Risarcimento del danno micropermanente: è sempre necessario l’accertamento strumentale?
28 Dicembre 2022
La pronuncia in commento ha origine da un sinistro stradale all'esito del quale, a uno degli automobilisti coinvolti, venivano diagnosticati un trauma cranico, la distrazione cervicale e un trauma policontusivo da cui ne erano derivati danni biologici temporanei e permanenti, valutati e accertati dal medico legale. Dopo aver esperito la trattativa ex art. 148 d.lgs. n. 209/2005, volta ad ottenere il risarcimento dei danni rispettivamente subiti, l'odierno ricorrente conveniva la controparte davanti al Giudice di pace per chiedere che venisse condannato al risarcimento, non ritenendo satisfattiva l'offerta risarcitoria stragiudiziale. Tale esclusione del diritto al risarcimento ha costituito oggetto delle doglianze del danneggiato nel ricorso proposto per la cassazione della sentenza del Tribunale.
La Suprema Corte ha accolto le osservazioni prospettate dal ricorrente ed ha affermato il principio di diritto per il quale «in materia di risarcimento del danno da c.d. micro-permanente, l'art. 139, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, nel testo modificato dall'art. 32, comma 3-ter, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, inserito dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27, va interpretato nel senso che l'accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali; tuttavia l'accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l'unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione ai fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l'esame clinico strumentale».
Con riferimento al ruolo del medico legale ha enunciato un ulteriore principio: «l'art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005, come modificato dalla legge n. 27 del 2012 e dalla legge n. 124 del 2017, valorizza (e, al contempo, grava di maggiore responsabilità) il suolo del medico legale, imponendo a quest'ultimo la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico legali di valutazione e stima del danno alla persona (e cioè il criterio visivo, il criterio clinico ed il criterio strumentale): tali criteri non sono tra di loro gerarchicamente ordinati e neppure vanno unitariamente intesi, ma vanno tutti prudentemente utilizzati dal medico legale, secondo le legis artis, nella prospettiva dell'”obiettività del complessivo accertamento, che riguardi sia le lesioni che i relativi eventuali postumi. Pertanto, sarà risarcibile anche il danno da micropermanente, i cui postumi non siano suscettibili di accertamenti strumentali, a condizione che l'esistenza di detti postumi possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico legale».
Infine, con particolare riferimento al secondo motivo proposto con il ricorso in Cassazione avverso la statuizione del Tribunale che dichiarava non risarcibile la spesa sostenuta dal danneggiato per avvalersi di assistenza professionale nella trattativa risarcitoria stragiudiziale con la compagnia assicurativa, la Suprema Corte afferma infine che «in tema di responsabilità civile da circolazione, le spese sostenute dal danneggiato per l'attività stragiudiziale svolta in suo favore da una società infortunistica, diretta sia a prevenire il processo sia ad assicurare un esito favorevole, ancorché detta attività possa essere svolta personalmente, costituiscono un danno emergente, che, se allegato e provato, deve essere risarcito ai sensi dell'art. 1223 c.c. L'utilità di dette spese, in funzione della possibilità di porle a carico del danneggiante, anche in caso di danno da micropermanente, dev'essere valutata ex ante, con specifico riferimento alle circostanze del singolo caso concreto (tra esse compresa il grado di esperienza e di conoscenza tecnico legale dell'interessato), avuto riguardo a quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l'esito del futuro giudizio». In ragione di suddetti principi, la Corte di Cassazione accoglie integralmente il ricorso del danneggiato.
(Fonte: diritto e giustizia) |