Giuramento del curatore fallimentare e prescrizione presuntiva nel giudizio di accertamento del passivo: questioni aperte rimesse alle Sezioni Unite

19 Dicembre 2022

La I sezione civile della Suprema Corte, con la pronuncia in esame, ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite di alcune importanti questioni in tema di giudizio di accertamento del passivo fallimentare per la loro rilevanza nomofilattica, alla luce dei diversi orientamenti emersi in ambito concorsuale.
Massima

Occorre rimettere al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, le seguenti questioni:

i) se, nell'ambito del giudizio di accertamento del passivo fallimentare, il curatore fallimentare sia legittimato a opporre la prescrizione presuntiva (nel caso di specie ex art. 2956, n. 2, c.c.), in quanto parte processuale, ai sensi dell'art. 95, comma 1, l. fall., o comunque in quanto terzo interessato, ai sensi dell'art. 2939 c.c., tenuto conto della correlazione posta tra tale eccezione e la possibilità per la controparte di deferire giuramento "per accertare se si è verificata l'estinzione del debito" (art. 2960, comma 1, c.c.);

ii) se l'art. 2739 c.c. e l'art. 2737 c.c. (che per la capacità di deferire o riferire il giuramento rinvia all'art. 2731 c.c. in tema di confessione) ostano alla prestazione del giuramento decisorio da parte del curatore fallimentare, in quanto terzo privo della capacità di disporre del diritto, oppure ostino solo al suo potere di deferire e riferire il giuramento, ma non di prestarlo, anche in relazione all'inquadramento della prescrizione presuntiva come presunzione legale relativa, con limitazione dei mezzi di prova contraria, ovvero come ipotesi speciale di prescrizione, superabile solo dall'ammissione in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta (art. 2959 c.c.), o dal particolare valore attribuito dalla legge al giuramento decisorio;

iii) se, in particolare, ove si escluda la deferibilità del giuramento su fatto non "proprio", ma del fallito (cd. giuramento de veritate), al curatore fallimentare possa essere comunque deferito il giuramento sulla conoscenza che egli ne abbia - tenuto conto delle interlocuzioni tra curatore e fallito imposte dagli art. 16, comma 1, n. 3), e art. 49 L. Fall., la cui inosservanza è penalmente sanzionata (art. 220 L. Fall.) - e se, in tal caso, si tratti del cd. giuramento de scientia, ex art. 2739 c.c., comma 2, ovvero del cd. giuramento de notitia, ex art. 2960, comma 2, c.c., norma espressamente riferita al coniuge superstite o agli eredi del debitore e ai loro rappresentanti legali, ma in tesi applicabile analogicamente;

iv) se, una volta ammesso il giuramento de scientia o de notitia, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza dell'avvenuta estinzione del debito equivalga a prestazione favorevole al giurante, lasciando in vita la presunzione di pagamento, o assuma invece gli effetti del rifiuto del giuramento, favorevole al creditore - come avviene nel giuramento de veritate - e se tale conclusione debba valere per tutti i soggetti che prestino giuramento de scientia o de notitia, ovvero solo per il curatore fallimentare.

Il caso

Il Tribunale di Brescia ha rigettato l'opposizione allo stato passivo del Fallimento di una s.r.l., proposta ai sensi dell'art. 98 l.fall., contro il parziale rigetto della domanda di ammissione al passivo dei crediti per prestazioni professionali rese in favore della società in bonis, fondata dal giudice delegato sull'accoglimento dell'eccezione di prescrizione presuntiva triennale sollevata dal curatore ai sensi dell'art. 2956 c.c. La S.r.l. ha impugnato la decisione con ricorso per cassazione.

La Prima Sezione civile ha disposto la discussione in pubblica udienza per la rilevanza nomofilattica delle questioni riguardanti l'ammissibilità del giuramento decisorio del curatore e della correlata facoltà per il curatore di sollevare eccezione di prescrizione presuntiva.

Il Collegio ha ritenuto che le questioni di cui trattasi fossero meritevoli di essere sottoposte alla valutazione delle Sezioni Unite per la loro rilevanza nomofilattica, alla luce dei diversi orientamenti emersi in ambito concorsuale, da coniugare in chiave sistematica con la valenza generale dell'istituto della prescrizione presuntiva cui è correlato l'altrettanto generale istituto del giuramento decisorio.

La questione giuridica

La Corte è partita dalla correlazione posta dall'art. 2959, comma 1, c.c. tra l'eccezione di prescrizione presuntiva e la facoltà di deferire il giuramento “per accertare che l'obbligazione non è stata estinta”, per rilevare come il ventaglio di soluzioni astrattamente prospettabili nei giudizi di accertamento del passivo fallimentare, e quindi anche delle impugnazioni dei creditori concorrenti di cui all'art. 98, comma 2, l.fall., possa oscillare dall'esclusione della stessa facoltà per il curatore di sollevare detta eccezione in ragione della sua incapacità di prestare giuramento “de veritate”, sino alla possibilità di ritenere che in tal caso la capacità di prestarlo residui in capo al fallito, per il particolare valore attribuito dalla legge alla prestazione del giuramento e al rifiuto di prestarlo, visti i suoi riflessi penalistici.

Ebbene, secondo la suprema Corte la soluzione non può prescindere dal confronto con l'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 2960 c.c. (Delazione del giuramento), spesso assimilata, mutatis mutandis, al fallimento, secondo cui il giuramento può essere deferito al coniuge superstite e agli eredi o ai loro rappresentanti legali per dichiarare se hanno notizia dell'estinzione del debito che in caso di decesso del debitore (il cosiddetto giuramento “de notitia”).

I Supremi Giudici pongono l'accento sulla circostanza che costoro rivestono il ruolo di aventi causa del defunto e che, nonostante la loro naturale prossimità al debitore (verosimilmente maggiore di quella del curatore rispetto al fallito), nella giurisprudenza (anche costituzionale - Corte cost. 162/1973) degli ultimi cinquanta anni non si è mai messo in dubbio che l'eventuale “dichiarazione di ignorare i fatti non importa rifiuto di giurare, bensì giuramento in senso negativo, per cui la lite va decisa in senso favorevole al giurante” (ex plurimis, Cass. 3353/1968, 6940/2010, 12044/2020), senza che ciò risultasse integrare la violazione del «principio di parità delle parti, “cardine della disciplina del giusto processo” (Corte cost. n. 331 del 2008), principio che, anche alla luce dell'articolo 6 CEDU, importa la contrapposizione paritetica tra le parti in causa, alle quali vanno perciò accordati strumenti tecnico-processuali idonei ad influire sulla formazione della decisione giurisdizionale» (così Cass. 20602/2022).

Sulla base di tali argomentazioni la Corte fa discendere la prospettata applicabilità analogica dell'art. 2960, comma 2, c.c. anche al curatore fallimentare, nell'assunto che l'elencazione dei soggetti ivi contemplati sia «meramente esemplificativa (..) volendo il legislatore fare riferimento alla più ampia categoria dei soggetti che possono avere avuto notizia dell'estinzione del diritto di credito» – come in effetti testimoniano gli obblighi informativi imposti al fallito dagli artt. 16, comma 1, n. 3) e 49, l.fall., penalmente sanzionati dall'art. 220 l.fall. – con la precisazione che «il giuramento de notitia è prova per propria natura soggetta al prudente apprezzamento del giudice ai sensi della norma dell'art. 116 cod. proc. civ.» (così Cass. 13298/2018). E' evidente - proseguono i supremi giudici - che la scelta della soluzione ermeneutica più coerente sul piano sistematico dipende anche dalla natura attribuita alla prescrizione presuntiva, la quale è stata variamente inquadrata ora sul piano probatorio, quale semplice presunzione legale relativa, con limitazione dei mezzi di prova contraria (ex multis, Cass. 11195/2007, 17071/2021), ora sul piano sostanziale, conformemente all'impianto codicistico, come ipotesi speciale di prescrizione capace di incidere “direttamente sul diritto sostanziale, limitandone la protezione giuridica, in modo per sua natura non diverso, anche se più limitato, rispetto a quello derivante dalla prescrizione ordinaria” (ex multis, Cass. 2437/1969, 7527/2012, 15570/2012).

In questa seconda prospettiva - aggiungono i giudici di legittimità - l'istituto della prescrizione fa sempre gravare sul creditore l'onere di attivarsi per la tutela delle proprie ragioni, ma mentre il decorso del tempo comporta ordinariamente la radicale estinzione del diritto di credito, in determinati casi (artt. 2954, 2955, 2956 c.c.) il decorso di un tempo più breve si limita a far presumere che il pagamento vi sia stato (e che sia stato esso, piuttosto che il mero decorso del tempo, ad estinguere il diritto). A meno che - conclude la Corte - la mancata estinzione dell'obbligazione sia stata ammessa in giudizio, nel qual caso l'eccezione di prescrizione è rigettata (art. 2959 c.c.), ovvero che al debitore sia deferito il giuramento de veritate (ex art. 2960, comma 1, c.c.) o all'erede – e, in tesi, al curatore fallimentare – sia deferito il giuramento de notitia (ex art. 2960, comma 2, c.c.), con gli effetti che ne conseguono sul piano processuale.

La decisione della Corte

Sulla base delle predette argomentazioni il Collegio ha deciso di rimettere al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c. , le seguenti questioni di massima ritenute di particolare importanza:

- se, nell'ambito del giudizio di accertamento del passivo fallimentare, il curatore fallimentare sia legittimato ad opporre la prescrizione presuntiva (nel caso di specie ex art. 2956, n. 2, c.p.c.), in quanto parte processuale, ai sensi dell'art. 95, comma 1, l.fall., o comunque in quanto terzo interessato, ai sensi dell'art. 2939 c.c., tenuto conto della correlazione posta tra tale eccezione e la possibilità per la controparte di deferire giuramento «per accertare se si è verificata l'estinzione del debito» (art. 2960, comma 1, c.p.c.);

- se l'art. 2739 c.c. e l'art. 2737 c.c. (che per la capacità di deferire o riferire il giuramento rinvia all'art. 2731 c.c. in tema di confessione) ostano alla prestazione del giuramento decisorio da parte del curatore fallimentare, in quanto terzo privo della capacità di disporre del diritto (Cass. 1916/1972, 1314/1975, 723/1978, 9881/1997, 4474/1998, 3573/2011, 25286/2013, 15570/2015, 23427/2016, 19418/2017, 12044/2020), oppure ostino solo al suo potere di deferire e riferire il giuramento, ma non di prestarlo, anche in relazione all'inquadramento della prescrizione presuntiva come presunzione legale relativa, con limitazione dei mezzi di prova contraria (Cass. 11195/2017, 17071/2021), ovvero come ipotesi speciale di prescrizione (Cass. 2437/1969, 7527/2012, 15570/2012), superabile solo dall'ammissione in giudizio che

l'obbligazione non è stata estinta (art. 2959 c.c.), o dal particolare valore attribuito dalla legge al giuramento decisorio;

- se, in particolare, ove si escluda la deferibilità del giuramento su fatto non “proprio”, ma del fallito (cd. giuramento de veritate), al curatore fallimentare possa essere comunque deferito il giuramento sulla conoscenza che egli ne abbia – tenuto conto delle interlocuzioni tra curatore e fallito imposte dagli artt. 16, comma 1, n. 3), e 49 l.fall., la cui inosservanza è penalmente sanzionata (art. 220 l.fall.) – e se, in tal caso, si tratti del cd. giuramento de scientia, ex art. 2739, comma 2, c.c. (Cass. 20602/2022), ovvero del cd. giuramento de notitia, ex art. 2960, comma 2, c.c., norma espressamente riferita al coniuge superstite o agli eredi del debitore e ai loro rappresentanti legali, ma in tesi applicabile analogicamente (Cass. 13298/2018);

- se, una volta ammesso il giuramento de scientia o de notitia, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza dell'avvenuta estinzione del debito equivalga a prestazione favorevole al giurante, lasciando in vita la presunzione di pagamento (Corte cost. 162/1973; Cass. 3353/1968, 3621/1969, 1424/1973, 315/1978, 1033/1980, 1148/1983, 7713/1990, 5163/1993, 6940/2010; in tema di fallimento, Cass. 647/2008, 15570/2015, 13298/2018), o assuma invece gli effetti del rifiuto del giuramento, favorevole al creditore (Cass. 20622/2022) – come avviene nel giuramento de veritate – e se tale conclusione debba valere per tutti i soggetti che prestino giuramento de scientia o de notitia, ovvero solo per il curatore fallimentare.

Osservazioni

L'art. 98 l.fall.. prevede che contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo il creditore (o il titolare di diritti su beni mobili o immobili) possa proporre opposizione per contestare che la propria domanda sia stata respinta o accolta in parte. L'opposizione è proposta nei confronti del curatore. Nel giudizio de quo la suprema Corte si è posta il problema dell'ammissibilità del giuramento decisorio del curatore nell'ambito del giudizio di accertamento del passivo fallimentare nonché della correlata facoltà per il curatore di sollevare eccezione di prescrizione presuntiva, anche alla luce della qualificazione di tale eccezione come presunzione legale relativa, con limitazione dei mezzi di prova contraria.

Secondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza di legittimità (ribadito da Cass. Civ., Sez. VI, ord., 22 giugno 2020 n. 12044), nel giudizio di opposizione allo stato passivo il curatore, in quanto terzo rispetto al fallito e privo della capacità di disporre del diritto controverso, non può essere sollecitato alla confessione su interrogatorio formale con riferimento a vicende solutorie attinenti all'obbligazione dedotta in giudizio, né gli è deferibile il giuramento decisorio" (Cass. 15570/2015). Tale orientamento è stato viepiù affermato proprio in ipotesi di giuramento decisorio necessario per vincere l'eccezione di prescrizione presuntiva (Cass. 19418/2017, con richiamo a Cass. 23427/2016, 25286/2013, 3573/2011), osservandosi altresì che ciò non potrebbe "valere a rendere inapplicabile l'istituto della prescrizione presuntiva nell'ambito del procedimento di ammissione al passivo fallimentare", in quanto ciò significherebbe "mettere il curatore fallimentare in una posizione deteriore rispetto a quella dei comuni debitori".

Correlativamente, la Suprema Corte ha statuito che, in tema di prescrizioni presuntive, mentre il debitore eccipiente è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l'onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito e può fornire tale prova solo deferendo il giuramento decisorio o avvalendosi dell'ammissione, fatta in giudizio dal debitore, che l'obbligazione non è stata estinta (Cass. civ., sez. VI, ord., 16 giugno 2021 n. 17071).

Orbene, nella decisione in commento i Supremi Giudici sembrano escludere la deferibilità al curatore fallimentare del cosiddetto giuramento de veritate, in quanto attinente a fatto non “proprio” ma del fallito. Prendono però in considerazione la deferibilità al curatore fallimentare del giuramento sulla conoscenza che egli abbia (rectius: non abbia) dell'avvenuta estinzione del debito, con un parallelismo e conseguente estensione analogica della norma di cui all'art. 2960, comma 2, c.c., espressamente dettata per il coniuge superstite o per gli eredi del debitore e loro rappresentanti legali.

E' questo, a parere di chi scrive, il fil rouge che l'interprete, oggi, dovrà seguire. In attesa del superiore giudizio delle Sezioni Unite.

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