La Cassazione, con ordinanza, rigettava il ricorso.
Anzitutto ha ritenuto inammissibile il mezzo di gravame per insufficiente specificità e completezza nonché per carenza di concreta riferibilità alla decisione impugnata. La motivazione è dunque strettamente di carattere processuale. Si ricorda infatti che l'impugnazione in Cassazione richiede l'esatta individuazione del capo della sentenza che si intende impugnare, tanto che la prassi è persino quella di riportare pedissequamente nel testo del ricorso il capo di cui si intende ottenere la censura.
Nel caso di specie, oltretutto, la Corte si duole non solo della mancata specifica individuazione di quale parte della sentenza di secondo grado si chiede la riforma, ma che le argomentazioni stesse devono essere specifiche e sorrette da precisi riferimenti normativi.
Orbene, nella fattispecie «parte ricorrente non censura specificamente l'applicabilità di detta disposizione [l'art. 22 della L. 300/1970, n.d.r.] alla fattispecie concreta, limitandosi a sostenere che, per non venir meno “a quello che è lo spirito e la volontà del legislatore” occorrerebbe limitarne la portata applicativa laddove “vi siano fatti che abbiano determinato in capo all'interessato l'avvio del procedimento penale”».
La Corte entra in parte anche nel merito delle argomentazioni di parte ricorrente, ritenendole errate. In particolare, evidenzia come la tesi dell'Agenzia non trovi alcun addentellato normativo, né alcun reale elemento logico-argomentativo. Di fatto, la tesi della ricorrente altro non è che un immotivato restringimento della portata applicativa della norma.
Nessuna argomentazione in merito a quella che effettivamente è la ratio legis, ossia «evitare pregiudizi all'attività sindacale nel luogo di lavoro in cui è chiamato ad operare il componente delle r.s.u. interessato al trasferimento» (cfr. Cass. n. 29633 del 29 novembre 2011).
In ultima analisi, il ricorrente non spiega come la pendenza del procedimento penale e la conseguente asserita incompatibilità ambientale si intersechino con le prerogative sindacali.
Ciò è alla radice del rigetto.