Impossibilità di accertare la paternità per l'eccessiva durata del giudizio di disconoscimento

Redazione scientifica
12 Dicembre 2022

La Corte EDU ha ritenuto sussistente la violazione del diritto alla vita privata da parte dello Stato italiano nei confronti del soggetto che, risultando figlio di una persona diversa dal ritenuto padre biologico, subisca un pregiudizio al proprio interesse vitale a far accertare la sua identità personale dall'eccessiva durata del giudizio di disconoscimento.

La Corte EDU si è così pronunciata in relazione ad un ricorso riguardante l'impossibilità per la ricorrente di introdurre un'azione di ricerca della paternità contro il presunto padre biologico, per il fatto che il procedimento di contestazione della paternità del ritenuto padre andava avanti da oltre dodici anni in Italia.

Secondo i giudici europei, le persone che si trovano nella situazione della ricorrente hanno un interesse vitale, difeso dalla Convenzione, ad ottenere le informazioni essenziali per scoprire la verità su un aspetto importante della loro identità personale.

Un sistema come quello italiano, che prevede l'azione di contestazione della paternità come pregiudiziale all'azione di ricerca di paternità, può in linea di principio ritenersi compatibile con le obbligazioni derivanti dall'art. 8, tenuto conto del margine di discrezionalità dello Stato.

Tuttavia, in un tale sistema, l'interesse dell'individuo che cerca di determinare la sua parentela deve essere difeso, che non è il caso in cui il procedimento dura da diversi anni e impedisce l'introduzione di un'azione di ricerca della paternità.

La Corte nota anche l'assenza di misure per accelerare la procedura tali da consentire al ricorrente di proporre ricorso per la ricerca della paternità anche nel caso in cui la sentenza pronunciata nel giudizio di contestazione della paternità non sia ancora divenuta definitiva.

A questo proposito, si evidenzia anche che, nella sentenza del 14 luglio 2022, n. 177, la Corte costituzionale italiana ha invitato il legislatore ad intervenire per disciplinare la materia, con un intervento di sistema che possa tenere conto di tutti gli interessi coinvolti, senza comprimere in maniera sproporzionata altri diritti di rango costituzionale.

La necessità di un giudizio articolato in più gradi, che si concluda con una sentenza passata in giudicato demolitiva del precedente status, costituisce, in effetti, secondo i giudici costituzionali, un onere gravoso a carico del figlio che intenda far accertare la propria identità biologica.

Esso, inoltre, rischia di risolversi, oltre che in una violazione del principio di ragionevole durata del processo, in un ostacolo «all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 Cost., e ciò per giunta in relazione ad azioni volte alla tutela di diritti fondamentali, attinenti allo status ed alla identità biologica».

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