Illegittima la paralisi delle azioni esecutive contro gli enti sanitari della Regione Calabria

19 Dicembre 2022

Con la pronuncia in commento, la Corte costituzionale dichiara illegittima una norma della Regione Calabria che aveva in via generale e per diversi anni denegato il diritto dei creditori a promuovere azioni esecutive nei confronti degli enti sanitari.
Massima

È costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 24 e 111 Cost. l'art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146/2021 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella l. n. 215/2021 che pone il divieto, fino al 31 dicembre 2025, di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria, con l'inefficacia dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione.

Il caso

I giudici dell'esecuzione presso i Tribunali di Crotone (reg. ord. n. 15 del 2022) e di Cosenza (reg. ord. n. 39 del 2022), hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146/2021, come convertito, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.

La medesima disposizione è stata censurata, per violazione degli artt. 24 e 113 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, in funzione di giudice dell'ottemperanza, con cinque distinte ordinanze (iscritte ai numeri 48, 51, 52, 66 e 67 reg. ord. 2022).

In particolare, il Tribunale di Crotone ha evidenziato di avere rinviato una procedura esecutiva presso terzi instaurata contro l'Asp nell'attesa della pronuncia della Corte sull'illegittimità costituzionale della proroga del divieto delle azioni esecutive disposta per la situazione emergenziale derivata dalla diffusione del Covid. Il giudice ha dunque osservato che, in ottemperanza alla sentenza n. 236/2021 della Corte costituzionale, avrebbe dovuto emanare l'ordinanza di assegnazione della somma in favore della creditrice procedente, ma non ha potuto dare seguito a causa dell'improcedibilità -disposta dalla norma censurata- delle azioni esecutive nei confronti degli enti sanitari della Regione Calabria.

Ritenendo tale disposizione illegittima per violazione degli artt. 3, 24 e 11 Cost., il remittente ha investito la Corte della questione di legittimità dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146/2021. Analoga ordinanza di rimessione è stata pronunciata dal Tribunale di Cosenza che, investito di numerose procedure espropriative nei confronti dell'Azienda sanitaria provinciale, ha evidenziato di non poter procedere per il divieto statuito dall'art. 16-septies, anche se dagli accertamenti contabili svolti era risultata una capienza dei fondi di tesoreria tale da poter soddisfare le pretese dei creditori.

La questione

L'art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146/2021, come convertito, statuisce che nei confronti degli enti sanitari calabresi, «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive» fino al 31 dicembre 2025.

Tale disposizione ha inoltre efficacia retroattiva, applicandosi anche ai pignoramenti e alle prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Il comma 3 precisa che le disposizioni contenute nel comma 2 si applicheranno nei confronti della Regione Calabria anche qualora dovesse cessare la gestione commissariale del piano di rientro dai disavanzi sanitari, e, in tal caso, «ogni riferimento al commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro si intende fatto alla Regione Calabria».

La norma, a parere dei rimettenti, viola gli art. 3, 24 e 111 della Costituzione sotto molteplici aspetti.

Anzitutto, la paralisi delle azioni esecutive lederebbe i principi di eguaglianza e ragionevolezza perché creerebbe una disparità di trattamento tra analoghe posizioni creditorie, disparità determinata da «un blocco sistematico in un'unica regione del territorio nazionale», inoltre violerebbe il diritto dei creditori alla tutela in executivis, per l'irragionevole durata della previsione di improcedibilità e l'assenza di misure alternative di soddisfacimento; infine altererebbe la parità delle parti nel processo, a causa dello ius singulare introdotto a favore dell'esecutato pubblico e a danno dell'esecutante privato.

Le soluzioni giuridiche

Appare preliminarmente opportuno ricostruire il quadro normativo in cui si inserisce la disposizione oggetto di censura.

Il legislatore più volte ha dettato nel corso degli anni una disciplina particolare per gli enti sanitari dissestati, prevedendo vincoli di impignorabilità e blocco delle azioni esecutive allo scopo di consentire agli enti di destinare la loro liquidità al soddisfacimento delle prestazioni assistenziali rientranti nei livelli essenziali di assistenza.

In particolare, il decreto legislativo n. 146/2021 si colloca nel solco di quella normativa che ha previsto delle misure eccezionali nel tentativo di risanare il servizio sanitario della Regione Calabria (si veda da ultimi il d.l. n. 60/2019 e d.l. n. 150/2020).

La Corte costituzionale era già intervenuta nel 2021, affrontando una serie di complesse questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto la disciplina dettata dal d.l. n. 150/2020 in tema di commissariamento del servizio sanitario regionale calabrese.

Il Giudice delle leggi aveva evidenziato la peculiarità del sistema sanitario calabrese caratterizzato da un commissariamento che dura dal 2014 e che ha portato ad una lievissima riduzione del disavanzo, sottolineando come la normativa impugnata dettasse una disciplina irragionevole e sproporzionata, che aveva riversato in modo insostenibile l'impegnativa azione di risanamento solo sulle spalle del commissario straordinario il quale, invece, confrontandosi «con una pubblica amministrazione territoriale gravemente inadempiente sotto molteplici profili», avrebbe dovuto essere «assistito da una struttura amministrativa all'altezza del delicatissimo compito che si trova a svolgere».

Pertanto, la Corte, nel ritenere fondate alcune delle questioni sollevate, aveva caldeggiato il legislatore di predisporre un adeguato sistema normativo idoneo a porre rimedio alla disastrata situazione contabile della sanità calabrese (sent. 23 luglio 2021, n. 168).

Proprio a questa sentenza si ricollega il secondo comma dell'art. 16-septies che enuclea lo scopo della normativa: concorrere all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria, attraverso la previsione delle misure di organizzazione e di provvista elencate nelle lettere da a) a f), sino alla lettera g), oggetto della presente censura.

Il blocco delle azioni esecutive nei confronti degli enti sanitari calabresi, ad avviso del legislatore, è determinato dunque dalla necessità di assicurare al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidità necessaria per lo svolgimento di tutte le attività elencate nel decreto.

I rimettenti, però, hanno evidenziato come la situazione di eccezionalità non sia ascrivibile alla sanità calabrese, in quanto non può avere tale connotato una situazione che si protrae oramai da decenni.

I Tribunali hanno ravvisato nella norma la violazione dell'art. 24 Cost., perché il sacrificio imposto ai creditori degli enti del servizio sanitario regionale non sarebbe bilanciato dalla previsione di misure di tutela giurisdizionali alternative, dei principi di eguaglianza e ragionevolezza, perché creerebbe una disparità di trattamento tra analoghe posizioni creditorie, a causa della previsione della paralisi delle procedure esecutive in un'unica regione del territorio nazionale; del diritto dei creditori alla tutela in executivis, per l'eccessiva durata dell'improcedibilità e anche dell'art. 111 della Cost. a causa dello ius singolare introdotto a favore dell'esecutato pubblico ai danni dell'esecutante privato.

Inoltre, i giudici a quibus hanno evidenziato che così statuendo il legislatore ha disatteso quanto stabilito dalla Consulta con le sentenze n. 186/2013 e n. 236/2021, che hanno dichiarato l'illegittimità di anteriori disposizioni di improcedibilità esecutiva nei confronti degli enti sanitari.

La Corte costituzionale, investita della questione, ha preliminarmente evidenziato che la disposizione censurata si colloca nell'ambito di una legislazione volta a favorire il rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria.

Proprio la natura eccezionale della crisi sanitaria calabrese giustificherebbe in linea di principio l'adozione di misure straordinarie quali la temporanea paralisi delle procedure esecutive.

Tuttavia, il legislatore, osserva la Consulta, nel predisporre tale misura, non ha effettuato un equo contemperamento degli interessi contrapposti, sacrificando in modo abnorme e ingiustificato il diritto dei creditori muniti di titolo esecutivo.

Difatti, è stato più volte ribadito dalla Consulta che la garanzia della tutela giurisdizionale sancita dall'art. 24 Cost. ricomprende anche la fase dell'esecuzione forzata, in quanto rende effettiva l'attuazione del provvedimento giudiziale (sentt. n. 140/2022, n. 128 del 2021, n. 522 del 2002 e n. 321 del 1998).

Conseguentemente, una norma che limita l'efficacia dei titoli esecutivi di formazione giudiziale è legittima solo se circoscritta ad un periodo temporale limitato e se compensata da disposizioni che prevedano un soddisfacimento alternativo dei diritti portati dai titoli, altrimenti la misura stessa viola sia l'effettività della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost., sia la parità delle parti statuita dall'art. 111 Cost., perché crea una disparità di trattamento tra esecutante privato e l'esecutato pubblico in favore di quest'ultimo (C. cost., sentt. n. 236/2021 e n. 186/2013).

Non solo. La mancata previsione di strumenti di tutela alternativi finisce col subordinare il pagamento dei fornitori a valutazioni amministrative assolutamente discrezionali, con il pericolo che venga soddisfatto un credito sfornito di titolo esecutivo a discapito di un altro assistito da titolo esecutivo definitivo.

Il Giudice delle leggi evidenzia, infine, che la stessa durata del blocco delle azioni esecutive per un periodo così lungo, fino al 2025, finisce con il comprimere illegittimamente il diritto dei creditori esponendoli al concreto rischio di fallimento. Tale eccessiva durata della paralisi delle azioni esecutive viola il canone della proporzionalità, dovendo le operazioni di riscontro, anche se complesse, svolgersi in un lasso di tempo più breve, “mediante un adeguato impiego di risorse umane, materiali e finanziarie, che lo stato deve garantire alla struttura commissariale”.

Vi è più. La durata prevista del legislatore, osserva la Consulta, è anomala rispetto a quella prevista in altri provvedimenti simili, in cui è stata fissata per un periodo massimo di un anno (si pensi alla paralisi delle azioni esecutive per l'emergenza covid).

Per tutte queste argomentazioni, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146/2021, come convertito, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost, ritenendo assorbite le censure di cui agli artt. 3 e 113 Cost.

Osservazioni

La sentenza conferma l'orientamento della Corte costituzionale in materia di (il)legittimità del blocco delle azioni esecutive. Una disposizione simile a quella oggetto della presente censura era contenuta nell'art. 1, comma 51 della legge n. 220/2010, che vietava di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere commissariate fino al 31 dicembre 2011, termine prorogato poi al 2013. Tale disposizione legislativa fu dichiarata incostituzionale dalla Consulta (sent. 12 luglio 2013, n. 186), per violazione dell'art. 24 Cost. in quanto, in conseguenza della norma censurata, venivano vanificati gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai numerosi creditori delle aziende sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi.

Nello stesso senso, in materia di blocco delle azioni esecutive per l'emergenza covid, si colloca la sentenza 4 aprile 2022, n. 87, con cui il Giudice delle leggi ha chiarito che un provvedimento legislativo che svuota sostanzialmente di contenuto i titoli esecutivi giudiziali ottenuti nei confronti di un debitore può ritenersi legittimo, solo in presenza di specifiche esigenze transitorie, se contenuto entro ristretti limiti temporali e se controbilanciato da norme di carattere sostanziale che consentano ai creditori insoddisfatti (e privati de facto dei titoli esecutivi ottenuti) uno strumento alternativo per soddisfare diversamente i propri diritti. A ciò aggiungasi che ogni paralisi delle azioni esecutive determina anche la violazione dell'art. 6 CEDU, in quanto privare di effetti le procedure esecutive pendenti determina la lesione del diritto ad un equo processo atteso che la tutela esecutiva è una componente fondamentale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

A tal proposito appare opportuno ricordare la sentenza 16 febbraio 2022, n. 99, con cui il TAR di Reggio Calabria, investito di un giudizio d'ottemperanza nei confronti di un'ASL, ha disapplicato la norma censurata, ritenendola incompatibile con il diritto dell'Unione europea (Trattato UE, Trattato TFUE, CDFUE, contenenti norme e principi direttamente applicabili, oltre che con la Direttiva n. 2011/7 sui ritardi nelle transazioni commerciali, direttamente efficace nei c.d. rapporti verticali), dichiarando, pertanto, fondata l'azione esecutiva intrapresa.

La decisione in commento contiene, infine, un monito espresso al legislatore, avvertendolo che potrà reintrodurre una misura temporanea di improcedibilità delle esecuzioni e di inefficacia dei pignoramenti, se indispensabile in rapporto all'eccezionalità dei presupposti, osservando tuttavia i limiti enunciati nella sentenza.

Riferimenti
  • Fanticini, Leuzzi, Rossi, Saija, L'art. 54-ter d.l. n. 18 del 2020 nel sistema dell'esecuzione forzata, in REF, 2020, 3, 794 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.