Con riguardo al rilievo disciplinare dell'assenza presso il domicilio del lavoratore in malattia durante le fasce di reperibilità, l'orientamento della giurisprudenza non è univoco.
Una parte di essa, infatti, ritiene rilevante di per sé l'assenza ingiustificata durante la reperibilità, dando rilievo all'interesse del datore di lavoro a ricevere la prestazione e dunque a controllare l'effettiva sussistenza della causa impeditiva.
“La permanenza presso il proprio domicilio durante le fasce orarie previste per le visite mediche domiciliari di controllo costituisce, non già un onere, bensì un obbligo per il lavoratore ammalato, in quanto l'assenza, rendendo di fatto impossibile il controllo in ordine alla sussistenza della malattia integra un inadempimento, sia nei confronti dell'istituto previdenziale, sia nei confronti del datore di lavoro” (Cass. n. 64/2017; in senso conforme, Tribunale di Modena n. 469/2021).
Altra parte della giurisprudenza ritiene, invece, che detta irreperibilità comporti “esclusivamente, ai sensi dell'art. 5, comma 12, d.l. 463/83, la decadenza dal trattamento economico di malattia in mancanza di altri elementi idonei a configurare un'assenza ingiustificata dal lavoro” (Tribunale di Bergamo del 7 aprile 2011).
In quest'ultima prospettiva si pone anche la pronuncia in commento che, anzi, si dimostra particolarmente garantista nei confronti del lavoratore irreperibile, tanto da affermare che “l'obbligo di cooperazione non può essere esteso fino a ricomprendere il divieto per il lavoratore medesimo di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano, normalmente compiuto all'interno delle mura domestiche” e tanto da escludere che la condotta, pur ostativa del controllo ma svolta tra le mura domestiche, possa essere equiparata ad assenza.
Con riferimento, invece, al profilo probatorio, seppur in sede di legittimità sia preclusa la diversa valutazione delle risultanze istruttorie, il caso in esame pone evidenti criticità con riguardo all'assolvimento dell'onere della prova, gravante sul lavoratore, della sua presenza presso il domicilio nelle fasce di reperibilità e, in particolare, al momento del tentativo di accesso da parte del medico fiscale.
È opportuno, infine, evidenziare che nei casi in cui la giurisprudenza ha riconosciuto il rilievo disciplinare dell'irreperibilità, ha anche ammesso il recesso datoriale (ex multis, Cass. n. 24681/2016).
L'eventuale adozione della sanzione espulsiva, infatti, “non presuppone necessariamente l'esistenza di una specifica previsione di tale mancanza nel codice disciplinare applicabile, atteso che la predisposizione di una normativa secondaria è richiesta solo per l'esercizio del potere disciplinare con l'adozione di misure conservative, mentre il potere di recedere dal rapporto per giusta causa o giustificato motivo deriva direttamente dalla legge” (Cass. n. 3915/1996).
Il recesso, tuttavia, deve essere sempre valutato tenendo conto del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto al comportamento complessivamente tenuto dal lavoratore.