La sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia il 17 maggio 2022 nei procedimenti riuniti C-693/19 e C-831/19, SPV Project 1503 Srl e Dobank SpA è destinata ad innovare profondamente il diritto processuale italiano. Il principio di effettività della tutela del consumatore quale declinato da una più che ventennale giurisprudenza sovranazionale è (ormai con esplicito e diretto riferimento anche all'ordinamento italiano) infatti destinato non solo (secondo quanto in via immediata discende dal dispositivo della citata decisione) a consentire il superamento del giudicato da decreto ingiuntivo non opposto, ma, anche (e senza alcuna pretesa di esaustività), a profondamente modificare tanto il procedimento monitorio, quanto i rapporti tradizionalmente delineati tra processo esecutivo e processo di cognizione.
Il carattere innovativo della citata sentenza e l'oggettiva difficoltà -almeno con riferimento ad alcuni profili- di individuare soluzioni in grado di realizzare una soddisfacente integrazione tra principi processuali sovranazionali ed interni sono verosimilmente destinati a far germogliare orientamenti disparati. Anche al fine di limitare il più possibile una eccessiva diversificazione di tali orientamenti diviene allora particolarmente importante esaminare le prime decisioni con le quali la giurisprudenza di merito affronterà le ricadute interne della citata sentenza della Corte di giustizia.
Tra tali decisioni va, senza dubbio, annoverata quella del Tribunale di Udine che qui brevemente si annota.
Il Collegio friulano compie un apprezzabile tentativo di delimitazione della portata della sentenza resa nei procedimenti riuniti SPV Project 1503 Srl e Dobank SpA; tentativo che, tuttavia, giunge ad esiti solo parzialmente condivisibili.
Desta, infatti, qualche perplessità il passaggio motivazionale (per la verità non rilevante ai fini della decisione del caso concreto, relativo ad un decreto ingiuntivo avverso il quale era stata proposta opposizione definita in rito) secondo il quale la decisione del 17 maggio 2022 è applicabile al solo caso in cui sia azionato quale titolo esecutivo un decreto ingiuntivo. L'affermazione è condivisibile nella misura in cui sia intesa come volta, in via esclusiva ed immediata, a delimitare l'oggetto della citata sentenza della Corte di giustizia (non a caso relativa a procedimenti esecutivi instaurati sulla base di decreti ingiuntivi -non opposti).
È tuttavia opportuno precisare che, ormai, non può più dubitarsi (anche con riferimento all'ordinamento italiano) della superabilità del giudicato formatosi in assenza di espressa motivazione sulla abusività/non abusività di una clausola contenuta nel contratto concluso con il consumatore anche allorquando tale giudicato sia relativo ad un provvedimento diverso dal decreto ingiuntivo.
Tanto discende oltre che da una lettura non formalistica della sentenza del 17 maggio 2022, anche dalla sentenza della Corte di giustizia, 26 gennaio 2017, C-421/14, Banco Primus SA. Né può sottacersi la difficoltà derivante dall'ammettere (così come pare fare il Collegio friulano) la superabilità del giudicato formatosi in relazione ad una sentenza che, nel definire l'opposizione a decreto ingiuntivo, non abbia espressamente statuito sulla abusività/mancata abusività di una clausola e non, anche, la superabilità del giudicato formatosi a fronte della ordinaria instaurazione di un giudizio di cognizione.
Va senza dubbio condivisa la limitazione della portata della decisione della Corte di giustizia al caso in cui vi sia stata una violazione della disciplina in materia di clausole abusive pattuite col consumatore che non sia stata oggetto di espressa statuizione. Non è possibile in questa sede ripercorrere i contributi dottrinari che hanno sottolineato come non ogni violazione del diritto dell'Unione giustifichi il superamento del giudicato (sul punto, di recente, v. Turmo).
Piuttosto, proprio la condivisibile limitazione operata dal provvedimento che si annota induce il Tribunale di Udine ad escludere la proponibilità, in sede esecutiva, di doglianze relative alla nullità delle clausole della fideiussione conformi al modulo contrattuale predisposto dall'ABI “se non nei limiti in cui tali clausole siano anche vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 del d.lgs. 206 del 2005” (con la conseguenza, vien da aggiungere, che la tutela apprestabile sarà solo quella prevista in materia di clausole abusive).
Ne discende la persistente, piena efficacia del giudicato a fronte di questioni (da farsi valere in sede di formazione del titolo esecutivo) di rilievo puramente interno come, ad esempio, la prescrizione asseritamente maturata prima della formazione del titolo esecutivo o la mancata titolarità del credito in capo alla parte risultante creditrice in base al titolo esecutivo (T. Napoli, ord. 4 giugno 2022, in dirittobancario.it).
La limitazione delineata dal Collegio friulano appare tra l'altro meritevole di due ulteriori precisazioni (per la verità non necessarie con riferimento al caso deciso).
Per un verso, il giudicato (formatosi in assenza di espressa statuizione sulla abusività della clausola) non risulta superabile a fronte di qualsivoglia violazione della disciplina a tutela del consumatore, ma, solo, a fronte di una violazione di una disciplina di origine eurounitaria (sul punto, v. -quanto alla competenza territoriale- Corte di giustizia, 30 novembre 2017, C-344/17, IJDF Italy Srl e, più in generale, con riferimento alle situazioni puramente interne, Arena).
Per altro verso, non ogni violazione della disciplina eurounitaria a tutela del consumatore sarà idonea a superare il giudicato in sede esecutiva, ma solo quella violazione che sia rilevante avuto riguardo all'”oggetto della controversia” secondo quanto argomentabile alla luce di Corte di giustizia, 11 marzo 2020, C-511/17,Györgyné Lintner (in proposito v. T. Napoli, ord. 4 giugno 2022, in dirittobancario.it).
Due brevi considerazioni devono infine essere svolte (attesa la rilevanza ed attualità delle questioni sottese) in ordine al provvedimento reclamato.
Nel pronunciare tale provvedimento il giudice dell'esecuzione ha assegnato i termini per l'instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione. Così facendo tale giudice pare (almeno implicitamente) aver optato per la soluzione secondo la quale il superamento del giudicato deve avvenire integralmente all'interno dell'esecuzione (pur se, eventualmente, nell'ambito di quella parentesi cognitiva che è il giudizio di opposizione proposto ai sensi dell'art. 615, comma 2, c.p.c.).
Sulle delicate questioni relative ai poteri del giudice dell'esecuzione promossa nei confronti del consumatore ed alle eventuali modalità di coordinamento tra processo esecutivo e processo di cognizione all'indomani di Corte di giustizia, 17 maggio 2022, C-693/19 e C-831/19, SPV Project 1503 Srl e Dobank SpA si registrano tuttavia soluzioni di segno opposto (v., in particolare, Procura Generale della Corte di cassazione, causa n. 1, R.G. 24533/2021 e Caporusso), sì che, in considerazione della complessità delle questioni e della frequenza con la quale le medesime sono destinate a riproporsi, appare quanto mai opportuno un pronto pronunciamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte.
Infine, non può non osservarsi come il giudice dell'esecuzione abbia statuito sulla istanza di sospensione dell'esecuzione formulata dall'opponente tralasciando (almeno così pare) di valutare che la medesima questione della abusività della clausola avrebbe potuto essere oggetto pure di un rilievo officioso. Rilievo officioso del giudice dell'esecuzione che, all'indomani della citata sentenza della Corte di giustizia, è destinato a trovare un campo di applicazione ben più ampio di quello precedentemente delineato e che, per l'effetto, è destinato a rinnovare (ogni volta che il titolo esecutivo sia formato nei confronti di un consumatore) quel dibattito sulla natura potenzialmente binaria del controllo circa l'esistenza del diritto di procedere nell'esecuzione (ma, deve ormai ammettersi, anche circa l'entità del credito) che già in passato ha creato non poche difficoltà (in proposito, vedi, tra gli altri, Capponi).