In applicazione di tale principio, la Corte d'Appello del rinvio aveva disposto venissero decurtate dal complessivo importo riconosciuto a titolo risarcitorio le somme che l'interessato “aveva comunque percepito come pensione d'anzianità, e ciò in quanto, mancando nella specie un dictum giudiziale di ripristino del rapporto di lavoro che avrebbe reso ripetibili le somme erogate dall'INPS, si sarebbe verificata, in difetto di detrazione dell'aliunde perceptum, un'indebita locupletazione del ricorrente”.
Tale capo della sentenza del giudice del rinvio veniva impugnato dall'interessato sulla base del rilievo che solo il compenso da lavoro può comportare la riduzione del risarcimento per il principio della compensatio lucri cum damno, mentre il trattamento pensionistico non è in alcun modo ricollegabile al licenziamento illegittimo e non è detraibile anche qualora vengano, come nella fattispecie, a cristallizzarsi gli effetti del licenziamento per effetto della mancata reintegra in servizio.
Tale impugnazione è stata accolta dalla Cassazione n. 32130 che, allineandosi al consolidato orientamento di legittimità, ha, appunto, ribadito l'esclusione, dall'aliunde perceptum, del trattamento pensionistico “potendosi considerare compensativo del danno arrecato dal licenziamento non qualsiasi reddito percepito, ma solo quello conseguito attraverso l'impiego della medesima capacità lavorativa (cfr., fra le tante, Cass. n. 16136/2018, Cass. n. 16143/2014, Cass. 13871/2007, Cass. n. 6906/2009, Cass. 13715/2004, Cass. n. 11758/2003)”.
Nella parte motivazionale della sentenza vengono approfonditi taluni profili della vicenda evidenziandosi, in particolare, che la dichiarazione di illegittimità del licenziamento aveva comportato una ricostituzione de iure del rapporto di lavoro (non essendo quindi necessario un apposito dictum giudiziale a tali effetti) con la conseguenza che si era determinata “unitamente alla responsabilità risarcitoria del datore di lavoro (sul quale permane l'obbligo contributivo), la ripetibilità da parte dell'INPS delle somme erogate … a titolo pensionistico, queste ultime divenute, sia pure ex post e per effetto dell'accertamento contenuto nella sentenza rescindente, prive ormai di giustificazione causale”.
Quest'ultimo rilievo, del giudice di legittimità, rende ancor più manifesta la infondatezza della richiesta di portare in detrazione dal risarcimento, quale aliunde perceptum, i ratei di pensione percepiti nel periodo successivo alla risoluzione del rapporto (poi ricostituito in via giudiziale): ciò proprio perché tali ratei – una volta dichiarato illegittimo il licenziamento e ripristinato il rapporto per effetto della reintegrazione – possono e devono essere chiesti in restituzione dall'Istituto previdenziale, essendone venuti meno i presupposti.
In altre analoghe occasioni (Cass. n. 18687 del 2006), il giudice di legittimità aveva già rilevato che ritenere altrimenti (cioè considerando i ratei pensionistici detraibili quale aliunde perceptum) significa esporre il lavoratore ad una duplice perdita, quella conseguente alla detrazione dell'importo pensionistico dal risarcimento che gli spetta e quella della restituzione della somma all'Istituto previdenziale.