Mutuo per l'acquisto dell'azienda: se quest'ultima viene ceduta e fallisce non va ammesso al passivo

20 Gennaio 2023

Nel caso in esame, i Giudici sono stati chiamati a stabilire se il debito di restituzione di una somma finanziata fosse, o meno, inerente all'esercizio dell'azienda e, dunque, ammissibile al passivo fallimentare.
Massima

Il contratto di mutuo stipulato per l'acquisto dell'azienda, poi ceduta e successivamente fallita, non può dirsi inerente all'esercizio dell'azienda stessa in quanto costituisce una atto di organizzazione (che va distinto dagli atti dell'organizzazione, ossia quelli relativi alla produzione organizzata); pertanto, il creditore non può insinuarsi al passivo sulla base delle norme sulla successione nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda e nei debiti da questi scaturenti (art. 2558 c.c. e art. 2560 c.c.).

Il caso

Una s.p.a., in proprio e quale submandataria e subservicer di un'altra s.p.a., ha chiesto che fosse ammessa al passivo del fallimento di A.D. - titolare di una farmacia )- a fronte di un credito derivante dal finanziamento erogato nel 2007 a Z.B. per consentirgli di acquistare l'azienda contestualmente alla stipulazione del contratto di mutuo, da lui poi ceduta nel 2013 alla fallita.

L'istanza è stata respinta e la successiva opposizione alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo del fallimento non ha avuto buon esito.

Il Tribunale di Torino, al riguardo, ha escluso l'applicabilità, per un verso dell'art. 2558 c.c., poiché era stata integralmente eseguita la prestazione scaturente dal contratto, ovvero la corresponsione della somma oggetto del finanziamento; per altro verso, dell'art. 2560 c.c., posto che, ha argomentato, il debito di restituzione della somma finanziata non era inerente all'esercizio dell'azienda, che deve preesistere alla stipulazione del relativo contratto e che comunque mantiene alterità rispetto al titolare di diritti sul complesso di beni che ne costituiscono oggetto. Di contro, il contratto di finanziamento, poiché funzionale all'acquisto dell'azienda, è stato ritenuto atto prodromico irrilevante ai fini del fenomeno successorio disciplinato dall'art. 2560 c.c.

Le questioni giuridiche

Nel caso in esame, i Giudici sono stati chiamati a stabilire se il debito di restituzione di una somma finanziata fosse, o meno, inerente all'esercizio dell'azienda e, dunque, ammissibile al passivo fallimentare.

Ad avviso della società finanziaria, il rapporto sorto in virtù del contratto di mutuo doveva ritenersi trasferito alla cessionaria in applicazione dell'art. 2558 c.c., il quale stabilisce il subentro di questa nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda (non impedendo l'applicazione della norma il fatto che una parte abbia già eseguito la prestazione), o dell'art. 2560 comma 2 c.c., a mente del quale nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento anche l'acquirente. Secondo il ricorrente, avrebbe dovuto rispondere anche l'acquirente (poi fallito), poiché il mutuo rappresentava un debito dell'azienda ceduta (consolidatosi quale cespite aziendale). Pertanto, il creditore avrebbe dovuto essere ammesso al passivo del fallimento dell'acquirente.

Con la pronuncia in commento la Cassazione, confermando la decisione del giudice di merito, ha rigettato il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni.

In primo luogo, l'art. 2558 c.c. prevede la successione ex lege nei contratti d'azienda e nei contratti d'impresa: i primi aventi ad oggetto il godimento di beni aziendali non appartenenti all'imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento dell'attività imprenditoriale; i secondi, che, pur non avendo ad oggetto beni aziendali, comunque attengono all'organizzazione dell'impresa (come nei casi, in via esemplificativa, dei contratti di somministrazione, dei contratti di assicurazione e di quelli di appalto).

In secondo luogo, l'art. 2560 c.c. disciplina la successione nei debiti relativi all'esercizio dell'azienda ceduta.

Tali disposizioni, in sostanza, riguardano l'esercizio dinamico dell'impresa. Le norme in questione, ad avviso della Corte, non possono trovare applicazione nel caso di specie, in quanto il contratto di mutuo non può ritenersi inerente all'esercizio dell'azienda, giacché volto all'acquisizione di essa, e perciò si configura come atto di organizzazione. Quest'ultimo, secondo autorevole dottrina, va distinto dall'atto dell'organizzazione, al fine di scongiurare l'indiscriminata assimilazione dell'attività organizzativa a quella di produzione organizzata.

Sul punto è importante richiamare Cass. n. 15769/2004, secondo la quale gli atti preparatori possono segnare l'effettivo esercizio dell'attività d'impresa in mancanza di apparato aziendale, purché permettano di individuare l'oggetto dell'attività e il suo carattere commerciale.

Ad avviso della Corte, tale distinzione risalta in modo evidente nel caso di specie, dato che è relativa a un imprenditore individuale, il quale ha acquisito tale qualifica solo in conseguenza dell'esercizio effettivo dell'attività (Cass. n. 23157/2018; Cass. n. 6968/2019), anche al di là dalla mera titolarità del compendio aziendale e del numero di partita IVA.

Infatti, la titolarità statica dell'azienda si distingue dall'esercizio dinamico dell'impresa, al punto che, al cospetto di una pluralità di contitolari dell'azienda, non si esclude la possibilità che solo uno di essi assuma l'effettiva gestione dell'attività commerciale e la correlativa veste imprenditoriale, mentre un altro ne resti estraneo e si limiti a conservare il diritto dominicale spettategli pro quota sui beni aziendali (Cass. n. 4986/1997).

In sostanza, gli obblighi che si trasferiscono in capo all'acquirente sono quelli che il cedente si è assunto nella accezione dinamica di imprenditore (e non statica, com'è successo nel caso di specie).

Conclusioni

In applicazione della disciplina di cui sopra, la Corte ha confermato l'inapplicabilità sia dell'art. 2558 c.c. che dell'art. 2560 c.c., i quali, avendo ad oggetto i contratti e i debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, riguardano l'esercizio dinamico dell'impresa, che rimane distinto dalla mera titolarità statica della stessa.

Per concludere, dalla decisione commentata emerge come l'acquirente si fosse accollato il debito derivante dal mutuo a titolo personale (il quale debito, pertanto, si era trasferito al cessionario non in applicazione delle norme sulla cessione d'azienda, bensì in virtù dell'accollo); tuttavia, la domanda del creditore non era stata proposta anche ai sensi dell'art. 1273 c.c.

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