Pervenuta - ormai, in via telematica - alla Corte di cassazione l'ordinanza che ha disposto il rinvio pregiudiziale interpretativo, l'art. 137-ter disp. att. c.p.c. ne prevede la pubblicazione, sul sito istituzionale della Corte stessa e a cura del suo Centro elettronico di documentazione.
Presa in carico dalla Corte, l'ordinanza va allora istruita.
La norma - ed in particolare il primo periodo del terzo comma dell'art. 363-bis c.p.c. - disegna una competenza specifica in capo al Primo Presidente, che va al di là delle istituzionali attribuzioni lato sensu organizzative ed amministrative e gli devolve funzioni giurisdizionali proprie e specifiche prive di precedenti, con un vero e proprio quid novi. Egli, ricevuta l'ordinanza di rinvio pregiudiziale, entro novanta giorni assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice per l'enunciazione del principio di diritto, o dichiara con decreto l'inammissibilità della questione per la mancanza di una o più delle condizioni di cui al primo comma.
Al primo presidente è insomma attribuito il potere di vagliare autonomamente l'ammissibilità della questione di rinvio pregiudiziale, in estrinsecazione di un potere autenticamente giurisdizionale che è suo proprio, benché verosimilmente suscettibile di delega e suscettibile di avvalimento degli uffici a lui facenti capo, quale la cancelleria delle Sezioni Unite civili o l'Ufficio preparatorio del procedimento per l'esame dei ricorsi assegnati alle Sezioni Unite Civili (UPSUC).
Il Primo Presidente deve provvedere entro novanta giorni dal ricevimento dell'ordinanza di rinvio pregiudiziale interpretativo: se ritiene che sussistano tutti i detti presupposti, assegna la questione alle Sezioni Unite anziché a quelle semplici, in applicazione dei criteri generali previsti dall'art. 374 c.p.c.: cioè, ove ritenga che essa involga una questione di giurisdizione, oppure una questione di massima di particolare importanza, oppure ancora una che sia stata decisa in senso difforme dalle sezioni semplici; al contrario, ove, pur ritenendo sussistenti tutti i presupposti del rinvio pregiudiziale interpretativo, la questione non presenti i requisiti per l'assegnazione alle sezioni unite, essa sarà assegnata alla sezione semplice, secondo la ripartizione interna degli affari, come prevista dalla tabella periodica - ormai di durata non più triennale, ma quadriennale - di organizzazione della Corte.
Analogamente ad ogni provvedimento preliminare di ammissibilità, anche quello con il quale, più o meno motivatamente, il Primo Presidente assegni la questione ad una delle sezioni (unite o semplici) non pregiudica la decisione del collegio che ne sarà investito neppure quanto alla sussistenza dei relativi presupposti, la quale sarà liberamente ed ex professo rivalutata.
Sempre entro i novanta giorni dal ricevimento dell'ordinanza che ha disposto il rinvio pregiudiziale interpretativo, il Primo Presidente può dichiarare, con decreto, “l'inammissibilità della questione per la mancanza di una o più delle condizioni di cui al primo comma” dello stesso art. 363-bis c.p.c.: a ribadire la necessaria compresenza di tutte le condizioni (o presupposti) appena descritte.
È escluso il coinvolgimento delle parti, ma non la necessità di una motivazione, sebbene sommaria, soprattutto per il caso di inammissibilità.
Dei decreti adottati dal Primo Presidente sulle questioni va data pubblicità in forma analoga a quella dell'ordinanza che le ha rimesse alla Corte, cioè sul sito istituzionale di quest'ultima e a cura del Centro elettronico di documentazione.
A termini del secondo periodo del terzo comma dell'art. 363-bis c.p.c., poi, “la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in pubblica udienza, con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con facoltà per le parti costituite di depositare brevi memorie, nei termini di cui” all'art. 378 c.p.c.; tanto implica il coinvolgimento appunto dell'uno e delle altre, che andranno notiziate della fissazione dell'udienza e, deve ritenersi, senza necessità di alcun atto formale di costituzione diverso dalle memorie espressamente menzionate (e, verosimilmente, senza bisogno di una procura speciale a tal fine, quanto meno nel caso in cui l'unica loro attività si limiti alla redazione di tale atto tipizzato).
La carenza di comunicazione alle parti della precedente ordinanza integra un preciso adempimento del giudice a quo, la cui carenza potrebbe condurre al richiamo formale da parte della Corte di cassazione al medesimo giudice a quo affinché vi provveda, con riserva di provvedere sul rinvio soltanto all'esito della trasmissione della prova dell'avvenuto adempimento di detta comunicazione. Non è prescritto invece che la Corte di cassazione supplisca alla deficienza della comunicazione originaria dell'ordinanza di rimessione, provvedendovi direttamente.
Non sono previsti termini, che del resto sarebbero acceleratori alla stessa stregua di quello fissato al primo presidente per la pronuncia preliminare. Acquisite, se del caso, le brevi memorie delle parti con la scansione temporale ordinaria, all'udienza la questione è trattata e trattenuta in decisione; all'esito della discussione nella successiva camera di consiglio, la Corte definisce con sentenza il procedimento dinanzi a sé sul rinvio pregiudiziale interpretativo, tale essendo la forma ordinaria dei provvedimenti resi all'esito di un contraddittorio pieno tra le parti su questioni di particolare rilevanza (quali, per definizione legislativa, sono quelle rimesse ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c.).
È beninteso salva la facoltà del collegio di pronunciare un'ordinanza interlocutoria, per adottare provvedimenti ordinatori (come la rinnovazione dell'avviso di fissazione dell'udienza alle parti, in caso di omissione o vizi della sua comunicazione o notificazione) o sollevare ulteriori incidenti (di costituzionalità o per rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE).
La sentenza conterrà l'enunciazione del principio di diritto: ed al riguardo, tranne soltanto quella sui requisiti di ammissibilità della questione (che, nella specie, sono regolamentati ex novo dalla disciplina speciale dell'art. 363-bis c.p.c.), può soccorrere la nutrita giurisprudenza formatasi in sede di legittimità sull'analogo istituto di cui al precedente art. 363 c.p.c., nella sua declinazione ad impulso del pubblico ministero (piuttosto che in quella della pronuncia di ufficio ad opera della Corte in caso di definizione in rito del giudizio davanti ad essa), attesane l'analogia con l'attivazione dell'incidente di pregiudizialità interpretativa. In entrambi i casi, infatti, un'autorità giurisdizionale sollecita la pronuncia della Corte e questa deve allora rispondere alla questione sottopostale, in assenza di vincoli sulla qualificazione dei fatti e senza che possa trovare applicazione il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
La sentenza che definisce la questione, al pari del decreto di inammissibilità pronunciato dal primo presidente, dispone anche la restituzione degli atti al giudice; benché non previsto in modo espresso, pure questa dovrebbe avvenire in via telematica.