazioni introduttive in materia di esenzioni da revocatoria fallimentare (il citato § 2.1) con le riflessioni specifiche operate dai supremi giudici sulla natura, dapprima, della esenzione contenuta nella legge ponte (§§ 2.5.1-2.5.4) e, successivamente, su quella, già precisata, di cui al R.D. n. 267/1942 (§§ 2.6-2.7.1).

In merito, con riguardo alla esenzione di cui all'art. 1, comma 3, D.L. n. 80/2008 si aggiunge che la ricordata valutazione a priori compiuta dal legislatore in ordine alla non revocabilità di qualunque pagamento eseguito da Alitalia a far data dall'entrata in vigore del decreto legge in questione e fino al termine indicato nel secondo comma dell'art. 1 si coniuga con l'esigenza di mantenere inalterato il contesto dell'intervento statale a sostegno del servizio pubblico di aerotrasporto nazionale, in armonia sia con l'intitolazione del decreto legge in parola (recante, per l'appunto, “Misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo”), sia, ancor di più e a ben vedere, con lo stesso strumento normativo che sorregge tale misura di esenzione, consistente in una legge-provvedimento caratterizzata dall'essere preordinata alla cura di un certo interesse pubblico, considerato dal legislatore essenziale al punto da spingerlo all'erogazione di un consistente prestito-ponte nella ricordata (auspicata) prospettiva di assicurare continuità aziendale al vettore aereo (per tali argomenti si vedano anche Cass. 23 maggio 2022, n. 16652, nonché, con riguardo specificamente alle c.d. “leggi-provvedimento”, ex multis, Corte cost. 27 luglio 2020, n. 168; Cons. Stato 22 marzo 2021, n. 2409; Corte cost. 8 maggio 2009, n. 137).

Nulla v'è da soggiungere, invece, rispetto alla esenzione ex art. 67, comma 3, lett. a, l. fall., essendo la ricostruzione della relativa disciplina compiuta dai Giudici di legittimità conforme all'univoco orientamento in materia della stessa Corte, oltre che coerente con gli specifici esiti processuali.

In ultima analisi, la Suprema Corte giunge in modo del tutto condivisibile – secondo quanto illustrato nel precedente paragrafo – alla riconduzione dell'una esenzione (di carattere speciale) al novero delle eccezioni in senso lato (§ 2.5.1) e della seconda (di carattere generale) a quello delle eccezioni in senso stretto (§ 2.7.1), chiudendo il cerchio dell'argomentazione e legando la specificità delle due diverse esenzioni in discorso alle caratteristiche intrinseche dei due differenti ambiti di eccezioni processuali.

Guida all'approfondimento

Sui temi trattati di diritto processuale civile si vedano in dottrina, ex multis, S. Tassone, Eccezione in generale, in Ilprocessocivile.it, e i riferimenti bibliografici ivi contenuti. Per quelli di diritto fallimentare (denominabile, a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni fallimentari del Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza, diritto delle procedure concorsuali) si rinvia a: M. Spiotta, I «termini d'uso» al tempo (dell'inusualità) del Covid.19, in Giur. comm., 2022, II, 310 ss.; L. De Propris, Revocatoria vs. fallimento: le sezioni unite tra problemi reali e miti della dommatica, in Riv. trim. dir. proc., 2022, I, 245 ss.; G. Lazoppina, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e revocatoria fallimentare, in questo portale; P. Bosticco, Esenzione da revocatoria (nella legge fallimentare), ibidem; F. Di Marzio, Regime delle esenzioni e azione revocatoria ordinaria, ibidem; G. Limitone, Art. 67 l. fall., in La legge fallimentare Commentario teorico-pratico, (a cura di) M. Ferro, Padova, 2014, 835 ss.; N. Nisio, L'esenzione dall'azione revocatoria ex art. 67 l. fall.: brevi riflessioni anche alla luce del “Decreto sviluppo”, in questa Rivista; A Zorzi, Riflessioni sull'esenzione da revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. a), l. fall. alla luce dell'introduzione del concordato “in bianco”, in ilcaso.it; M. Maienza, Il tramonto della revocatoria fallimentare e le ripercussioni sulla scientia decoctionis, in Fall., 2011, 983 ss.; G. Cavalli, L'esenzione dalla revocatoria fallimentare dei pagamenti eseguiti nei termini d'uso, ivi, 2010, 369 ss.; G. Nardecchia, Le nuove esenzioni del terzo comma dell'art. 67 l. fall., ivi, 2009, 14 ss.; R. Rosapepe, Brevi note in tema di eccezione revocatoria, ibidem, 896 ss.; D. Galletti, Decretazione d'urgenza ed esenzione «temporanea» da revocatoria, ivi, 2008, 859 ss.; G. Tarzia, L'ambito di applicazione delle esenzioni nel nuovo art. 67 l. fall., ibidem, 637 ss.

In giurisprudenza, soffermandoci su quella di legittimità più recente e inerente ai profili giuridici affrontati dalla pronuncia commentata, si vedano: Cass. 24 maggio 2022, n. 16773; Cass. 23 maggio 2022, n. 16652; Cass. 38 settembre 2021, n. 26244; Cass. 7 dicembre 2020, n. 27939; Cass. 30 giugno 2020, n. 12980; Cass. 20 febbraio 2020, n. 4340; Cass. 10 febbraio 2020, n. 3018; Cass. 5 giugno 2014, n. 12677; Cass., S.U., 3 febbraio 1998, 1099.

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