Il residuo contrasto giurisprudenziale è stato risolto per effetto dell'art. 378 CCII, a mente del quale: “All'art. 2486 del codice civile dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: <<Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, esalva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura>>”.
In prima analisi, emerge l'introduzione di una presunzione “semplice” (“salvo la prova di un diverso ammontare”) per effetto della quale il danneggiato viene esonerato dall'onere di dimostrare analiticamente il danno patito.
Ciò ha l'effetto di avvantaggiare la Curatela, qualora la società incorra nella liquidazione giudiziale, e la compagine sociale, nel caso in cui dovesse risultare ancora in bonis.
Secondariamente, rileva il criterio di “normalità” in forza del quale la determinazione del quantum viene determinata dalla differenza tra la quantificazione del patrimonio netto in presenza di scritture contabili ed i costi che in ogni caso dovrebbero essere sostenuti tra lo scioglimento e la liquidazione.
Infine, rileva come l'applicazione del criterio della differenza tra attivo e passivo fallimentare sia solamente residuale, ossia a ciò si ricorra solamente nel momento in cui “mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati”.
Tirando le somme, ci si può trovare in due diverse situazioni a seconda che l'imprenditore abbia o non abbia tenuto regolarmente le scritture contabili.
Nel primo caso è pacifico che se venisse dichiarata l'apertura della liquidazione il danno potrebbe essere quantificato tramite presunzioni o, comunque, verrebbe qualificato ad una stregua di “perdita incrementale”.
Il quantum coinciderebbe con la differenza tra il patrimonio netto alla data di apertura della procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento, detratti i costi cosiddetti inevitabili (dipendenti, locazioni, utenze) sostenuti (e da sostenere) dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione (Trib. Torino 15 giugno 2020).
Nella seconda ipotesi il danno verrebbe liquidato come differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura (tematica già oggetto di dibattito della Cassazione nella sentenza n. 9100/2015; cfr. Trib. Firenze 13 maggio 2020).
Fermo restando che l'art. 2486 c.c. così integrato, stante la sua natura di jus superveniens, trova applicazione nei confronti di quei procedimenti introdotti dopo la sua entrata in vigore (App. Catania 16 gennaio 2020).