Edilizia popolare: quando il coniuge separato può subentrare all'assegnatario defunto?

Redazione scientifica
13 Gennaio 2023

Alla donna veniva ordinato il rilascio dell'alloggio di edilizia popolare a seguito della morte del coniuge assegnatario dal quale era separata. La stessa non risultava essere infatti parte del nucleo familiare di quest'ultimo, benché fosse provata la convivenza. Sulla questione si è pronunciata la Suprema Corte.

Alla ricorrente veniva notificato un ordine di rilascio dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica dal Comune di Genova in quanto era accertata la mancanza del possesso dei requisiti per il suo subentro all'assegnatario, coniuge defunto dal quale si era separata e nella residenza del quale aveva trasferito la propria residenza dopo un mese e mezzo dal decesso. A seguito di opposizione, il Tribunale rigettava le doglianze della donna e la Corte d'appello il relativo gravame, non ritenendo anch'essa sussistenti i presupposti del subentro contenuti nell'art. 12 della Legge regionale della Liguria n. 10/2004 nella versione applicabile ratione temporis e anteriore rispetto alle modifiche apportare dalla Legge regionale 3/2014, rilevando in particolare che la donna non risultava essere parte del nucleo familiare dell'assegnatario al momento dell'assegnazione, che non rilevasse come dopo la separazione essa avesse continuato a convivere col marito anche al momento dell'assegnazione dell'appartamento, in quanto tale convivenza doveva risultare anagraficamente. L'appellante non poteva rientrare nemmeno tra i soggetti con diritto di subentrare in quanto parte del nucleo familiare dell'assegnatario perché tale diritto resta subordinato tanto alla presentazione della domanda di ampliamento per consentire all'ente la verifica dei requisiti di permanenza quanto alla dimostrazione della convivenza.

La donna ricorreva quindi per la cassazione della sentenza della Corte territoriale sostenendo che la legge regionale summenzionata del 2004 non prevedesse alcuna domanda di ampliamento da presentare all'Ente, ma quest'ultimo avesse solo un potere di controllo e verifica circa la sussistenza dei requisiti per la permanenza. La Suprema Corte non ha tuttavia ritenuto fondata tale doglianza, ritenendo che l'obbligo di presentazione della domanda di ampliamento, benché non espressamente previsto, fosse da ritenersi sussistente sulla base della norma che richiede la previa verifica dei requisiti da parte dell'Ente, tanto che «essendo interesse della parte, che pretende di aver diritto al subentro, ottenere tale «previa verifica», appare del tutto evidente che altrimenti tale obiettivo non possa essere conseguito se non attraverso la presentazione di una istanza o domanda di ampliamento». Tale assunto è già idoneo a condurre a un rigetto del ricorso. Con riferimento al requisito della residenza poi, la Cassazione non ravvede alcuna contraddizione tra le norme della suddetta Legge, che anzi prevede che la convivenza vada dimostrata anagraficamente. Il ricorso viene interamente rigettato.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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