La partecipazione alla gara di appalto come presupposto per l'impugnabilità dell'estratto di ruolo

13 Dicembre 2022

È pacifico che il processo tributario presenti una natura impugnatoria, in quanto origina dall'impugnazione dell'atto impositivo da parte del contribuente. Il legislatore ha, pertanto, provveduto a predeterminare gli atti autonomamente impugnabili elencandoli all'art. 19 D.Lgs. n. 546/92.La predeterminazione degli atti consente di tratteggiare il processo tributario come “speciale” se si considera che non vi è traccia alcuna né nel processo civile, né in quello amministrativo (che pure ha natura impugnatoria) di una analoga norma.
La predeterminazione degli atti autonomamente impugnabili

Secondo quanto previsto dall'art. 19 D.Lgs. n. 546/92, il ricorso può essere proposto avverso: l'avviso di accertamento del tributo; l'avviso di liquidazione del tributo; il provvedimento che irroga le sanzioni; il ruolo e la cartella di pagamento; l'avviso di mora; l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; il fermo di beni mobili registrati di cui all'art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, successive modificazioni; gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell'art. 2, comma 2; il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti; il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; la decisione di rigetto dell'istanza di apertura di procedura amichevole presentata ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 o ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni di cui l'Italia è parte ovvero ai sensi della Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE; ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado.

Ne deriva che gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente e che ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo.

La norma de qua induce, dunque, ad affermare che vi sono degli atti autonomamente impugnabili, in quanto lesivi direttamente della sfera giuridica del destinatario, i quali, pertanto, fanno sorgere un interesse ad impugnare che abbia i requisiti di cui all'art. 100 c.p.c. (diretto, concreto ed attuale); atti ad impugnazione cd. facoltativa che non importano decadenza del contribuente in caso di mancata impugnazione ed, infine, atti ad impugnazione differita che consentono di impugnare l'atto presupposto di natura endoprocedimentale congiuntamente all'atto cd. posto avente natura provvedimentale.


E non può dubitarsi che l'art. 19, d.lgs. n. 546/92, sia una disposizione a tutela del contribuente, parte debole del rapporto obbligatorio.

È opportuno sottolineare che sono da considerarsi autonomamente impugnabili tutti quegli atti che ledono in via diretta ed immediata la sfera giuridico - patrimoniale del destinatario, facendo sorgere, in tal modo, un interesse concreto alla tutela giurisdizionale (G. Fransoni, Spunti ricostruttivi in tema di atti impugnabili nel processo tributario, in Riv. dir. trib., 2012, 11, 979). Di converso, se l'atto non produce effetti lesivi in via diretta ed immediata non sarà assoggettabile ad impugnazione o al più sarà impugnabile in via cd. differita.

L'impugnazione differita o recuperatoria non si traduce in una negazione della tutela, ma nella possibilità di agire in giudizio in un momento successivo, quando verrà emanato l'atto ricompreso nell'elenco di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92. In tale ultima ipotesi si configura una impugnazione congiunta dell'atto non autonomamente impugnabile con quello di immediata impugnazione.

Il continuo oscillare tra interpretazione restrittiva ed estensiva dell'art. 19, D.Lgs. n. 546/92

Va evidenziato in premessa che l'ordinamento giuridico dei tributi è assoggettato al principio di tassatività che impone al legislatore di prescrivere in modo dettagliato tutte le condotte a cui il contribuente è tenuto a conformarsi, pena l'irrogazione di una sanzione. A tale principio risponde l'art. 19, D.Lgs. n. 546/92, che consente al contribuente di avere contezza, preliminarmente, degli atti che può impugnare in via autonoma.

Quanto detto anche in ragione di due principi di derivazione comunitaria ovvero il principio di certezza del diritto che deve assicurare l'applicazione uniforme del diritto dell'Unione e il principio del legittimo affidamento. Il primo è da intendersi come la necessità che una norma giuridica sia il più possibile chiara e determinata in tutti i suoi elementi e non lasci alcun dubbio interpretativo al destinatario; il secondo principio si ricollega a quello di certezza del diritto in quanto il destinatario della norma fa affidamento legittimo su quanto in essa è contenuto e adotta un comportamento proprio in base a tale legittimo affidamento.

Ab origine si era opposta una forte chiusura all'allargamento interpretativo dell'art. 19, D.Lgs. n. 546/92 ad atti non contenuti nell'elenco. Tale rigida chiusura ha iniziato a barcollare per effetto di un orientamento della Corte di Cassazione che con sentenza n. 17202 del 23.07.2009 ha stabilito che è possibile ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che contengano una “esplicita pretesa tributaria”.

Ciò che viene in rilievo, dunque, è l'interesse del contribuente ad opporsi ad un'attività dell'Amministrazione Finanziaria, che non matura solo a seguito della notifica di uno degli atti elencati all'art. 19 del D.lgs. 546/92, ben potendo configurarsi un interesse anche a seguito della notifica di altri atti dell'Ufficio non ricompresi nell'elenco.

Ogniqualvolta un atto dell'Amministrazione Finanziaria invada la sfera giuridico patrimoniale del contribuente nasce il diritto di quest'ultimo ad ottenere una tutela mediante la proposizione di un'impugnazione. D'altronde tale assunto trova fondamento nell'art. 100 c.p.c. laddove si legittima l'azione in giudizio quando alla base sussista un “interesse ad agire”. Tale interesse deve essere attuale e concreto e consiste nell'esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice.

Un'interpretazione diversa dell'art. 19 del D.lgs. 546/92 finirebbe per pregiudicare un diritto costituzionalmente garantito all'art. 24 ovvero il diritto di difesa. L'estensione riguarderebbe tutti gli atti autoritativi e impositivi volti a portare a conoscenza del contribuente una pretesa già formata sia nell' an che nel quantum e contenente l'avvertimento che in mancanza di adempimento di procederà ad esecuzione forzata.

Tale orientamento oltreché nel rispetto dell'art. 24 si pone in applicazione diretta dell'art. 97 della Carta Costituzionale che enuncia il principio del buon andamento e dell'imparzialità della Pubblica Amministrazione sicché è consentito al contribuente di verificare e di contestare l'attività dell'Amministrazione Finanziaria ogniqualvolta emetta un atto dal quale è desumibile una pretesa tributaria.

Al più tardi, la giurisprudenza di legittimità ha rafforzato tale principio con l'ordinanza n. 22971 del 17 agosto 2021 ed ha ammesso una interpretazione estensiva in linea con il principio del buon andamento (art. 97 Cost.).

Ne deriva che ogni atto dal quale possa derivare una sanzione a carico del contribuente deve essere impugnabile dinnanzi al giudice tributario. Privare, infatti, il destinatario dell'atto del diritto di agire, pur in presenza di una esplicita pretesa tributaria e con il rischio di subire una sanzione, significherebbe comprimere le garanzie costituzionali riconosciute al contribuente. Si è passati, dunque, da un regime “negativo” di predeterminazione normativa di atti autonomamente impugnabili ad una concezione “positiva” della norma che risulta aperta ad ogni altro atto ritenuto per legge impugnabile (C. Glendi, Atti impugnabili e oggetto del ricorso, in Dir. e prat. trib. 2017, 6, 2746; F.Tesauro, Gli atti impugnabili ed i limiti della giurisdizione tributaria, in Giust. trib., 2007, 1, 9; P. Puri, Riflessioni sul profilo oggettivo dei limiti interni della giurisdizione tributaria, in Dir. e Prat. Trib., 2017, 3, 1027; P. Russo, L'ampliamento della giurisdizione tributaria e del novero degli atti impugnabili: riflessi sull'organo e sull'oggetto del processo, in Rass. Trib. 2009, 6, 1551; F. M. Marcianò, I limiti interni alla giurisdizione delle commissioni tributarie: gli atti impugnabili, in Fisco, 2007, 45, parte I, 6531C. Pennarola, La impugnabilità degli atti nel processo tributario, in Riv. Giur. Ed. 2020, 3, 623, nota a CTP Novara 14 gennaio 2020, n. 16, sez. II; A. Biscuola, La base imponibile del contributo unificato nel caso del cd. ricorso cumulativo oggettivo, in Rass. Trib., 2013, 4, 827).

Non sono, tuttavia, mancati orientamenti opposti che hanno escluso, con riguardo, ad esempio, all'estratto di ruolo, l'autonoma impugnabilità del predetto atto, in quanto strumento di mera conoscenza e, pertanto, non idoneo ad arrecare effetti lesivi nel patrimonio del destinatario (Corte d'appello di Torino Sez. lav., 19 ottobre 2020, n. 329) oppure con riguardo alla certificazione di carichi pendenti muovendo dall'assunto che il documento non garantisce “il livello minimo di cognizione sulle singole pretese tributarie”, presupposto indispensabile per agire in via di tutela (F. Brandi, Non impugnabile la certificazione dei carichi fiscali pendenti, in Diritto & Giustizia, 2020, 128, 13 nota a Cassazione civile, 02 luglio 2020, n.13536, sez. trib.).

La ratio sottesa alla interpretazione estensiva dell'art. 19, D.Lgs. n. 546/92

Per i giudici di legittimità, non conta il nomen iuris, bensì la pretesa tributaria sottesa all'atto in questione (Cass. Civ. Sez. Trib. n. 23061/2015). Tale orientamento non vuole, tuttavia, pregiudicare il principio, ormai consolidato, di tassatività della norma giuridica come precisato dagli stessi giudici supremi: “in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19, D. Lgs. n. 546/92, ha natura tassativa, ma in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e buon andamento della P. A. ogni atto adottato dall'ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria è impugnabile davanti al giudice tributario” (Cass. Civ. Sez. VI, 28 luglio 2015 n. 15957), ma estendere le garanzie in favore del contribuente (Cass. civ. Sez. V, 27/10/2020, n. 23532, in Fisco 2020, 46, 4467).

A rigor di giurisprudenza, dunque, non sarebbe ammissibile e, invero, contrasterebbe con i principi della leale collaborazione e buona fede (art. 10, L. n. 212/2000) privare il contribuente di una tutela giurisdizionale, in presenza di una pretesa erariale ben delineata.

Il contribuente, tuttavia, sarebbe costretto ad attendere il decorso del tempo utile all'emissione del successivo atto autonomamente impugnabile per poter agire in giudizio (P. Piantavigna, Riflessione sull'autotutela parziale alla luce dell'ondivaga nomofilassi della Cassazione, in Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, fasc.3, 2016, 77; G. P. D'Amato, Iscrizione ipotecaria atto impugnabile: l'agente della riscossione deve provare la notifica degli atti, in Quotidiano Giuridico, 17 febbraio 2021; A. Russo, Impugnabile l'invito a regolarizzare il contributo unificato, in Fisco, 2020, 46, 4467, nota a Cass. civ. Sez. V, 27/10/2020, n. 23532).

È, pertanto, ormai diffusa la considerazione circa l'impugnabilità, seppur facoltativa, di tutte quelle comunicazioni dalle quali sia ravvisabile un interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. anche se non presentate in forma di atto autoritativo (sul punto si rinvia a G. M. Esposito, Il sistema amministrativo tributario italiano, Padova, 2021; G. Glendi, Note critiche alla teorica giurisprudenziale degli atti facoltativamente impugnabili nel processo tributario, in Dir. e prat. trib., 2018, 6, 2528); a prescindere, dunque, dall'espressione verbale utilizzata per catalogare l'atto e dalla eventuale mancata indicazione dei termini e delle forme da utilizzare per l'impugnazione (P. Di Michele, La nota di sollecito è autonomamente impugnabile dinnanzi al giudice ordinario, in Diritto & Giustizia, fasc.0, 2014, pag. 249, nota a Cassazione civile, 17 aprile 2014, n.8928, sez. un.; I. Buscema, L'avviso bonario di minor credito è atto impugnabile dinanzi alla commissione tributaria, in Diritto & Giustizia, 2017, 5, 13, nota a Cassazione civile, 30 dicembre 2016, n.27494, sez. trib).

Tale orientamento è diffuso non soltanto nell'alveo della giurisprudenza di legittimità, ma anche tra i giudici di merito per i quali “sono impugnabili anche gli atti non autoritativi, purchè idonei a portare a conoscenza del destinatario i presupposti di fatto e le ragioni di diritto della pretesa impositiva o del diniego del diritto vantato dal contribuente” (CTP Salerno Sez. VII, 26 ottobre 2020, n. 1896).

L'interpretazione fornita dagli ermellini si pone in linea con l'impianto garantistico dell'ordinamento giuridico che alla tassatività della norma giuridica fa prevalere il diritto del contribuente di difendersi da una pretesa fiscale definita. In nessun caso, infatti, il principio di certezza del diritto potrebbe prevalere sul diritto del contribuente di attivare un processo al fine di veder tutelata la propria situazione giuridico-soggettiva.

Ciò anche in considerazione del fatto che il giudizio tributario è di impugnazione-merito, non limitato all'annullamento dell'atto e, pertanto, occorre attribuire rilevanza all'autorità dello stesso a ledere la sfera giuridico-patrimoniale del destinatario.

Né, tuttavia, le garanzie costituzionali possono subire un affievolimento per il solo fatto che la norma tributaria non prescriva taluni atti tra quelli autonomamente impugnabili di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/92. D'altronde la predeterminazione degli atti autonomamente impugnabili è per lo più esemplificativa e nasce in risposta ad esigenze di economicità, nonché per agevolare il contribuente all'accesso alla giustizia, senza che ciò comporti l'estromissione automatica di atti non ricompresi nell'elenco e dai quali, tuttavia, siano desumibili pretese tributarie.

Sarebbe, infatti, semplicistico oltreché riduttivo, ricondurre la questione alla natura “tassativa” o “non tassativa” della norma, senza ricercare all'interno della medesima norma quelle sfumature interpretative che potrebbero essere risolutive, anche in considerazione del fatto che si discute di un ampliamento e non di una riduzione della tutela.

La quaestio iuris sulla impugnabilità dell'estratto di ruolo

In premessa và rammentato che la pretesa fiscale se non adempiuta in fase sostanzial-procedimentale, può essere soddisfatta nella fase cd. della riscossione. Quest'ultima rappresenta il momento finale dell'attività di imposizione, finalizzata al recupero della somma dovuta dal contribuente.

La riscossione può avvenire mediante ritenuta diretta, versamenti diretti del contribuente al concessionario e alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato o mediante iscrizione a ruolo (art. 1 d.P.R. 602/1973).

In quest'ultima ipotesi la riscossione viene effettuata coattivamente (a differenza delle prime in cui il versamento avviene spontaneamente), mediante il ruolo, quale provvedimento collettivo di natura ablatoria, che si traduce in un elenco di debitori e delle somme da essi dovute in forma di imposte, sanzioni e interessi, formato dagli Uffici tramite gli Agenti della riscossione.

Il ruolo può essere ordinario o straordinario.

Quest'ultimo viene posto in essere ogniqualvolta vi sia fondato pericolo per la riscossione (sulla riscossione vd.si S. De Matteis, N. Graziano, D. Pagliuca, Riscossione coattiva dei crediti della P. A., ed opposizioni di merito, in Iltributario, 2 settembre 2020; F. Brandi, Il venir meno dell'atto prodromico comporta la caducazione della cartella di pagamento, nota a Cassazione civile, 17 dicembre 2019, n. 33318, sez. trib., in Diritto & Giustizia, 2020, 2, 6; sia consentito un rinvio anche a D. Mendola, Le garanzie pro parte creditoris; il soddisfacimento dell'interesse erariale, in Iltributario, 2 novembre 2020).

Può, tuttavia, accadere che il contribuente venga a conoscenza della sussistenza di un carico fiscale attraverso un estratto di ruolo (per una analisi della impugnabilità dei ruoli esattoriali si rinvia a G. Durante, Limiti alla impugnabilità dei ruoli esattoriali. Sulla possibile efficacia retroattiva la parola alle Sezioni Unite, in Azienditalia, 2022, 5, 964).

Ci si è domandati, allora, se l'estratto di ruolo goda di una autonoma impugnabilità. Sull'impugnabilità dell'estratto di ruolo si sono pronunciate diverse Sezioni della Suprema Corte, alcune sostenevano che il ruolo non fosse autonomamente impugnabile, in quanto atto “interno” e non direttamente lesivo della sfera giuridico patrimoniale del destinatario, sicché non sorgeva alcun interesse d'impugnativa in capo al contribuente, ma solo un diritto all'impugnazione congiuntamente all'atto cd. esterno.

A tale interpretazione si contrapponeva l'ordinanza interlocutoria n. 16055/2014 della Suprema Corte che sosteneva l'autonoma impugnabilità del ruolo e, pertanto, decideva di rinviare la questione alle SS. UU. La Corte, nel suo massimo consesso, con sentenza 2 ottobre 2015 n. 19704 ha enunciato il seguente principio di diritto “È ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del terzo comma dell'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (M. Bruzzone, Le SS. UU. Ammettono l'impugnazione di cartella e/o ruolo sulla base dell'estratto di ruolo, in Giur. it., 2016, 1983).

Le Sezioni Unite pongono il focus sulla necessità di garantire al contribuente l'accesso alla tutela giurisdizionale mediante impugnazione di un atto, sebbene quest'ultimo non sia ricompreso nell'elenco di cui all'art. 19 D.lgs. 546/92 che indica gli atti autonomamente impugnabili, per evitare, altresì, che il contribuente subisca una limitazione del proprio diritto di azione senza che sussista alcun motivo. Da tale pronuncia in avanti gli orientamenti hanno continuato a mutare, al punto che si è reso necessario un intervento legislativo definitivo.

L'impugnabilità dell'estratto di ruolo a tutela della libertà di concorrenza

Al fine di ricondurre a sistema la quaestio iuris, il legislatore con il D.L. n. 146 del 21 ottobre 2021, art. 3-bis, ha inserito il comma 4-bis all'art. 12, d.P.R. 602/73, stabilendo che “l'estratto di ruolo non è impugnabile”, ammettendo però una eccezione nel caso in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.

L'art. 12, comma 4 bis, d.P.R. n. 602/1973, definisce l'estratto di ruolo come mero elaborato informatico contenente gli elementi della cartella, ossia gli elementi del ruolo afferente a quella cartella. In regola, dunque, l'estratto di ruolo proprio in quanto mero elaborato informativo non farebbe sorgere in capo al destinatario alcun interesse a ricorrere, a meno che il contribuente non abbia intenzione di prendere parte ad una procedura di appalto.

Come noto, infatti, le imprese che vogliono partecipare alle procedure di gara devono risultare regolari e presentare un apposito certificato di regolarità fiscale e contributiva. Quest'ultimo può essere richiesto in sede di espletamento della gara da parte della stazione appaltante all'impresa esecutrice dei lavori. Il contribuente dovrà, pertanto, richiedere tale certificazione presentando una istanza recante l'indicazione dei dati identificativi dell'imprenditore o della società o del legale rappresentante.

La certificazione viene rilasciata a tutti i contribuenti nei confronti dei quali non sia stata contestata alcuna violazione fiscale. In risposta alle esigenze di economicità e speditezza amministrativa, il contribuente può presentare anche una autocertificazione relativa al possesso dei requisiti richiesti (M. Ceruti, Contratti della P. A. Ancora sul perimetro degli oneri dichiarativi del concorrente negli affidamenti pubblici, in Giur. It., 2021, 11, 2433).

La violazione che osta alla partecipazione alla gara di appalto deve essere di natura sostanziale e presentare i caratteri della definitività nel senso che la pretesa fiscale deve essersi consolidata in capo all'interessato (D. Mendola, La regolarità contributiva e fiscale come requisito di partecipazione alle gare di appalto, in Fisco e Tributi, Milano, 2019).

Assume, pertanto, rilevanza l'impugnazione dell'estratto di ruolo da parte del contribuente che subirebbe un pregiudizio per il solo fatto che l'atto in questione non rientri nell'elenco di cui all'art. 19, D.Lgs. n. 546/92.

Ad avvalorare il predetto assunto è stata la Corte Suprema, nel suo più alto consesso, che con sentenza n. 26283/2022 è tornata nuovamente sulla quaestio iuris, richiamando l'intervento legislativo di cui sopra confermandone la legittimità e muovendo dall'assunto che l'allargamento della tutela è ammissibile ove sia posto a garanzia di diritti costituzionali.


In conclusione

Il neoriformato art. 12, 4 bis, d.P.R. n. 602/73 dimostra la rilevanza che nel nostro ordinamento assume il principio della libertà di concorrenza costituzionalizzato agli artt. 41 e 42.

Se, dunque, la regola generale è quella di escludere l'impugnazione dell'estratto di ruolo, per i motivi ormai noti (in ragione della natura di atto interno), in via di eccezione, tuttavia, l'opposizione è ammissibile qualora il contribuente abbia interesse a partecipare ad una gara di appalto.

Il contribuente, infatti, mediante l'impugnazione dell'estratto di ruolo ha la possibilità di interrompere la sequenza procedimentale che conduce all'esecuzione forzata, ottenendo una tutela anticipata e ciò al fine di presentarsi alla gara di appalto con il requisito della regolarità fiscale e contributiva.

Il legislatore, inoltre, restringendo l'ambito di operatività dell'impugnazione dell'estratto di ruolo alle sole ipotesi tassativamente indicate al comma 3 bis dell'art. 12, d.P.R. 602/73, ha inteso escludere tutte le impugnazioni cd. pretestuose.

L'accesso alla tutela giurisdizionale, dunque, non può essere compresso, ritardato oppure essere reso più gravoso, quando sussista la necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di limitazione. Vi rientra, appunto, il principio della libertà di concorrenza che deve essere garantito e non può subire limitazioni.

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