Licenziamento collettivo: configurabilità di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro

Paolo Patrizio
05 Gennaio 2023

La decisione in esame involge la tematica della configurabilità dell'esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, ai fini della estensione selettiva della platea lavorativa, cui applicare i criteri di cui all'art. 5, L. n. 223/1991, in ipotesi di licenziamento collettivo.
Le massime

“… è configurabile l'esistenza di un unico centro di imputazione in presenza di: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo/finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori (Cass. n. 25/01/2021 n. 1507; v. Cass. 31/07/2017, n. 19023; Cass. 31/05/2017, n. 13809, Cass. 20/12/2016, n. 26346; Cass. 12/02/2013, n. 3482); in particolare è stato chiarito che "Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a fare capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese; tale collegamento, pertanto, non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso tra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro - anche ai fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l'applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato - ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame delle singole imprese, da parte del giudice del merito...” ;

“… Ove il collegamento economico funzionale tra le imprese sia tale da comportare l'utilizzazione contemporanea e indistinta della prestazione lavorativa da parte delle diverse società si è in presenza di un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro; ne consegue che tutti i fruitori dell'attività devono essere considerati responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, in virtù della presunzione di solidarietà prevista dall'art. 1294 c.c., in caso di obbligazione con pluralità di debitori, qualora dalla legge o dal titolo non risulti diversamente…";

“… in tema di licenziamento collettivo, la scelta dei lavoratori da licenziare in applicazione dei criteri di legge deve essere fatta nell'ambito dell'intero complesso aziendale, a meno che la riduzione riguardi un reparto determinato, dotato di specifica autonomia e formato da particolari professionalità, non fungibili rispetto a quelle di altri reparti (con onere della prova a carico della parte datoriale delle situazioni che rendono impraticabile la comparazione) …”.

Il caso

Nel giugno del 2016, il rapporto di lavoro di una assistente di volo di compagnia aerea veniva risolto all'esito della procedura di licenziamento collettiva conclusa dall'azienda datrice.

La lavoratrice provvedeva ad impugnare il comminato licenziamento, lamentando la sussistenza di un centro unico di imputazione di interessi tra la datrice di lavoro ed altra azienda del comparto aereo, così stigmatizzando l'operata scelta datoriale, attesa la mancata estensione della selezione dei lavoratori da licenziare all'intero complesso aziendale unitario e, dunque, anche agli assistenti di volo formalmente dipendenti della diversa compagnia di trasporto aereo.

I Giudici del gravame, nel condividere la decisione di prime cure, accertata la sussistenza di un unico complesso aziendale fra le due compagnie aeree convenute, confermavano la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice all'esito della procedura di licenziamento collettivo attivata dalla formale datrice di lavoro, atteso l'obbligo datoriale di scegliere i lavoratori da licenziare nell'ambito dell'intero complesso aziendale e, pertanto, anche tra gli assistenti di volo formalmente dipendenti dalla diversa compagnia aerea.

La Corte territoriale, pertanto, condannava l'azienda alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro ed al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori, detratto l'aliunde perceptum per effetto dell'occupazione successivamente reperita.

Avverso tale decisione, proponevano ricorso per cassazione le compagnie aeree, stigmatizzando, in sintesi, la sentenza impugnata:

- per avere ritenuto illegittimo il comminato licenziamento, sul presupposto motivazionale che a fondare la contitolarità del rapporto di lavoro bastasse la integrazione fra le attività della controllante e le attività della controllata, a prescindere dall'esame della posizione individuale del singolo lavoratore in rapporto al suo inserimento nella complessiva struttura aziendale e dal concreto accertamento dell'uso promiscuo della sua prestazione;

- perché in ogni caso, anche a voler considerare unitariamente la struttura delle società aeree ricorrenti, l'individuazione dei lavoratori in esubero non sarebbe potuta che avvenire solo che in relazione alle esigenze tecniche, organizzative e produttive della prima società datrice di lavoro dell'assistete di volo licenziata, e non anche con riferimento alla seconda compagnia aerea;

- perché, il giudice di appello, ad ogni modo, aveva trascurato di considerare che nel settore aeronautico, governato da pregnanti e minuziose disposizioni normative, era impossibile, sia di fatto che di diritto, che il servizio di trasporto aereo fosse svolto da due società attraverso una struttura aziendale unitaria con uso promiscuo dei naviganti e dei responsabili delle varie attività.

La questione

La decisione in esame involge la tematica della configurabilità dell'esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, ai fini della estensione selettiva della platea lavorativa, cui applicare i criteri di cui all'art. 5, L. n. 223/1991, in ipotesi di licenziamento collettivo.

La soluzione giuridica

Nel rigettare il ricorso delle compagnie aeree, la Suprema Corte di Cassazione, parte dalla constatazione dell'accertamento compiuto in sede di merito (e men che mai censurabile in sede di legittimità nei termini di omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, stante la preclusione disposta dall'art. 348-ter, ultimo comma cod. proc. civ., per l'esistenza della c.d. doppia pronuncia conforme di primo e secondo grado di giudizio), attestante che gli elementi di collegamento fra le società avessero travalicato, per caratteristiche e finalità, le connotazioni di una mera sinergia fra consociate, per sconfinare in una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva tra le due aziende.

Secondo gli Ermellini, invero, i criteri attraverso i quali la Corte di merito, anche sulla base del richiamo agli elementi a tal fine valorizzati dal primo giudice, era pervenuta alla qualificazione della sostanziale unicità della struttura aziendale, sono coerenti con le indicazioni del giudice di legittimità, secondo il quale è configurabile l'esistenza di un unico centro di imputazione in presenza di: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori.

In particolare, infatti, l'assegnazione di quasi tutta la operatività di volo da una compagnia aerea all'altra mediante anomali contratti cd. di wet lease; la prestazione incrociata di servizi di gestione amministrativa e finanziaria inclusi gli adempimenti civilistici e fiscali; il controllo congiunto di gestione compresa la pianificazione economica, finanziaria e patrimoniale; l'analisi preventiva e consuntiva per gli investimenti; la gestione del personale e delle relazioni industriali; l'utilizzazione, da parte di una compagnia, di personale proveniente dall'altra attraverso l'istituto del distacco e mediante job posting; l'utilizzo di equipaggi di composizione mista tra le due compagini e la dichiarata finalizzazione di tutta la operazione alla riduzione del costo del lavoro, deponevano chiaramente per la ravvisabilità un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.

Se, infatti, è pur vero che il collegamento economico - funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta e, pertanto, non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso tra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, è nondimeno innegabile che tale circostanza incontra un limite laddove vi sia la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame delle singole imprese, da parte del giudice del merito.

Ove, dunque, il collegamento economico funzionale tra le imprese sia tale da comportare l'utilizzazione contemporanea e indistinta della prestazione lavorativa da parte delle diverse società, si è in presenza di un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro, da cui consegue che tutti i fruitori dell'attività devono essere considerati responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, in virtù della presunzione di solidarietà prevista dall'art. 1294 c.c., in caso di obbligazione con pluralità di debitori, qualora dalla legge o dal titolo non risulti diversamente.

Secondo la Cassazione, quindi, alla luce della ricostruzione fattuale operata dalla Corte di merito e nell'ottica della accertata unicità del centro di imputazione sostanziale dei rapporti di lavoro, la tesi delle società ricorrenti, secondo la quale occorreva la dimostrazione, da parte della lavoratrice, di un uso promiscuo della propria attività ad opera delle due compagnie aeree, risulterebbe priva di pregio.

La rilevata compenetrazione tra le strutture aziendali formalmente facenti capo a soggetti distinti, invero, implica la riferibilità della prestazione di lavoro ad un soggetto sostanzialmente unitario e rende non decisiva la vicenda personale del singolo lavoratore.

Nel caso di specie, l'accertamento della sostanziale unitarietà della struttura imprenditoriale costituita dalle due compagnie aeree, infatti, finisce con l'escludere ex sé che possa assumere rilevanza decisiva la verifica circa la concreta, effettiva, utilizzazione da parte di entrambe le società delle prestazioni rese dalla dipendente, la cui attività deve comunque ritenersi prestata nell'interesse indifferenziato delle due società solo formalmente distinte.

Il dato fondamentale è infatti rappresentato dalla totale integrazione fra le attività delle due compagnie aeree, che non consente di distinguere nell'ambito dell'attività prestata dal lavoratore quanto riferibile all'una o all'altra società e ciò esclude in radice la sussistenza di un onere a carico della lavoratrice, di allegazione e prova di un utilizzo promiscuo della prestazione da parte di entrambe le società.

Dall'accertata configurabilità in concreto di un unico soggetto datoriale, dunque, discendeva, quale conseguenza immediata ed ineludibile, la necessità che la procedura collettiva attivata dalla società formale datrice di lavoro coinvolgesse anche i lavoratori in organico alla seconda compagnia aerea e, cioè, tutti i lavoratori dell'unico complesso aziendale scaturito dalla integrazione delle due società, come viceversa non è avvenuto.

Né risulta fondata la proposta censura delle ricorrenti in merito all'asserita violazione di normativa specifica di fonte europea e del codice della navigazione, siccome priva di fondamento in fatto ed in diritto.

In primo luogo, invero, la sentenza della Corte d'Appello non contiene alcuna affermazione in contrasto con le norme richiamate, ma si limita a dare atto della concreta esistenza di una forte integrazione e compenetrazione tra le strutture aziendali facenti capo a due soggetti formalmente autonomi, il che non incide sulle prescrizioni relative alle condizioni per il rilascio delle licenze di esercizio e delle specifiche certificazioni di cui alle disposizioni richiamate.

Tali normative, infatti, operano sul diverso piano correlato ai presupposti di sicurezza della navigazione aerea, dovendo, pertanto, le certificazioni ed i titoli abilitativi di cui alle norme menzionate necessariamente essere riferiti a soggetti formalmente autonomi.

Ciò, tuttavia, non esclude che, da un punto di vista fattuale, a tale formale autonomia corrisponda una integrazione delle strutture aziendali, il che, sotto lo specifico profilo che qui viene in rilievo, giustifica ex se la estensione della platea dei licenziandi all'intero complesso risultante dalla richiamata integrazione.

Il ricorso promosso dalle compagnie, pertanto, va rigettato, avendo i Giudici di merito correttamente operato, rilevando la sostanziale integrazione delle strutture aziendali delle due compagini, il che, sotto lo specifico profilo che qui viene in rilievo, giustifica la estensione della platea dei licenziandi all'intero complesso risultante dalla richiamata integrazione.

Osservazioni

La pronuncia in commento ci consente di avanzare alcune osservazioni in merito alla fondamentale tematica della configurabilità dell'esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, ai fini della estensione selettiva della platea lavorativa, cui applicare i criteri sanciti dall'art. 5, L. n. 223/1991, in ipotesi di licenziamento collettivo.

Punto di partenza dell'analisi in materia e, al contempo, elemento caratterizzante della fattispecie in esame è, invero, ricondotto alla sostanziale esistenza di una simulazione o di una preordinazione in frode alla legge, riscontrabile nel frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale.

È vero che nel nostro ordinamento, come ribadito nella stessa pronuncia in commento, il collegamento economico - funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta, ex sé, il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a fare capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese.

E, pur tuttavia, tale granitico assunto trova una forte eccezione operativa proprio con riferimento alla ravvisabilità di quell'articolata fattispecie di conio e matrice prettamente giurisprudenziale, rappresentata, per l'appunto, dalla figura del centro unico di imputazione del rapporto di lavoro.

Nata da uno spunto di reazione identificativa attuata mediante un meccanismo di piercing the corporate veil, l'accertamento giudiziale della preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra vari soggetti, consente all'ordinamento di contrastare fattispecie elusive di disposizione di tutela laburistiche, per lo più ricondotte alla non integrazione del requisito dimensionale d'impresa, piuttosto che alla disciplina del repêchage aziendale, delle clausole di salvaguardia dei lavoratori, dell'individuazione delle unità operative ovvero, come nel caso di specie, all'applicazione estensiva dei criteri di selezione dei lavoratori in caso di procedura di licenziamento collettivo.

Ecco, dunque, che proprio nei casi in cui si rileva l'esercizio, ad opera di più imprese formalmente distinte, di una attività di fatto caratterizzata da una compenetrazione ed una promiscuità tali da far ravvisare sostanzialmente un'unica impresa, il Giudice può interviene con una operazione di superamento del formale paravento delle distinte legal entities, ravvisando un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, così da riportare ad equilibrio la vicenda, evitando l'elusione della normativa di legge posta a tutela dei lavoratori delle differenti compagini.

Nel tempo, invero, la miglior elaborazione giurisprudenziale ha progressivamente individuato e consolidato una serie di indici sintomatici e rivelatori della dissimulata unitarietà datoriale, così da declinare, a mo' di formula identitaria di base, le caratteristiche principali che determinano l'esistenza del centro unico di interessi per l'imputazione del rapporto lavorativo.

Come richiamato in massima della pronuncia in esame, invero, è configurabile l'esistenza di un unico centro di imputazione in presenza di: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva, tale da ingenerare nei terzi il convincimento che ci si trovi di fronte ad un'unica impresa e ad un unico datore, con conseguente valorizzazione dell'affidamento giuridicamente rilevante verso l'apparenza di un'impresa unitaria; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo/finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune, frequentemente riscontrati nella prassi allorquando la pluralità di imprese sia caratterizzata da assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, a maggior ragione se la compagine sociale è riconducibile alla medesima famiglia; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori, in modo tale da non potersi distinguere quale parte della prestazione sia resa a favore dell'una e quale a favore dell'altra impresa.

Viene, dunque, così cristallizzata la ricostruzione genetica dell'istituto, che rappresenta, senza dubbio, una derivazione “patologica” del rapporto lavorativo, siccome finalizzata al perseguimento di quell'intento elusivo di norme di tutela poste a presidio dei diritti dei lavoratori, contrastato dall'ordinamento mediante il superamento del diaframma societario segmentato, con considerazione dell'intento unitario di matrice gestoria.

L'obiettivo legislativo sotteso alla validazione di tale strumento riequilibrativo di conio giurisprudenziale, dunque, appare ancorato all'esigenza di smascherare e sanzionare quelle prassi finalizzate all'utilizzo della scherma societario in chiave regressiva delle tutele di legge, per evitare che il costruito fenomeno dissociativo si risolva in un ostacolo al diritto del lavoratore di pretendere il trattamento di garanzia spettante per previsione normativa.

Ma è necessario, allora, rinvenire anche un intento fraudolento soggettivo sotteso a tale censurata condotta datoriale?

La risposta è negativa e rinviene la propria ammissibilità nella motivazione addotta dalle Sezioni Unite della Cassazione, per le quali l'esistenza di accordi fraudolenti tra interponente e interposto non incide sulla prova dell'accertamento sulla sussistenza di un unico centro di imputazione e/o di titolarità effettiva del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro, in quanto la sola circostanza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti sintomatici elaborati in materia denoterebbe la dimostrazione dello scopo illecito contrastato dal legislatore.

Tale approdo, dunque, elimina ogni qualificabilità dell'istituto in termini di sanzione ordinamentale, ancorandolo invece alla più consona veste di regola di redistribuzione delle obbligazioni conseguenti all'utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte di distinte imprese, le quali, pertanto, saranno chiamate a rispondere solidalmente per tutte le obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1294 cod. civ.

Ed ecco allora che tale responsabilità acquista, per ciò solo, la funzione riequilibrativa del sinallagma lavorativo in salsa garantista dei diritti del lavoratore, con l'importante corollario, sancito anche nella pronuncia in esame, della non necessaria coesistenza di tutti i richiamati indici sintomatici ai fini della corretta configurazione dell'ipotesi del centro unico di imputazione dei rapporti di lavoro, posto che, come evidenziato dalla Suprema Corte, l'accertamento della sostanziale unitarietà della struttura imprenditoriale costituita dalle due imprese finisce con l'escludere ex sé che possa assumere rilevanza decisiva la verifica circa la concreta, effettiva, utilizzazione da parte di entrambe le società delle prestazioni rese dalla dipendente.

Il dato fondamentale è infatti rappresentato dalla totale integrazione fra le attività delle due compagini solo formalmente distinte e ciò esclude in radice la configurabilità di un ulteriore onere, a carico della lavoratrice, di allegazione e prova di un utilizzo promiscuo della prestazione da parte di entrambe le società.