Modifiche alla cosa comune e innovazioni: per quali è richiesta la delibera assembleare?

Redazione scientifica
16 Dicembre 2022

La Suprema Corte, in un recente caso avente ad oggetto l'apertura di un terrazzo sul tetto condominiale, ha enunciato importanti principi in tema di modifiche della cosa comune con riferimento al necessario intervento dell'assemblea, differenziando le modifiche per miglior godimento dalle innovazioni.

Una condomina presentava in assemblea una proposta per aprire un terrazzo a tasca sul tetto condominiale nella parte soprastante il proprio appartamento. L'assemblea statuiva che il lavoro richiesto fosse da qualificarsi come innovazione e che non era stato raggiunto il quorum dei 2/3 per poterlo eseguire. La Corte d'appello, pronunciando sul gravame del Condominio statuiva che in difetto della prova della ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 1102 c.c., l'opera realizzata dalla condomina debba inquadrarsi nella previsione di cui all'art. 1120 c.c., con conseguente legittimità della delibera impugnata. La Corte valutava la sussistenza dei presupposti di legittimità del terrazzo a tasca ai sensi dell'art. 1102 c.c., affermando che spetta al condomino dimostrare che tali limiti non sono violati e che, nella specie, non erano state dimostrate le tecniche costruttive adoperate ai fini di garantire la funzionalità del tetto. Per la cassazione della sentenza ricorreva quindi la condomina, lamentando la violazione dell'art. 1102 c.c., quanto al rapporto tra l'art. 1120 c.c. e l'art. 1102 c.c., che la sentenza impugnata avrebbe ignorato.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso della condomina e in accoglimento dello stesso ha enunciato i seguenti principi di diritto:

  • «Le modificazioni per il miglior godimento della cosa comune (a differenza dalle innovazioni che vengono deliberate dall'assemblea nell'interesse di tutti i partecipanti ai sensi dell'art. 1120 c.c.) possono essere apportate a proprie spese dal singolo condomino con i limiti indicati dall'art. 1102 c.c. e non richiedono alcuna preventiva autorizzazione assembleare, salvo che tale autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condomini nell'esercizio dell'autonomia privata, potendo altrimenti attribuirsi all'eventuale autorizzazione alle modifiche comunque richiesta o concessa dall'assemblea il valore di mero riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto alla utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante;
  • «In tema di impugnazione della deliberazione dell'assemblea condominiale, l'onere di provare il vizio di contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, da cui deriva l'invalidità della stessa, grava sul condomino che la impugna; ove, tuttavia, l'assemblea neghi ad un condomino l'autorizzazione ad apportare modifiche alle parti comuni, così adottando un provvedimento non previsto dalla legge o dal regolamento, avuto riguardo alla posizione delle parti riguardo ai diritti oggetto del giudizio, spetta al condominio dimostrare il superamento dei limiti del pari uso, di cui all'art. 1102 c.c., che possa perciò giustificare la legittima espressione della volontà collettiva dei partecipanti a tutela delle esigenze conservative delle parti comuni».

Fonte: dirittoegiustizia.it

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