Si innalza la soglia di impignorabilità della pensione

Giuseppe Lauropoli
16 Gennaio 2023

La nuova disciplina in tema di limiti alla pignorabilità della pensione dettata dal comma settimo dell'art. 545 c.p.c., novellato dall'art. 21-bis del d.l. n. 115/2022 conv. in l. n. 142/2022, si applica anche alle procedure già pendenti al momento della entrata in vigore della nuova disposizione?
Massima

La nuova formulazione del settimo comma dell'art. 545 c.p.c. - introdotta per effetto dell'art. 21-bis del d.l. n. 115/2022, convertito, con modificazioni, nella l. n. 142/2022 - trova applicazione anche con riguardo alle procedure esecutive pendenti alla data di entrata in vigore della suddetta legge, con l'effetto che il pignoramento avviato prima di tale entrata in vigore, nel caso in cui abbia attinto una pensione di importo netto inferiore ai nuovi limiti introdotti per effetto del citato art. 21-bis del d.l. n. 115/2022, deve ritenersi inefficace.

Il caso

La questione trattata nella ordinanza del Tribunale di Catania risulta di particolare interesse.

Il caso all'esame del giudice dell'esecuzione può sinteticamente riassumersi come segue.

Una società finanziaria agiva in via esecutiva, con pignoramento presso terzi, nei confronti di un debitore, per la riscossione di un proprio credito.

Il pignoramento, in particolare, andava a colpire la pensione percepita da tale debitore.

L'ente previdenziale, terzo pignorato, rendeva una dichiarazione nella quale esplicitava l'importo percepito dall'esecutato, precisando che, sulla base dei limiti imposti dall'art. 545, comma 7, c.p.c., nella formulazione vigente all'epoca della dichiarazione stessa, avrebbe trattenuto dalla pensione un importo mensile di € 27, che avrebbe tenuto a disposizione della procedura e poi corrisposto al creditore procedente a seguito di ordinanza di assegnazione.

Successivamente alla notifica di tale atto di pignoramento e prima della emissione della ordinanza di assegnazione, interveniva, tuttavia, la riforma del settimo comma dell'art. 545 c.p.c., introdotta per effetto dell'art. 21-bis del d.l. n. 115/2022 (inserito in sede di conversione del decreto, avvenuta mediante l. n. 142/2022), mediante la quale veniva sensibilmente innalzata la soglia di impignorabilità della pensione, prevedendo che tale emolumento dovesse ritenersi sottratto all'esecuzione per un ammontare minimo di € 1.000,00.

La questione

In tal modo posti i termini della questione sottoposta all'esame del giudice dell'esecuzione, la problematica sulla quale lo stesso si sofferma maggiormente nella propria ordinanza concerne la applicabilità della nuova disciplina in tema di limiti alla pignorabilità della pensioneanche alle procedure che erano già pendenti al momento della entrata in vigore della nuova disposizione.

Le soluzioni giuridiche

A tale quesito il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Catania dà risposta senz'altro affermativa, sulla base di un iter argomentativo condivisibile.

Innanzi tutto è utile precisare che, stando a quanto può evincersi dalla ordinanza in commento, il giudice dell'esecuzione ha rilevato d'ufficio la questione relativa alla impignorabilità della pensione.

Ciò posto, lo stesso, dopo aver dato atto della recente entrata in vigore della nuova formulazione del comma settimo dell'art. 545 c.p.c., introdotta per effetto dell'art. 21-bis del d.l. n. 115/2022, si chiede se tale nuova disciplina possa trovare applicazione anche con riferimento alla procedure già pendenti al momento di tale entrata in vigore, in assenza di una disciplina transitoria contenuta nel d.l. n. 115/2022 e nella legge di conversione (la quale ultima si limita a prevedere, al suo articolo 1, comma 2, che la stessa entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale).

Nel dare risposta affermativa a tale quesito, il giudice fa leva su una pronuncia della Corte Costituzionale, la n. 12/2019, per fornire una interpretazione costituzionalmente orientata della novella legislativa che ha da ultimo riformato il settimo comma dell'art. 545 c.p.c.

In particolare, tale sentenza della Corte Costituzionale si era espressa in tema di limiti alla pignorabilità degli emolumenti pensionistici confluiti su conto corrente, i quali erano stati introdotti per effetto del d.l. n. 83/2015 (convertito, con modificazioni, nella l. n. 132/2015).

Nella pronuncia in parola veniva affermata la illegittimità della disciplina transitoria contenuta in tale decreto (la quale prevedeva che le disposizioni relative ai limiti di pignorabilità delle somme accreditate sul conto a titolo di emolumenti pensionistici, trovassero applicazione solo con riguardo alle procedure iniziate successivamente alla entrata in vigore della nuova disciplina), concludendo dunque che la nuova disposizione dettata in tema di pignorabilità di emolumenti pensionistici confluiti su conto corrente dovesse trovare applicazione non solo con riguardo alle procedure avviate successivamente all'entrata in vigore della nuova disposizione, ma pure a quelle pendenti al momento della entrata in vigore della novella legislativa, risultando altrimenti irragionevole il diverso trattamento delle due tipologie di procedure.

Il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Catania conclude, allora, che le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 12/2019 possano essere estese anche alla fattispeciesottoposta al suo esame, dal momento che, ad opinare diversamente, si genererebbe “una ingiustificata disparità di trattamento fra i debitori, fondata esclusivamente sulla data di notifica del pignoramento” (si veda l'ordinanza in commento).

In ultimo, nella ordinanza che si annota si osserva come tale conclusione sia corroborata anche dal principio tempus regit actum, il quale giustifica la dichiarazione di inefficacia del pignoramento eseguito in violazione dei nuovi limiti imposti dall'art. 545 c.p.c. in tema di pignorabilità degli emolumenti pensionistici.

Osservazioni

La decisione assunta nella ordinanza in commento appare condivisibile, come si accennava poc'anzi.

Conforme al dettato dell'art. 545, ultimo comma, c.p.c., appare il rilievo d'ufficio della violazione dei limiti imposti dall'art. 545 c.p.c., atteso che il menzionato comma prevede chiaramente che la violazione dei divieti e dei limiti imposti da tale norma sia idonea a rendere il pignoramento parzialmente (o, a seconda dei casi, totalmente) inefficace e che tale “inefficacia è rilevata dal giudice anche d'ufficio”.

Può essere utile, poi, soffermarsi ancora brevemente sui passaggi fondamentali che caratterizzano la decisione in commento in punto di mutamento dei limiti di pignorabilità della pensione.

Con l'art. 21-bis del d.l. n. 115/2022, disposizione introdotta in sede di conversione del decreto stesso, avvenuta ad opera della l. n. 142/2022, è stata prevista la sostituzione del comma settimo dell'art. 545 c.p.c. con la seguente formulazione: le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

Evidente, già ad una prima lettura, il favor per il debitore pensionato espresso nella novella legislativa: mentre la previgente formulazione del settimo comma dell'art. 545 c.p.c. rendeva immune dal pignoramento della pensione un importo corrispondente alla “misura massima dell'assegno sociale, aumentato della metà”, la nuova previsione rende immune dal pignoramento un importo corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale e, in ogni caso, un importo non inferiore ad € 1.000,00.

Ne deriva che, d'un colpo, la parte dell'assegno pensionistico mensile sottratto al pignoramento è passata da un importo di circa € 702,00 mensili, ad un importo di € 1.000,00 (ovvero al diverso e maggiore importo pari al doppio della misura massima dell'assegno sociale: a riguardo, deve segnalarsi l'aumento da ultimo intervenuto, a decorrere dal 1°.1.2023, della misura massima dell'assegno sociale, portando lo stesso ad un importo di € 503,27, con l'effetto che a decorrere dal 1° gennaio la soglia di impignorabilità della pensione è divenuta leggermente superiore all'importo di € 1.000,00): ciò vuol dire che, sulla base della nuova previsione normativa, un assegno pensionistico di importo inferiore ad € 1.000,00 (ovvero al maggiore importo pari al doppio della misura massima dell'assegno sociale) deve ritenersi del tutto immune dal pignoramento e che un assegno superiore a tale importo deve ritenersi sottratto a pignoramento quanto alla predetta soglia e, per l'eccedenza, suscettibile di pignoramento nei limiti previsti dai commi terzo, quarto e quinto dell'art. 545 c.p.c.

Nient'affatto irrilevante, quindi, domandarsi se una tale diversa soglia di impignorabilità della pensione debba trovare applicazione solo con riguardo alle procedure avviate successivamente alla entrata in vigore della novellata disposizione, ovvero anche a tutte le procedure ancora pendenti al momento di tale entrata in vigore.

La risposta a tale quesito non è invero del tutto agevole.

Stando all'art. 10, comma 1, delle preleggi, “le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto”.

Entrata in vigore della legge, poi, non vuol dire necessariamente inizio della decorrenza degli effetti della stessa.

A riguardo, di regola trova applicazione il principio di ultrattività della legge, in conformità all'art. 11 delle citate preleggi, stando al quale la legge non ha effetto che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

Si tratta, tuttavia, di una disposizione che, in ambito civilistico, è fissata da una norma di legge ordinaria, con l'effetto che non è affatto escluso che una legge possa disporre anche per il passato (per una riflessione sempre attuale in tema di efficacia della legge nel tempo, si veda F. Gazzoni, “Manuale di Diritto Privato”, Napoli, 2004, pagg. 43 e ss.).

Nel caso di specie, tuttavia, la l. n. 142/2022, con la quale è stato introdotto, in sede di conversione, l'art. 21-bis del d.l. n. 115/2022, non reca alcuna specifica previsione con riguardo alla decorrenza degli effetti di tale norma, rimanendo allora non chiaro se la stessa possa trovare applicazione con riguardo alle procedure esecutive già pendenti alla data della sua entrata in vigore.

Ecco allora che le disposizioni generali in tema di efficacia della legge nel tempo non sembrano soccorrere per dare risposta al problema in questione.

Neppure la particolare declinazione del principio tempus regit actum alla materia processuale (si veda, per un interessante disamina dei diversi aspetti di tale principio Gina Gioia e Guido D'Ippolito, “Tempus Regit Actum”, in Ilprocessocivile), pur richiamato nella ordinanza in commento, sembra fornire una risposta univoca alla questione in esame, sol che si ponga mente al fatto che le disposizioni dettate in tema di impignorabilità dei beni e dei crediti, pur inserite nel codice di procedura civile, sfuggono ad un puro e semplice inquadramento nell'ambito delle norme processuali.

Soccorre, al fine di dare risposta al quesito in questione, una interpretazione costituzionalmente orientata in merito alla individuazione della decorrenza degli effetti della novella legislativa, che privilegia la necessità di evitare unaingiustificata disparità di trattamento fra i debitori, fondata esclusivamente sulla data di notifica del pignoramento” (si veda ancora l'ordinanza in commento).

Una interpretazione, peraltro, avvalorata da una pronuncia resa dalla Corte Costituzionale con riguardo ad una fattispecie nella sostanza assimilabile a quella in esame (si trattava, in quel caso, di stabilire la costituzionalità di una disposizione transitoria che aveva previsto l'applicazione di una novella normativa - dettata in tema limiti di pignorabilità dei conti correnti sui quali confluivano emolumenti a titolo di pensione - soltanto alle procedure esecutive introdotte successivamente alla data di entrata in vigore), tale da indurre la Corte (nella sentenza n. 12/2019 depositata il 31 gennaio 2019) ad affermare che “il diverso regime temporale previsto per le procedure pendenti alla data di entrata in vigore (…), benché sia ispirato all'esigenza di salvaguardare l'affidamento nella certezza giuridica di chi ha avviato il pignoramento nella piena vigenza della disciplina antecedente che lo consentiva, non supera il vaglio di costituzionalità”, ravvisando la necessità di far prevalere “nel bilanciamento tra valori costituzionalmente protetti, la tutela del pensionato”.

Certo, anche alla luce di una tale interpretazione costituzionalmente orientata, che impone l'applicazione della novella normativa anche alle procedure esecutive pendenti alla data della sua entrata in vigore, si potrebbe opinare in merito alla possibilità di ritenere correttamente pignorate le somme trattenute dall'ente previdenziale fino alla data di entrata in vigore della novellata disposizione (ritenendo così che le pensioni di importo inferiore ad € 1.000,00, ma superiori all'importo mensile di € 702,00, restino suscettibili di pignoramento, nella misura di un quinto, quanto meno con riguardo alle somme accantonate dal terzo pignorato fino alla data di entrata in vigore del nuovo settimo comma dell'art. 545 c.p.c.), ma si tratterebbe, in fondo, di una interpretazione non in linea con quel favor per la tutela del pensionato, che sembra essere stata privilegiata dal giudice delle leggi nella sentenza richiamata nella ordinanza in commento.

A ben vedere, infatti, anche nel caso esaminato nella sentenza n. 12/2019 della Corte Costituzionale venivano in rilievo somme, giacenti su conto corrente, che erano state pignorate allorché non sussisteva alcun limite normativo al loro prelievo coattivo ma che, per effetto della nuova disposizione introdotta mediante il d.l. n. 83/2015, dovevano ritenersi parzialmente sottratte all'esecuzione.

Ecco, in conclusione, che appare condivisibile la conclusione alla quale giunge il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Catania nella ordinanza in commento.

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