Cresce l'inflazione: effetti sui contratti di locazione abitativa “agevolata”

Paolo Scalettaris
14 Settembre 2022

Il rapido aumento del costo della vita che si sta verificando in questi ultimi mesi produce effetti sui contratti di locazione di natura abitativa e non abitativa. Gli effetti dell'inflazione crescente sulle due specie di locazione sono diversi, perché diversa è la disciplina normativa che trova applicazione nelle due ipotesi. Concentreremo l'attenzione in questa sede sugli effetti prodotti dall'aumento dell'inflazione sulle locazioni abitative “agevolate”, prendendo in considerazione in particolare le clausole contrattuali in tema di aggiornamento del canone.
Il quadro normativo

Si sta verificando negli ultimi tempi una crescita rapida e rilevante dell'inflazione, crescita che non sembra destinata a fermarsi nel prossimo futuro e che pare anzi possa ulteriormente aggravarsi.

Ciò produce effetti profondi anche nel campo delle locazioni poiché si modifica l'equilibrio tra le posizioni delle parti quanto ai contratti in corso e si hanno conseguenze anche sul piano delle decisioni circa la stipulazione di nuovi contratti di locazione.

Prenderemo in esame alcuni degli aspetti dei contratti di locazione che possono essere interessati da tale situazione cercando di ricavare dalle osservazioni che potremo formulare suggerimenti circa le modalità di impostazione del contratto e di conduzione del rapporto che consentano di ridurre gli effetti di pregiudizio che la situazione anzidetta può produrre.

Da segnalare che gli spunti che indicheremo potrebbero presentare utilità non solo nel caso in cui si trattasse di stipulare un nuovo contratto di locazione ma anche nel caso in cui il contratto di locazione fosse già stato stipulato e fosse al momento già in corso poiché nulla vieta che le parti, pur mentre è in corso un contratto di locazione, si determinino a stipulare un nuovo contratto che sostituisca il primo o comunque si determinino ad introdurre - pur mantenendo in vita il vecchio contratto - modifiche o integrazioni al contratto già esistente.

Ricordato che degli effetti dell'inflazione sulle locazioni non abitative e sulle locazioni abitative “libere” (le locazioni di cui al comma 1 dell'art. 2, l. n. 431/1998) ci siamo già occupati in altre occasioni, concentreremo in questa sede l'attenzione sui contratti di locazione abitativa “agevolata”: si tratta delle locazioni di cui al comma 3 dell'art. 2, l. n. 431/1998, locazioni della durata di (almeno) tre anni con proroga automatica di due anni alla prima scadenza, per le quali le parti devono fissare il canone entro i limiti fissati dagli accordi locali tra le organizzazioni della proprietà e dell'inquilinato e devono utilizzare il “tipo” di contratto allegato al decreto ministeriale di cui all'art. 4 della stessa l. n. 431/1998.

L'aggiornamento del canone

Mentre per le locazioni abitative “libere” non vi è alcun divieto o alcun limite relativamente alla determinazione della misura del canone, le locazioni “agevolate” devono rispettare quanto a tale aspetto le regole ed i limiti fissati dal decreto ministeriale previsto dagli artt. 2 e 4, l. n. 431/1998.

Ciò vale non solo quanto alla fissazione del canone iniziale della locazione ma anche quanto all'eventuale adeguamento del canone - nel corso del rapporto locatizio - al mutare del valore della moneta.

Il d.m. oggi vigente - 16 gennaio 2017 - nel determinare i criteri che devono essere seguiti dalle organizzazioni della proprietà e dell'inquilinato maggiormente rappresentative in sede locale nella stipulazione degli accordi territoriali dispone che questi possono prevedere l'inserimento nei contratti di locazione della clausola volta all'aggiornamento annuo del canone: ciò però con il limite della percentuale massima del 75% della variazione degli indici Istat.

Più precisamente, il decreto dispone che “gli accordi territoriali possono prevedere, per i contratti per i quali il locatore non opti per la «cedolare secca», l'aggiornamento del canone in misura contrattata e, comunque, non superiore al 75 per cento della variazione Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente” (comma 7 dell'art. 1 del decreto).

Al decreto ministeriale sono poi allegati i modelli (i “tipi”) dei contratti da utilizzarsi per la stipulazione delle locazioni “agevolate”, transitorie e per studenti: ed il modello per le locazioni “agevolate” attua la previsione sopra ricordata con il suo art. 2 (che reca la rubrica “Canone”) il quale, dopo avere dedicato spazio alla fissazione del canone della locazione, prevede che “nel caso in cui l'Accordo territoriale di cui al presente punto lo preveda, il canone viene aggiornato ogni anno nella misura contrattata del …, che comunque non può superare il 75% della variazione Istat ed esclusivamente nel caso in cui il locatore non abbia optato per la “cedolare secca” per la durata dell'opzione”.

Sta di fatto che molti degli accordi locali stipulati in forza del decreto ministeriale anzidetto contengono la previsione della clausola contrattuale di aggiornamento del canone (clausola con la quale - come si è visto - può essere fissata - ed in alcuni casi è stata in concreto fissata - una percentuale anche inferiore a quella massima del 75% della variazione degli indici Istat).

Se quella ora indicata è la condizione presente nella maggior parte degli accordi locali, va detto però che sono stati conclusi anche accordi che non contengono la previsione dell'aggiornamento del canone: in questi casi non vi è la possibilità per le parti del singolo contratto di locazione di prevedere l'aggiornamento del canone relativamente al loro rapporto.

Proprio la recente considerevole crescita dell'inflazione suggerisce di modificare le pattuizioni degli accordi locali che non prevedano l'aggiornamento del canone. Condizione che deve ritenersi che potrebbe attuarsi senza la necessità della conclusione di un nuovo accordo territoriale ma con la semplice stipulazione da parte delle organizzazioni firmatarie dell'accordo locale di un protocollo integrativo dell'accordo già concluso che inserisca in questo una nuova previsione che contempli la possibilità anzidetta (nulla vieta infatti alle organizzazioni firmatarie dell'accordo locale di apportare successive integrazioni o modifiche all'accordo che esse hanno raggiunto).

Il criterio e la misura dell'aggiornamento

La disposizione del d.m. 16 gennaio 2017 che prevede la possibilità dell'inserimento nei contratti di locazione “agevolati” della clausola di aggiornamento del canone fissa anche alcune regole di carattere applicativo che devono essere rispettate.

In particolare, sono due le indicazioni di carattere operativo che vengono fissate ai fini dell'aggiornamento:

  • si dispone che deve farsi riferimento alla “variazione Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente”;
  • si precisa che la misura dell'aggiornamento applicabile non può superare la percentuale del 75% della variazione anzidetta.

Questione assai rilevante in tema di aggiornamento del canone è quella che concerne la scelta del criterio da adottarsi per l'aggiornamento e la misura di questo.

Per quanto concerne la scelta del criterio da seguire, va ricordato che la modalità di calcolo dell'aggiornamento che più appare idonea a mantenere inalterato il rapporto tra le prestazioni delle parti è quella che considera la variazione assoluta degli indici Istat: l'operazione considera l'intera variazione del costo della vita verificatasi tra la data di inizio della locazione e la data dei singoli momenti in relazione ai quali nel corso del rapporto si tratta di operare l'adeguamento del canone.

A conferma di quanto detto, può essere ricordato che per le locazioni non abitative la giurisprudenza ha da tempo segnalato che il criterio da utilizzare per l'aggiornamento del canone deve essere appunto quello della variazione assoluta degli indici Istat: si è al proposito affermato che “con riguardo alla locazione di immobili destinati ad uso non abitativo per l'aggiornamento del canone di locazione, … l'art. 32, l. n. 392/1978, come modificato dall'art. 1, l. n. 118/85, pone come dato sul quale operare annualmente l'aggiornamento il canone iniziale, con le conseguenze che a tale canone di partenza occorre fare riferimento in occasione degli aggiornamenti annuali, considerando unitariamente la variazione verificatasi per tutto il periodo considerato e che, ai soli fini di questo calcolo, è ininfluente che per qualche annualità intermedia non sia stato richiesto in precedenza l'aggiornamento, in quanto detta mancata richiesta impedisce solo l'accoglimento della domanda degli aggiornamenti pregressi (c.d. arretrati)” (così Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2004, n. 15034; nello stesso senso, v. Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2006, n. 23836).

Attesa la portata generale di queste considerazioni, deve ritenersi che anche per le locazioni abitative “agevolate” il criterio da seguire per l'aggiornamento sia quello che considera la variazione assoluta.

Quanto alla misura dell'aggiornamento, la disposizione sopra ricordata del decreto ministeriale del 2017 stabilisce che tale misura non può superare la soglia massima della percentuale del 75% della variazione degli indici Istat. Si tratta di una limitazione che appare - soprattutto al giorno d'oggi - di dubbia ragionevolezza: essa però è fissata dal decreto ministeriale e deve essere rispettata.

Le modalità di applicazione dell'aggiornamento

Sottolineato che le indicazioni che vengono fornite dal decreto ministeriale relativamente agli aspetti operativi dell'aggiornamento sono solamente quelle che sopra si sono riportate, va notato che la disposizione anzidetta non prevede affatto la necessità - per l'applicazione dell'aggiornamento del canone - della preventiva formulazione di una richiesta da parte del locatore.

Ciò - si nota - a differenza di quanto dispone l'art. 32, l. n. 392/1978 (la norma che disciplina l'aggiornamento del canone per le locazioni non abitative), che dispone invece espressamente che per l'operatività dell'aggiornamento è necessaria la richiesta del locatore.

Il silenzio della disposizione anzidetta sul punto induce a pensare che sulla base di quanto prevede il decreto nel caso della locazione abitativa “agevolata” la richiesta preventiva non sia una condizione perché maturi il diritto del locatore a percepire quanto relativo all'aggiornamento: né sembra possano essere utili ai fini dell'interpretazione delle disposizioni in tema di aggiornamento per le locazioni qui in esame i principi enunciati dalla giurisprudenza a proposito della richiesta dell'aggiornamento nel caso delle locazioni non abitative (si ricordi che in argomento si afferma che per queste ultime locazioni la richiesta di applicazione dell'aggiornamento è la condizione perché sorga il diritto del locatore di pretendere l'aggiornamento: così Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2008, n. 24753).

Vi è anche un altro argomento di carattere interpretativo che conforta la conclusione qui indicata: la norma che disciplinava l'aggiornamento dell'equo canone (si trattava dell'art. 24, l. n. 392/1978, articolo che è stato abrogato dalla legge n. 431/1998) prevedeva che per l'aggiornamento del canone dovesse essere formulata una specifica richiesta da parte del locatore (la norma disponeva espressamente che “l'aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata”). Il fatto che nessuna disposizione né della l. n. 431/1998, né del d.m. 16 gennaio 2017 preveda la necessità della richiesta dell'aggiornamento appare dunque - anche alla luce di tale precedente - davvero assai significativo.

Peraltro, il silenzio del decreto ministeriale del 2017 sull'argomento trova conferma nel testo del modello di contratto allegato allo stesso decreto: l'art. 3 del “tipo” di contratto relativo alle locazioni “agevolate” - coerentemente con il contenuto del decreto - si limita a fare menzione della possibilità dell'inserimento negli accordi della facoltà di operare l'aggiornamento ma non fa alcun cenno alla necessità di una richiesta del locatore.

L'ipotesi dei canoni scalettati

Un profilo particolare delle questioni che stiamo esaminando è quello della possibilità della pattuizione di canoni scalettati per le locazioni agevolate.

Da ricordare che per le locazioni non abitative da tempo si è affermata l'opinione secondo cui “alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola con cui venga pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto” (Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2016, n. 22909; nello stesso senso, v. Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2016, n. 22908).

Pur dovendo essere utilizzati a proposito delle locazioni “agevolate” principi e regole molto distanti dai principi e dalle regole che riguardano le locazioni non abitative, pare che nemmeno con riguardo alle locazioni abitative “agevolate” possa negarsi la possibilità della fissazione del canone con modalità scalettate e differenziate: ciò però a condizione che il canone rispetti, comunque, i limiti derivanti dalle fasce di oscillazione dei canoni determinate dall'accordo territoriale.

Qualche elemento di incertezza relativamente a questa possibilità potrebbe derivare dalla disposizione che nel caso dell'opzione per la cedolare secca esclude la possibilità dell'aggiornamento del canone. Sembra però che al proposito sia importante che si tenga ferma la distinzione tra il concetto di “scalettatura” del canone o comunque di fissazione del canone in misura differenziata, da una parte, ed il concetto di aggiornamento del canone, dall'altra parte, e si consideri che solo per l'aggiornamento le norme in tema di cedolare secca dispongono il divieto.

Da ricordare poi che la giurisprudenza ha sempre sottolineato che la scalettatura del canone deve considerarsi consentita solo se essa non sia diretta a violare i limiti che siano fissati dalla legge per l'aggiornamento del canone (nel caso delle locazioni non abitative si tratta dei limiti che sono fissati dall'art. 32, l. n. 392/1978): pare che anche con riguardo all'ipotesi delle locazioni abitative “agevolate” debba adottarsi il medesimo ragionamento con riguardo ai limiti della misura dell'aggiornamento fissati dal decreto ministeriale del gennaio 2017. Da questa considerazione deve ricavarsi il principio che la fissazione di canoni “scalettati” per le locazioni abitative “agevolate” - pur consentita in linea di principio - non soltanto deve rispettare il limite massimo della misura del canone fissata dall'accordo locale ma deve anche rispettare - nell'ipotesi in cui la scalettatura fosse diretta a dare soluzione anche alle esigenze di aggiornamento del canone in ragione della crescita dell'inflazione - l'ulteriore limite dell'entità dell'aggiornamento in relazione alla variazione del valore della moneta (aggiornamento che è consentito dal decreto ministeriale ricordato nella percentuale massima del 75%).

L'aggiornamento dei valori delle fasce di oscillazione fissate dagli accordi locali

Un profilo della materia che pare importante sottolineare è quello che concerne l'aggiornamento dei valori delle fasce di oscillazione dei canoni fissati dagli accordi locali. Si tratta di aspetto del tutto diverso dall'aggiornamento del canone all'interno del contratto di locazione.

Va al proposito segnalato che le organizzazioni rappresentative della proprietà e dell'inquilinato sono libere di prevedere con l'accordo locale un meccanismo di aggiornamento dei valori delle fasce di oscillazione dei canoni.

Per questa ipotesi non vale il limite della percentuale del solo 75%: l'aggiornamento in questione può essere pieno.

Da osservare che proprio perché per l'aggiornamento dei valori delle fasce non deve necessariamente essere rispettato il limite del 75%, potrebbe accadere che l'entità della maggiorazione nominale del canone nel corso del contratto risulti inferiore a quella dell'aumento dei valori delle fasce di oscillazione dei canoni. Si tratta di una situazione che potrebbe presentare inconvenienti anche perché potrebbe costituire elemento di spinta nei confronti del locatore verso la disdetta del contratto di locazione in corso alla luce della considerazione che un nuovo contratto consentirebbe di fissare per il medesimo immobile un canone maggiore di quello dovuto per il contratto in corso.

Le questioni in tema di oneri accessori

Altra questione che si pone con riguardo agli effetti della crescita dell'inflazione è quella che concerne gli oneri accessori.

Va ricordato che i tre “tipi” di contratto allegati al d.m. 16 gennaio 2017 contengono tutti una clausola in tema di oneri accessori che appare costruita sulla scorta delle previsioni dell'art. 9, l. n. 392/1978 anche con riguardo ai tempi previsti per il pagamento da parte del conduttore degli oneri accessori (al decreto ministeriale è allegata anche una tabella degli oneri accessori nella quale sono elencati gli oneri da porsi a carico del conduttore e gli oneri a carico del proprietario-locatore).

La clausola qui ricordata è formulata in modo non semplice e sembra indicare quale strada da seguire in ordine al pagamento degli oneri accessori da parte del conduttore quella del rimborso al locatore delle somme di competenza del conduttore una volta che il locatore le abbia anticipate.

Pare però anche che la clausola anzidetta consenta di stabilire il pagamento di una somma mensile da parte del conduttore ad acconto sugli oneri accessori salvo conguaglio. Con riguardo a questa possibilità va notato che in relazione alla crescita dell'inflazione può considerarsi consentito - e può essere opportuno - che la previsione di una somma mensile da pagarsi quale acconto venga accompagnata dalla previsione dell'aggiornamento anno dopo anno dell'importo di acconto fissato o comunque di un meccanismo che conferisca elasticità alla previsione.

Le locazioni transitorie e per studenti

Si ricordi infine che - come già si è detto - l'opzione per la cedolare secca implica la rinuncia a fare valere le previsioni di aggiornamento del canone. L'art. 3, d.lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 infatti dispone che nel caso dell'esercizio dell'opzione per la cedolare secca è sospeso l'aggiornamento del canone a qualsiasi titolo “inclusa la variazione accertata dall'ISTAT dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente”.

Pare importante segnalare che la disposizione anzidetta fa espresso e chiaro riferimento alla sola ipotesi dell'aggiornamento del canone e solo a questa ipotesi.

A proposito di questa previsione è opportuno ricordare che - come è sempre stato affermato con chiarezza dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. civ., sez. II, 10 novembre 2016, n. 22908, e Cass. civ., sez. II, 10 novembre 2016 , n. 22909) - “deve ritenersi radicalmente inammissibile una confusione tra i concetti di “aumento” del canone (di locazione dello stesso immobile secondo contratti succedentesi nel tempo, anche per via di rinnovazione); di “determinazione differenziata” del canone (correlativamente a periodi compresi nella durata del medesimo rapporto contrattuale) e di “aggiornamento” del canone (in dipendenza della perdita del potere di acquisto della moneta verificatasi durante la pendenza del medesimo rapporto contrattuale)”. Invero “con costante precisione terminologica il legislatore utilizza” il termine “aggiornamento” del canone “per individuare il fenomeno del mantenimento (almeno tendenziale) del valore reale della prestazione del conduttore - incidente sull'equilibrio del sinallagma - nonostante la variabilità della sua espressione monetaria in dipendenza della flessione nel tempo del potere di acquisto della lira”.

Alla luce di ciò - atteso appunto che la previsione anzidetta in tema di cedolare secca riguarda esclusivamente l'aggiornamento del canone - pare che comunque - con un'inflazione che va progressivamente crescendo - si tratterà di valutare quale sia la soglia di convenienza della cedolare: nel senso che dovrà vedersi fino a quale punto resti conveniente fare ricorso ad una previsione che contempla il beneficio di una tassazione ridotta ma comporti anche il sacrificio derivante dal divieto per il locatore di potere richiedere l'aggiornamento del canone.

Si tratta di valutazioni che andranno fatte caso per caso (anche perché la convenienza della cedolare dipende dal livello di tassazione cui sono soggetti gli altri redditi del soggetto locatore).

In conclusione

Possiamo trarre le conclusioni delle osservazioni che abbiamo fino ad ora formulato.

Possiamo dunque affermare con riguardo alle locazioni abitative “agevolate” deve tenersi presente che:

  • la possibilità dell'inserimento nel contratto “agevolato” della clausola di aggiornamento del canone è condizionata alla presenza di tale previsione nell'accordo territoriale;
  • nei casi in cui tale possibilità sia data, il criterio che appare più idoneo a rispettare la variazione del valore della moneta è quello che segue la variazione assoluta degli indici Istat;
  • in ogni caso la clausola di aggiornamento del canone non potrà prevedere il superamento della percentuale del 75% della variazione degli indici Istat;
  • sulla base delle previsioni del d.m. del gennaio 2017 per l'operatività della clausola di aggiornamento deve ritenersi che non sia necessaria la richiesta preventiva dell'aggiornamento;
  • anche per i contratti “agevolati” potrà essere prevista la “scalettatura” del canone che però dovrà rispettare i valori delle fasce fissate dall'accordo locale ed il limite della misura dell'aggiornamento sopra indicato;
  • del tutto distinto dall'aggiornamento del canone all'interno del contratto di locazione è l'aggiornamento dei valori delle fasce, che può essere disposto dall'accordo locale anche senza il limite della percentuale del 75% della variazione degli indici Istat;
  • la crescita dell'inflazione dà luogo anche alla necessità dell'introduzione dei meccanismi di aggiornamento per gli importi dovuti per gli oneri accessori;
  • del pari deve tenersi conto degli effetti dell'inflazione anche con riguardo alle previsioni in tema di deposito cauzionale o comunque di garanzia;
  • le valutazioni da operare in relazione all'aggiornamento del canone devono tenere conto del divieto di applicazione di questo nel caso di esercizio, da parte del locatore, dell'opzione per la cedolare secca;
  • infine, va segnalato che nei contratti transitori e per studenti non è consentito l'inserimento della clausola di aggiornamento del canone.
Riferimenti

Scalettaris,Osservazioni sul d.m. 16 gennaio 2017 in tema di locazioni agevolate, transitorie e per studenti universitari, in Arch. loc. e cond., 2017, 266;

Scalettaris, I tipi di contratto allegati al D.M. 16 gennaio 2017 in tema di locazioni agevolate, transitorie e per studenti, in Arch. loc. e cond., 2017, 274.

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