Compensi avvocato: è possibile chiedere il pagamento degli onorari penali in via monitoria?
19 Gennaio 2023
Massima
L'opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la richiesta di liquidazione di compensi maturati per la difesa in un processo penale, non essendo soggetta alla disciplina del procedimento sommario di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011, può svolgersi nelle forme del processo ordinario ex art. 163 c.p.c. e ss., ovvero, in alternativa, del procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c., innanzi al tribunale in composizione monocratica (avendosi riguardo, ai fini della verifica del rispetto del termine di cui all'art. 641 c.p.c., nel primo caso alla data della notificazione della citazione e nel secondo caso alla data del deposito del ricorso), in quanto la scelta delle forme del procedimento monitorio da parte dell'avvocato, creditore di compensi non soggetti al rito di cui al d.lgs. n. 150/2011, art. 14, non comporta che l'eventuale opposizione al decreto ingiuntivo vada proposta necessariamente nelle forme del rito ordinario di cognizione, rimanendo in facoltà dell'opponente optare per il procedimento sommario, previsto dall'art. 702-bis c.p.c. e segg., ed applicabile in tutte le controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica.
Allorché l'opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la richiesta di liquidazione di compensi maturati per la difesa in un processo penale sia proposta mediante deposito di ricorso, recante l'indicazione sia dell'art. 14, d.lgs. n. 150/2011 che dell'art. 702-bis c.p.c., il giudice adito deve procedere ad una esatta qualificazione dell'azione in funzione della situazione dedotta in causa, facendo applicazione del rito previsto dalla legge e verificando alla stregua di tale rito altresì la tempestività dell'opposizione. Il caso
Un avvocato chiedeva e otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento dei compensi professionali maturati per l'attività difensiva espletata in due giudizi penali; avverso tale provvedimento veniva proposta opposizione seguendo il rito sommario di cognizione di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011, ma per il tribunale adito, essendo l'ambito di applicazione del procedimento per la liquidazione degli onorari degli avvocati di cui all'art. 14 del decreto citato limitato ai soli compensi per l'attività professionale svolta in un giudizio civile, l'opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto riguardante compensi giudiziali penali, avrebbe dovuto essere introdotta con citazione e non con ricorso. Ciò posto, il giudice escludeva che l'opposizione potesse essere “recuperata” altrimenti, in quanto non era applicabile al caso di specie l'art. 4 del d.lgs. n. 150/2011, quale norma operante solo nelle ipotesi di instaurazione, mediante forme errate, di una controversia da trattare secondo uno dei riti semplificati previsti dal medesimo decreto; del pari escludeva di potersi procedere alla conversione dell'atto nullo, atteso che il ricorso era stato notificato oltre il termine per proporre opposizione al decreto ingiuntivo, per cui dichiarava l'opposizione inammissibile. Avverso la decisione veniva proposto ricorso per cassazione.
La questione
Viene così sottoposta alla Corte di cassazione la questione circa l'applicabilità del procedimento di liquidazione dei compensi di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 agli onorari per le attività giudiziali svolte in un processo penale, nonché quella – alla prima connessa – concernente la possibilità per il tribunale adito di riqualificare il ricorso ex art. 14 del decreto citato quale mero ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 702-bis c.p.c. Le soluzioni giuridiche
La S.C. accoglie il ricorso. Osserva in particolare che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, ribadito anche di recente (Cass. Sez. Unite 23 febbraio 2018, n. 4485; Cass. Sez. Unite 16 ottobre 2018, n. 25938), le controversie aventi ad oggetto la richiesta di liquidazione di compensi maturati per la difesa in un processo penale non sono soggette alla disciplina del procedimento sommario di cognizione e ciò in quanto l'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 risulta essere applicabile alle sole controversie volte al pagamento dei compensi per le prestazioni giudiziali civili, come espressamente previsto dall'art. 28 della legge n. 794/1942 cui l'art. 14 cit. espressamente si riferisce.
Esclusa la possibilità di avvalersi delle forme del rito sommario necessario di cui all'art. 14 cit., l'opposizione a decreto ingiuntivo può allora introdursi alternativamente secondo le forme del rito ordinario di cui agli artt. 163 e seguenti c.p.c. o seguendo il percorso semplificato del rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss c.p.c.
Più precisamente, secondo la decisione in commento, «La scelta delle forme del procedimento monitorio, da parte dell'avvocato creditore di compensi non soggetti al rito di cui al d.lgs. n. 150 del 2011, art. 14, non comporta, infatti, che l'eventuale opposizione al decreto ingiuntivo vada proposta necessariamente nelle forme del rito ordinario di cognizione, rimanendo in facoltà dell'opponente optare per il procedimento sommario, previsto dall'art. 702 bis c.p.c.». Difatti, in linea con quanto già affermato da S.U. 2018, n. 4485, sarebbe contraddittorio «che dalla scelta del legale di avvalersi di un procedimento che esprime comunque una forma di tutela differenziata e privilegiata discenda il necessario svolgimento del giudizio di opposizione secondo il rito ordinario, privando l'opponente della alternativa di avvalersi del rito sommario per una controversia comunque non esclusa dall'ambito di operatività dell'art. 702-bis c.p.c.». Osservazioni
Il riferimento esclusivo alle prestazioni giudiziali civili, portato dalla legge n. 794/1942 e ribadito dal primo comma dell'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011, ha da sempre indotto la giurisprudenza e la dottrina ad affermare che si sottrae all'ambito di applicazione del procedimento speciale di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 la liquidazione delle prestazioni professionali rese nell'ambito dei procedimenti diversi da quello civile: restano escluse perciò le prestazioni rese del processo penale, nonché quelle svolte nei giudizi amministrativi. In quest'ipotesi, non essendo ammissibile il ricorso alla speciale procedura di cui all'art. 14, la controversia è destinata ad essere trattata nelle forme del rito ordinario o di quello sommario codicistico di cui all'art. 702-bis e seguenti c.p.c. Non può inoltre escludersi, come accaduto nel caso che ci occupa, l'eventualità che l'avvocato scelga la strada del procedimento di ingiunzione.
Pertanto, riassuntivamente: se intende ottenere esclusivamente il pagamento delle prestazioni giudiziali maturate in processi diversi da quello civile (penali, amministrativi, ecc.) oppure delle prestazioni stragiudiziali, l'avvocato dispone del procedimento ingiuntivo, di quello sommario di cognizione previsto nel codice di rito e di quello ordinario di cognizione (v. Trib. Ravenna, 19 gennaio 2020; Trib. Milano, 5 dicembre 2018 e Trib. Savona, 5 novembre 2018). Troveranno applicazione le discipline dettate dal legislatore per questi procedimenti e, soprattutto, in caso di utilizzazione del procedimento di ingiunzione, il giudizio di opposizione si concluderà con un provvedimento avente la forma della sentenza o ordinanza (a seconda del rito scelto) impugnabile con l'appello.
Invero, il problema sottoposto all'attenzione della S.C. sarebbe stato agevolmente risolto laddove il legislatore, dando seguito alle proposte di riforme in passato avanzate (si intende far riferimento al d.d.l. n. 3128/2004 il 29 settembre 2004 al Senato e mai approvato), avesse ricondotto alla disciplina del procedimento sommario di cognizione tutte le controversie relative al pagamento di qualunque tipo di onorari, ancorché relativi a prestazioni rese dinanzi a giurisdizioni diverse da quella civile o a prestazioni stragiudiziali. In tal modo, tutte le controversie relative alla liquidazione dei compensi per l'opera professionale svolta dall'avvocato avrebbero trovato adeguata e piena tutela tramite le forme del procedimento di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011. Il d.lgs. n. 150/2011, sciaguratamente, non ha invece preso in considerazione siffatta proposta normativa, così perdendo ancora una volta un'occasione per compiere un riordino effettivo della complessa materia attinente ai compensi degli avvocati. L'attuale assetto normativo, così limpidamente ricostruito dalla decisione in esame, è tuttavia destinato a cambiare per effetto della recentissima riforma del processo civile che ha, tra l'altro, modificato il testo dell'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011, prevedendo l'applicabilità al procedimento per la liquidazione dei compensi degli avvocati del nuovo rito semplificato di cognizione, in luogo dell'attuale rito sommario di cognizione.
Come è noto, il rito semplificato di cognizione è destinato a soppiantare il rito di cui agli artt. 702 bis e seguenti del codice di rito, nonché quello c.d. necessario di cui al Capo III del d.lgs. n. 150/2011, i quali pertanto saranno applicabili solo ai procedimenti instaurati entro il 28 febbraio 2023. La scelta compiuta dal legislatore della riforma parrebbe a prima vista necessitata ed ovvia. Tuttavia, come spesso accade, la modifica apportata appare in grado di sconvolgere l'assetto faticosamente creato dalla dottrina e dalla giurisprudenza in materia. Non è questa certamente la sede né per ricordare l'ampio dibattito sull'oggetto del procedimento di liquidazione dei compensi e i suoi limiti di applicazione (conclusosi con la soluzione, per vero non propriamente soddisfacente, fornita da Cass., sez. un., 23 febbraio 2018, n. 4485), né per svolgere un'approfondita riflessione sull'argomento; basti tuttavia osservare come la applicazione alle controversie in discorso del rito semplificato di cognizione è destinata a riaprire il dibattito sull'ambito della cognizione permessa al giudice adito, giacché, come è noto, la fase di trattazione del nuovo rito semplificato si articola sulla falsariga dell'attuale art. 183 c.p.c. In particolare, l'art. 281-duodecies c.p.c. stabilisce che le parti alla prima udienza, laddove il giudice non abbia autorizzato la chiamata in causa del terzo, possono proporre le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale e delle eccezioni proposte dalle altre parti; inoltre, «se richiesto e sussiste giustificato motivo, il giudice può concedere alle parti un termine perentorio non superiore a venti giorni per precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni, per indicare i mezzi di prova e produrre documenti, e un ulteriore termine non superiore a dieci giorni per replicare e dedurre prova contraria». In tal modo, viene meno la tipica elasticità che connota il rito sommario di cognizione, il quale, non a caso, affida al giudice di procedere «omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, ... nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto» (art. 702-ter c.p.c.). Tale impressione riceve una conferma dal nuovo art. 281 terdecies che, nel rinviare agli artt. 281 sexies sceglie di adottare la forma della sentenza per il provvedimento conclusivo del giudizio. Pertanto, da rito flessibile, il rito semplificato assume la foggia del rito ordinario attualmente vigente, essendo rigidamente predeterminato nelle forme e nei termini; del pari ampia è completa è la cognizione che il giudice adito è in grado di svolgere sulle questioni portate alla sua attenzione.
Se si parte allora dall'idea che semplificazione del rito non equivale a sommarietà della cognizione, ma – anzi – che il rito semplificato è in grado di permettere permette l'accertamento dei diritti controversi tramite una istruzione piena e completa, se ne deve necessariamente desumere che la futura disciplina procedimentale del giudizio di liquidazione dei compensi degli avvocati sarà idonea a permettere la cognizione non solo della domanda principale di liquidazione degli onorari proposta dal difensore, ma anche di quelle ad esse connesse relative all'an della prestazione, come accade laddove il cliente contesti l'esistenza del rapporto di mandato o proponga ulteriori domande volte ad ampliare l'ambito oggettivo della lite. La novella lascia poi impregiudicate due questioni che da tempo affannano dottrina e giurisprudenza: la prima relativa al regime impugnatorio della decisione, che con la riforma acquisisce la veste della sentenza, e la seconda attinente al tema – affrontato dalla decisione in commento – riguardante la possibilità di applicare il rito semplificato di cui all'art. 14 del dlgs. n. 150/2011 anche alla richiesta dei compensi per le prestazioni professionali rese in un procedimento penale (o amministrativo) e per quelle di natura stragiudiziale.
Come si vede, numerose sono le questioni che impegnano e che continueranno ad impegnare gli operatori pratici e teorici del processo; al riguardo, il novello istituto del rinvio pregiudiziale appare forse lo strumento più utile per permettere la risistemazione del procedimento per la liquidazione dei compensi, evitando così il proliferare di orientamenti giurisprudenziali contraddittori, come accaduto all'indomani dell'entrata in vigore del d.lgs. 150/2011. Riferimenti
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