Sinistro stradale: l'accertato superamento del limite di velocità prova il nesso causale tra condotta e danno

Redazione Scientifica
21 Dicembre 2022

La Cassazione ha annullato la decisione con cui i giudici dell'appello avevano affermato che «non è dato in alcun modo sapere se il rispetto del limite di velocità da parte del conducente avrebbe impedito il decesso del soggetto trasportato».

A seguito di un sinistro stradale nel quale un veicolo perdeva il controllo invadendo la corsia opposta, il terzo trasportato sull'altra auto coinvolta subiva lesioni che ne determinarono il decesso. La moglie agiva per il risarcimento dei danni, anche in nome e per conto dei figli minori, così come i genitori e i fratelli del deceduto che assumevano la responsabilità di entrambi i conducenti. Il Tribunale, riscontrato l'eccesso di velocità di entrambe le auto, affermava la concorrente responsabilità dei due conducenti nella misura del 70 e del 30% e accoglieva le domande attoree. La sentenza veniva riformata in appello.

La questione è, dunque, giunta dinanzi alla Corte di legittimità con diversi ricorsi e controricorsi presentati dalle parti coinvolte, con i quali viene sostanzialmente censurata la ricostruzione della dinamica del sinistro e la conseguente affermazione della responsabilità concorrente dei due conducenti.

In particolare, risultando pacifico che lo scontro si sarebbe verificato anche in caso di rispetto dei limiti di velocità, anche in considerazione delle condizioni dell'asfalto bagnato, si controverte sul concorso della condotta del conducente del veicolo su cui viaggiava il deceduto alla causazione della morte appunto dell'uomo.

In prime cure, infatti, il giudice aveva ritenuto che l'eccesso di velocità avesse aggravato le conseguenze dell'impatto, rendendo più dirompente la forza d'urto e assumendo dunque un ruolo concausale nel decesso. Il giudice dell'appello aveva invece ritenuto apodittica tale affermazione, «posto che non è dato in alcun modo sapere se il rispetto del limite di velocità da parte del [conducente] avrebbe impedito il decesso». Si tratta di un'affermazione che può essere censurata in sede di legittimità, come conferma la Cassazione.

Non si tratta infatti di un apprezzamento di merito, ma piuttosto dell'errore di diritto riscontrabile nella scelta della corte territoriale di far conseguire un esito “assolutorio” per il conducente del veicolo e la sua assicurazione alla difficoltà di accertare l'incidenza causale della velocità irregolare sulla gravità delle lesioni riportate dal deceduto. La pronuncia afferma infatti che «laddove si accerti che la condotta colposa di un conducente (nel caso, per eccesso di velocità) ha aggravato le conseguenze del sinistro che si sarebbe in ogni caso verificato a seguito della manovra colposa del conducente del veicolo antagonista (nel caso, per aver invaso l'opposta corsia di marcia), risulta con ciò stesso assolto l'onere dei danneggiati (nel caso, i congiunti del trasportato deceduto nel sinistro) di provare il nesso di causa fra la condotta di entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro e il danno patito (fatta slava la quantificazione, da parte del giudice, della misura dei distinti contributi causali), mentre incombe sul conducente che affermi che il danno si sarebbe egualmente verificato, a prescindere dalla propria condotta, l'onere di fornirne la prova».

In conclusione, la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello che dovrà fare applicazione al suddetto principio di diritto.

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

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