Trasferimento del dirigente sindacale: il nulla osta della O.S. deve essere sempre richiesto ex art. 22 St. Lav.

Maurizio Polato
12 Gennaio 2023

L'ordinanza della Cassazione che si annota, rigettando il ricorso dell'Agenzia delle dogane, afferma che il trasferimento del dirigente sindacale va sempre autorizzato dalla O.S. di appartenenza.
Massima

L'art. 22 dello Statuto dei lavoratori deve essere applicato indipendentemente dalle ragioni del trasferimento, anche qualora queste siano estranee ai rapporti strettamente sindacali. Per tale ragione, il nulla osta dell'organizzazione sindacale della RSU deve essere richiesto anche in caso di trasferimento per incompatibilità ambientale in ragione di un procedimento penale.

Il caso

Un dipendente dell'Ufficio Dogane di Sassari veniva trasferito per motivi ambientali, a causa di un procedimento penale pendente a suo carico. Il lavoratore era, tuttavia, componente della RSU dell'Ufficio e il trasferimento veniva operato senza la previa richiesta di nulla osta dell'associazione sindacale.

Il lavoratore ricorreva al Tribunale, che ne accoglieva la domanda, dichiarando l'illegittimità del trasferimento. La Corte d'appello di Cagliari respingeva l'appello dell'Agenzia delle dogane e monopoli (già Agenzia delle dogane).

L'Agenzia ricorreva pertanto in Cassazione.

Riferimenti normativi

Si richiamano brevemente le norme che interessano la fattispecie.

- Art. 22, L. 300/1970: «Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza. Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quattro, quinto, sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.»

- Art. 23., co.2 L. 93/1983: «Con norme da emanarsi in base agli accordi sindacali di cui ai precedenti articoli della presente legge, si provvederà ad applicare, nella materia del pubblico impiego, i principi di cui agli articoli 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 e 27 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonché degli articoli 29 e 30 della legge medesima.» La norma è stata abrogata e tuttavia ha prodotto i necessari effetti. Si trattava di fatto di una norma di raccordo con la contrattazione collettiva.

- Art. 18, co. 4 CCNQ del 7 agosto 1998: «Il trasferimento in una unità operativa in sede diversa da quella di assegnazione dei dirigenti sindacali indicati nell'art. 10, può essere disposto solo previo nulla osta delle rispettive organizzazioni sindacali di appartenenza e della R.S.U. ove il dirigente ne sia componente.»

Le argomentazioni dell'Agenzia delle dogane e monopoli

L'Agenzia riteneva la presenza di una incompatibilità ambientale, poiché il lavoratore avrebbe dovuto continuare a lavorare con personale della Guardia di finanza che aveva svolto le indagini, poi sfociate nel procedimento penale a suo carico.

Nell'unico motivo presentato alla Cassazione, il ricorrente sosteneva che l'onere di chiedere il preventivo nulla osta al trasferimento all'organizzazione sindacale di appartenenza, non sussiste nel caso in cui il trasferimento sia necessitato da fatti «che abbiano determinato in capo all'interessato l'avvio di un procedimento penale», o in caso di altri eventi «patologici» estranei alle relazioni sindacali strettamente intese.

La decisione e i motivi della Corte

La Cassazione, con ordinanza, rigettava il ricorso.

Anzitutto ha ritenuto inammissibile il mezzo di gravame per insufficiente specificità e completezza nonché per carenza di concreta riferibilità alla decisione impugnata. La motivazione è dunque strettamente di carattere processuale. Si ricorda infatti che l'impugnazione in Cassazione richiede l'esatta individuazione del capo della sentenza che si intende impugnare, tanto che la prassi è persino quella di riportare pedissequamente nel testo del ricorso il capo di cui si intende ottenere la censura.

Nel caso di specie, oltretutto, la Corte si duole non solo della mancata specifica individuazione di quale parte della sentenza di secondo grado si chiede la riforma, ma che le argomentazioni stesse devono essere specifiche e sorrette da precisi riferimenti normativi.

Orbene, nella fattispecie «parte ricorrente non censura specificamente l'applicabilità di detta disposizione [l'art. 22 della L. 300/1970, n.d.r.] alla fattispecie concreta, limitandosi a sostenere che, per non venir meno “a quello che è lo spirito e la volontà del legislatore” occorrerebbe limitarne la portata applicativa laddove “vi siano fatti che abbiano determinato in capo all'interessato l'avvio del procedimento penale”».

La Corte entra in parte anche nel merito delle argomentazioni di parte ricorrente, ritenendole errate. In particolare, evidenzia come la tesi dell'Agenzia non trovi alcun addentellato normativo, né alcun reale elemento logico-argomentativo. Di fatto, la tesi della ricorrente altro non è che un immotivato restringimento della portata applicativa della norma.

Nessuna argomentazione in merito a quella che effettivamente è la ratio legis, ossia «evitare pregiudizi all'attività sindacale nel luogo di lavoro in cui è chiamato ad operare il componente delle r.s.u. interessato al trasferimento» (cfr. Cass. n. 29633 del 29 novembre 2011).

In ultima analisi, il ricorrente non spiega come la pendenza del procedimento penale e la conseguente asserita incompatibilità ambientale si intersechino con le prerogative sindacali.

Ciò è alla radice del rigetto.

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