Quote standardizzate senza indicazione del valore nominale nelle s.r.l. PMI

Francesca Maria Bava
Francesca Maria Bava
19 Dicembre 2022

La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano ha pubblicato la Massima n. 205, “Quote standardizzate senza indicazione del valore nominale nelle s.r.l. PMI".

La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 205, ha ritenuto legittima la suddivisione del capitale sociale delle s.r.l. PMI in un numero predeterminato di quote (o di quote di diverse categorie) aventi tutte la stessa misura, senza indicazione (espressa) del loro valore nominale.

La massima n. 171 della suddetta Commissione ha già riconosciuto all'autonomia statutaria la possibilità di creare quote “standardizzate”, ossia aventi - come nelle s.p.a - non solo i medesimi diritti, ma anche la stessa predeterminata misura, indicata in statuto facendo riferimento al loro valore nominale. Quest'ultimo si individua suddividendo l'ammontare complessivo del capitale sociale per il numero totale delle partecipazioni emesse.

La deroga all'art. 2468, comma 1, c.c., contemplata dall'art. 26 D.L. n. 179/2012, concerne la tendenziale unitarietà delle partecipazioni, essendo consentita - secondo il Consiglio Notarile di Milano - la scomposizione del rapporto sociale in unità minime di valore omogeneo (parere contrario è stato, invece, espresso dalla Commissione Società del Comitato Triveneto nella massima I.N.6).

Con la massima in oggetto il Consiglio Notarile di Milano si spinge oltre, ritenendo legittima anche per le s.r.l. PMI la suddivisione del capitale sociale in quote standardizzate senza indicazione del valore nominale (analogamente a quanto previsto per le s.p.a. all'art. 2346, comma 4, c.c.).

L'assenza di indicazione statutaria del valore nominale delle quote standardizzate risponde alla finalità di agevolare alcune operazioni sul capitale sociale, stante la possibilità in tale caso di modificare solo il numero delle quote in cui è suddiviso il capitale, non modificando il valore nominale del medesimo, come già illustrato in altre massime della stessa Commissione (n. 37 "Annullamento di azioni proprie senza riduzione del capitale sociale", n. 146 "Riserva negativa azioni proprie: effetti in caso di annullamento delle azioni proprie", n. 169 "Emissione di azioni e conversione in azioni, senza aumento del capitale sociale", n. 170 "Aumento del capitale sociale con «earn out» e «bonus shares»" e n. 190 "Azioni e quote «auto-estinguibili»").

Inoltre, l'assenza di indicazione espressa del valore nominale delle partecipazioni consentirebbe di realizzare operazioni sul capitale sociale altrimenti precluse, quali l'offerta in sottoscrizione di quote aventi valore inferiore al centesimo di euro (utile in caso, ad esempio, di crowdfunding).

L'indicazione del valore nominale delle quote non è in realtà imposta da alcuna norma di legge, ma in presenza di quote standardizzate (diversamente dall'ipotesi di quote non standardizzate) tale indicazione è da inserirsi nell'atto costitutivo e assume rilevanza statutaria, soggetta alla disciplina di cui all'art. 2480 c.c.

Tuttavia, secondo il Consiglio Notarile di Milano, per scelta organizzativa, anche nel caso di quote standardizzate si potrebbe non inserire in statuto il valore nominale, limitandosi ad indicare il numero delle quote in circolazione, con applicazione analogica della relativa disciplina prevista per le s.p.a.

Occorre però sottolineare che, allo stato, la modulistica di iscrizione nel Registro delle Imprese prevista per le s.r.l. impone di indicare, ogni volta che si compila un elenco soci o una variazione dello stesso, il valore nominale della partecipazione di ciascuno, mentre non consente di indicare nè il numero di quote complessivo nè il numero di quote possedute da ciascun socio.

Conseguentemente, ad oggi, in caso di quote standardizzate senza valore nominale, tutte le volte che si modifica il capitale sociale, è necessario pubblicare nuovamente l'intero elenco soci con indicazione del valore nominale di ciascuna quota. Tale indicazione è ancora da effettuarsi in centesimi di euro, essendo l'unità minima prevista nel Registro delle Imprese. Pertanto potrebbero essere necessari arrotondamenti, che devono condurre al minor scostamento possibile rispetto al risultato non arrotondato: al riguardo, nello statuto potranno essere inserite regole per effettuare gli eventuali arrotondamenti, sempre nel rispetto del principio di parità di trattamento.