Anticipazione riforma processo civile: quali ricadute in primo grado?

11 Gennaio 2023

La legge di bilancio ha anticipato l'entrata in vigore della riforma del processo civile al 28 febbraio 2023. L'anticipazione quali norme riguarda? Come sono valutabili gli effetti dell'improvvisa accelerazione imposta dal Governo, invocando a supporto pretese spinte sovranazionali?
Improvvisa accelerazione

Con improvviso e del tutto inatteso revirement, la legge di Bilancio per il 2023, grazie ad un emendamento governativo approvato dalla Camera dei Deputati nella seduta del 24 dicembre 2022, ha anticipato l'entrata in vigore della riforma processuale di cui al d.lgs. n. 149/2022 dal 30 giugno 2023 al 28 febbraio 2023.

Si legge nel Dossier dell'Ufficio studi del Senato che l'anticipazione degli effetti della riforma c.d. Cartabia “è volto a garantire la più celere attuazione del PNRR e, in particolare, il conseguimento degli obiettivi di maggiore efficienza del processo civile”.

L'art. 1, comma 380, l. n. 197/2022, (c.d. legge di bilancio) ha in parte riscritto il testo dell'art. 35 del d.lgs. n. 149/2022 (già rimaneggiato nel passaggio della norma dalla versione provvisoria uscita a quella definitiva), contenente la disciplina transitoria e che era entrato in vigore da poco meno di due mesi.

L'effetto dell'innovazione legislativa last minute si riflette in modo esponenziale sull'entrata in vigore della disciplina del nuovo rito civile, testè riformato, che viene anticipata al 28 febbraio prossimi, “salvo che non sia diversamente disposto”.

L'anticipazione riguarda la fase introduttiva del giudizio ordinario, il procedimento semplificato di cognizione (art. 28-decies c.p.c.), che diviene applicabile ai processi di competenza del giudice di pace (art. 316 c.p.c., novellato), l'aumento di competenza di quest'ultimo giudice (art. 7 c.p.c.) anche con riguardo alle nuove competenze in materia di contenzioso condominiale (v. art. 37, lett. f), d.lgs. n. 149/2022, rimasto immutato); e pure l'applicabilità del nuovo rito unitario relativo ai procedimenti di stato delle persone, di minorenni e delle famiglie (art. 473-bis c.p.c., novellato); come pure le nuove regole dettate in tema di arbitrato (per effetto dell'abrogazione del comma 9 dell'art. 35 del d.lgs. cit., che differiva al 30 giugno 2023 l'applicabilità delle novità dettate al riguardo).

Questo significa che le innovazioni processuali entreranno in vigore tra poco meno di due mesi, “spiazzando” quanti contavano di assimilare, studiare e metabolizzare con tranquillità le novità processuali apportate al codice di rito dall'ampio corpus del d.lgs. n. 149/2022, che occupa 67 pagine della Gazzetta Ufficiale.

Il comma 380 della l. finanziaria ha anticipato al 28 febbraio 2023 anche l'entrata in vigore delle innovazioni dettate in tema di impugnazioni. Ciò disponendo, non solo con riguardo alle norme del capo I e II, titolo II, libro II del codice di rito (come disponeva il precedente testo del comma 5 dell'art. 35 d.lgs. cit.), ma anche per gli artt. 283, 434, 436-bis 437 e 438, come novellati (in forza del testo vigente dell'art. 35, comma 4, d.lgs. cit.), in riferimento all'appello avverso sentenze pronunziate nei processi sottoposti al rito laburistico/locatizio “successivaente al 28 febbraio 2023”.

La possibilità del rinvio pregiudiziale in cassazione è stato pure anticipato al 1° gennaio 2023 (art. 35, comma 7, d.lgs. n. 149/2022, come novellato) per i “procedimenti di merito pendenti” a tale data.

Giuramento CTU senza comparizione

La norma della legge finanziaria per il 2023 ha colto l'occasione per eliminare una “discrasia” che era stata segnalata dalla Relazione del Massimario in data 1° dicembre 2022 n. 110 (p. 120), con riguardo alla possibilità per il CTU di giurare di bene e fedelmente adempiere all'incarico con dichiarazione sottoscritta dal consulente con firma digitale (a tenore del capoverso dell'art. 193 c.p.c.).

Tale facoltà era stata introdotta dalla legislazione emergenziale in periodo pandemico (art. 221, comma 8, d.l. n. 34/2020, conv. con modificazioni dalla l. n. 77/2020), poi successivamente prorogata fino alla data del 31 dicembre 2022.

Se il comma 380 della l. n. 197/2022 non fosse intervenuto disponendone l'applicabilità a far data dal 1° gennaio 2023, la possibilità sarebbe risultata inibita fino al 30 giugno 2023. Viceversa, il comma 2 dell'art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come novellato dalla l. finanziaria, ha introdotto tale opzione senza soluzione di continuità rispetto alla legislazione emergenziale previgente

La scelta legislativa appare condivisibile.

Tuttavia il c.d. decreto milleproroghe ha intorbidato le acque.

In modo incongruo e poco condivisibile, l'art. 8 comma 8, del d.l. n. 198/2022 (c.d. decreto mille-proroghe, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2022) ha prorogato l'applicazione del medesimo art. 221, comma 8, del cit. d.l. n. 34 con riguardo “alle udienze da svolgere fino al 30 giugno 2023”.

La previsione è incongrua dato che quest'ultima disposizione era appena stata prorogata, con entrata in vigore dal 1° gennaio 2023, in forza della coeva l. n. 197/2022, pubblicata su medesimo numero della Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2022.

Trasparente emerge il cortocircuito normativo.

Il problema potrebbe essere risolto in sede di conversione del d.l. n. 198/2022, abrogando l'incongruo richiamo normativo.

Giustizia digitale

Il comma 380 della l. finanziaria non ha colto l'occasione per portare chiarezza al testo affidato al comma 3 dell'art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come novellato, con riguardo all'applicabilità della giustizia digitale in taluni uffici che ancora non ne sono dotati.

La norma novellata appare contraddittoria: “davanti al giudice di pace, al tribunale per i minorenni, al commissario per la liquidazione degli usi civici e al tribunale superiore delle acque pubbliche, le disposizioni di cui agli artt. 127, terzo comma, 127-bis e 127-ter e 196-duodecies att. c.p.c., introdotti dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 30 giugno 2023, anche ai procedimenti pendenti a tale data. Davanti ai medesimi uffici, le disposizioni di cui al le disposizioni previste dal capo I del titolo V ter delle citate disp. Att. c.p.c., introdotte dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 30 giugno 2023, anche ai procedimenti pendenti a tale data. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare il Ministro della giustizia, accertata la funzionalità dei relativi servizi di comunicazione, può individuare gli uffici nei quali viene anticipato, anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine di cui al secondo periodo”.

L'ultimo periodo del comma 3 dell'art. 35 dispone che la giustizia digitale entrerà in vigore dal 30 giugno 2023 negli uffici che attualmente ne sono privi (quali, GdP, tribunale per i minorenni, tribunale superiore delle acque pubbliche e Commissario per la liquidazione degli usi civici; questi ultimi tre organi giurisdizionali non possono in alcun modo incidere sul raggiungimento degli obiettivi del PNRR), ma con possibilità di anticiparne l'entrata in vigore, una volta “accertata la funzionalità del relativi servizi di comunicazione”.

Contraddittoriamente, l'art. 35, comma 3, in esordio, prevede la possibilità che le udienze innanzi a questi organi giurisdizionali, attualmente privi dell'applicativo consolle del magistrato e nei quali la trattazione e verbalizzazione resta ancora affidata allo scambio cartaceo di atti e documenti, dal 1° gennaio 2023 possano svolgersi da remoto (art. 127-bis c.p.c. e 196-duodecies att. c.p.c.), ovvero con deposito di note scritte in sostituzione di udienza (art. 127-ter c.p.c.), oppure, ancora, con possibilità del giuramento del c.t.u. senza fisica comparizione in udienza (art. 193, capoverso, c.p.c.).

L'ansia di compiacere organismi eurocentrici coniugata con la fretta del momento (sempre cattiva consigliera) sembra avere giocato brutti scherzi; al punto da consentire (almeno formalmente) a questi organi giurisdizionali (a lungo marginalizzati dall'ordinamento e per troppo tempo esentati dalle novità del mondo digitale, da tempo diffuso nella giurisdizione di primo grado) dal 1° gennaio scorso di fissare udienze che presuppongono l'utilizzo degli strumenti informatici, per quanto ancora tali organismi non ne siano stati dotati.

E' proprio vero che, come si dice, la gatta frettolosa fa i gattini ciechi...

Nuovamente accogliendo in toto un rilievo avanzato dalla Relazione del Massimario il comma 11 dell'art. 35 novellato ha aggiornato la previsione normativa in tema di collegamenti da remoto.

La norma attualmente vigente dispone che “i collegamenti da remoto per lo svolgimento delle udienze civili continuano a essere regolati dal provvedimento del direttore generale per i sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia 2 novembre 2020”.

Il richiamo, contenuto nella precedente formulazione dell'art. 35 (comma 10), al decreto del direttore DGSIA del 20 marzo 2020 aveva infatti perso efficacia in quanto successivamente abrogato.

In conclusione

Gli effetti dell'improvvisa accelerazione imposta dal Governo, invocando a supporto pretese spinte sovranazionali all'entrata in vigore anticipata della riforma processuale dal 28 febbraio prossimi, sono difficilmente valutabili in positivo.

Seppur facendo la tara agli alti lai (non sempre del tutto disinteressati) che da più parti sono risuonati per salutare la novità testè partorita, non ci si può esimere dal notare che il cospicuo bagaglio di novità processuali introdotte dal d.lgs. n. 149/2022 avrebbe preteso (ed anzi imposto) un adeguato periodo di metabolizzazione e di studio. Considerato che al momento l'elaborazione scientifica è ancora in germe e pertanto carente. Le concrete difficoltà che potrà incontrare l'operatore nell'applicazione ex abrupto della riforma che coinvolge le regole del gioco processuale, soprattutto con riguardo all'innovativa conformazione della fase introduttiva del giudizio di primo grado, appaiono quindi effettive e tangibili.

Una volta compiuta la scelta legislativa di anticipare la riforma, tuttavia ora all'interprete ed al pratico non resta, metaforicamente, che rimboccarsi (doppiamente) le maniche.