Inquadramento di eventi infettivi lavorativi e prova del momento infettante: aspetti medico-legali
19 Dicembre 2022
Premessa
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, pubblicata il 10 ottobre 2022 (n.r.g. 15086/2021), ha dato seguito ad interpretazioni – richiamate da più Autori su organi di stampa – della malattia Covid-19 come malattia professionale.
Secondo l'ordinanza, rispetto all'infezione virale, va ripreso l'indirizzo, risalente e mai contraddetto, secondo cui l'evento è da qualificare come infortunio sul lavoro e «nell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce causa violenta anche l'azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell'organismo umano, ne determinino l'alterazione dell'equilibrio anatomo-fisiologico, sempreché tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell'attività lavorativa, anche in difetto di una specifica causa violenta alla base dell'infezione» con l'aggiunta che «la relativa dimostrazione può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni semplici» (Cass. civ., 7306/2000, poi anche Cass. civ., 20941/2004; Cass. civ., 6899/2004)». Inoltre, l'Ordinanza precisa come debba essere ribadito «il principio di cui alla citata Cass. civ., 7306/2000 e successive conformi e ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla medesima Corte d'Appello, affinché svolga l'accertamento che pertiene ai casi come quello di specie, da operare ricostruendo in via probabilistica l'esistenza o meno di nesso causale tra l'evento morboso denunciato e l'attività professionale, secondo la tipologia di essa e le modalità concrete del suo svolgimento, ma senza necessità di riscontrare l'esistenza di uno specifico episodio o contatto infettante in occasione di lavoro».
L'ordinanza della Corte di Cassazione, affrontando un caso di infezione da virus dell'epatite C, richiama due essenziali profili di interesse medico-legale, riguardanti la qualificazione dell'evento infettivo come infortunio sul lavoro e l'accertamento dell'evento infettante negli infortuni da infezione virale/microbica. In ordine al primo aspetto, la Suprema Corte ha confortato l'orientamento consolidato della tutela Inail, ritenendo che ogni causa virale/batterica sia equiparata a causa violenta. Quindi, l'infortunio provocato da agente biologico va equiparato all'infortunio derivante da qualsiasi altra energia violenta (termica, fisica, chimica, elettrica, etc.). Nessuna commistione, dunque, tra l'evento infettivo infortunistico e la malattia professionale, tabellata e non tabellata.
Va ribadito, inoltre, che, diversamente dalle malattie professionali, l'infortunio da infezione microbica è evento morboso a genesi monofattoriale (un agente infettante, noto, un momento infettante, noto o dedotto), esclusivamente dovuto all'azione virulenta che consegue alla penetrazione concentrata nel tempo del microbo nell'organismo del lavoratore.
La seconda questione è quella relativa all'elemento probatorio ravvisato dalla Corte d'Appello nella “certa individuazione del fatto origine della malattia” e nella “prova rigorosa dell'evento infettante in occasione di lavoro”.
L'ordinanza della Cassazione, in effetti, conforta la procedura di accertamento medico-legale degli infortuni da infezione da sempre seguita dall'Istituto, la cui “relativa dimostrazione può essere fornita anche mediante presunzioni semplici”.
Tutti gli infortuni da agente virale o microbico (infezioni da Sars-CoV-2, epatiti, tubercolosi, HIV, etc.) scontano talora un difetto di prova rispetto al preciso momento infettante, come bene richiama l'ordinanza.
La questione dell'individuazione del momento infettante va superata attraverso l'applicazione della presunzione semplice di origine professionale, per le sole categorie di lavoratori esposti ad elevato rischio di infezione, come nel caso degli operatori sanitari.
Per le altre categorie, si seguono gli ordinari criteri di accertamento medico-legale del nesso causale.
Per taluni infortuni da infezione virale o microbica, in ragione delle specifiche modalità di contagio, l'elevato rischio non è concetto correlato esclusivamente alla qualità (tipologia del lavoro svolto) ma anche alla quantità (durata/frequenza di esposizione a possibili episodi di infezione). La trattazione medico-legale Inail dei casi di infortunio di natura infettiva
La trattazione medico-legale Inail dei casi di infortunio di natura infettiva, ribadita anche per i casi di Covid-19, aderisce al principio della presunzione semplice e «facilita il riconoscimento per le categorie a elevato rischio, senza però introdurre alcun automatismo». Infatti, la trattazione medico-legale in regime di presunzione semplice si basa sull'accertamento rigoroso dei fatti e delle circostanze che consentono fondatamente di desumere che il contagio sia avvenuto in occasione di lavoro (verifica delle modalità di svolgimento in concreto dell'attività lavorativa, tempi di esposizione all'elevato rischio, timing di comparsa clinica e laboratoristica della infezione e periodo di latenza, link epidemiologici, ecc.).
Completa tale accertamento la rigorosa verifica dell'assenza del contagio in occasione di lavoro. Tutte le fasi accertative, aderenti a criteri di appropriatezza medico-legale, sono state pure adottate per la gestione degli infortuni COVID-19 correlati. In conclusione
Nella riscontrata esposizione a rischio di infezione per categorie di lavoratori quali gli operatori sanitari, verificata medico-legalmente anche l'assenza di fonti ed eventi di contagio extraprofessionali, non assume rilevanza, ai fini della ammissione a tutela come infortunio sul lavoro, il mancato rilievo del preciso momento infettante professionale.
Alla luce di quanto precedentemente espresso, la presunzione semplice consente, per gli infortuni sul lavoro in esposti ad elevato rischio di contagio, il superamento della prova in ordine al momento infettante in occasione di lavoro, come riaffermato nella recente ordinanza della Corte di Cassazione.
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