Il classamento nel concordato preventivo (in particolare delle imprese minori) secondo il Codice della crisi

Daniele Fico
25 Gennaio 2023

L'Autore svolge alcune riflessioni sulla possibilità di suddividere i creditori in classi diverse, che è stata introdotta nel nostro ordinamento dal d.l. n. 347/2003 relativamente alla ristrutturazione di grandi imprese in stato di insolvenza, recepita poi nella procedura di concordato preventivo e che consente di offrire trattamenti differenziati ai creditori inseriti nelle classi.
Premessa

La possibilità di raggruppare i creditori in classi diverse è stata introdotta nel nostro ordinamento con l'art. 4-bis D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modifiche dalla L. 18 febbraio 2004, n. 39 (c.d. “legge Marzano”) - relativamente alla ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato d'insolvenza, e recepita nella procedura di concordato preventivo dall'art. 160, comma 1, lett. c), l. fall., nella sua formulazione successiva al 2005.

La formazione di classi nella procedura concordataria consente, come noto, di offrire trattamenti differenziati ai creditori ivi inseriti, permettendo conseguentemente una maggiore libertà di manovra all'imprenditore nella progettazione del piano di ristrutturazione del debito e di soddisfacimento del ceto creditorio sulla base delle peculiarità che caratterizzano la massa passiva o il diverso interesse dei creditori stessi alla riuscita del risanamento.

La suddivisione in classi nel Codice della crisi d'impresa

Attraverso la suddivisone in classi è quindi possibile trattare in maniera differente i creditori collocati in classi diverse, a condizione che, tuttavia, da un lato, la previsione di classi con trattamenti differenziati non deve produrre l'alterazione dell'ordine dei privilegi e delle cause legittime di prelazione; dall'altro, che la formazione delle classi deve essere effettuata sulla base di posizione giuridica ed interessi economici omogenei; espressione, quest'ultima, prevista nel già citato art. 160, comma, 1, lett. c), l. fall. e ribadita dall'art. 2, comma 1, lett. r), CCII, che definisce la classe un “insieme di creditori che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei”.

Secondo i giudici di legittimità (Cass. 16 aprile 2018, n. 9378), l'omogeneità delle posizioni giuridiche, quale criterio volto a garantire sul piano formale le posizioni più o meno avanzate delle aspettative di soddisfo, concerne la natura oggettiva del credito e riguarda le qualità intrinseche delle pretese creditorie, tenendo conto dei loro tratti giuridici caratterizzanti, del carattere chirografario o privilegiato, dell'eventuale esistenza di contestazioni nella misura o nella qualità del credito, della presenza di un eventuale titolo esecutivo provvisorio.

L'omogeneità degli interessi economici, a sua volta, essendo un criterio volto a garantire sul piano sostanziale la par condicio creditorum, ha riguardo alla fonte e alla tipologia socio-economica del credito (banche, fornitori, lavoratori dipendenti, ecc.) e al peculiare tornaconto vantato dal suo titolare (in ragione, a titolo esemplificativo, dell'entità del credito rispetto all'indebitamento complessivo, della presenza di coobbligati o dell' eventuale interesse a proseguire il rapporto con l'imprenditore in crisi), al fine di garantire secondo canoni di ragionevolezza una maggiore adeguatezza distributiva in presenza di condizioni di omogeneità di posizione.

Nel codice della crisi, al pari della legge fallimentare, la suddivisione in classi nella procedura di concordato preventivo è, in linea generale, facoltativa.

Ai sensi dell'art. 85, comma 1, CCI, infatti, il piano concordatario può prevedere (trattasi, quindi, di facoltà) “la suddivisione dei creditori in classi con trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse”.

La formazione delle classi, tuttavia, è obbligatoria per le categorie di creditori individuate nel secondo comma dell'anzidetto articolo, che si è ritenuto di tenere distinte ai fini del voto per il peculiare interesse che gli appartenenti alle medesime hanno all'esito del concordato; nonché, in ogni caso, ai sensi del successivo terzo comma, in presenza di concordato preventivo in continuità aziendale.

Il classamento delle imprese minori

L'art. 85, comma 3, CCI, dopo aver evidenziato che nel concordato in continuità la suddivisione in classi dei creditori è comunque obbligatoria, stabilisce con maggior dettaglio che nei piani di continuità vanno allocati in classi distinte:

i) i creditori privilegiati di cui si prevede un soddisfacimento soltanto parziale e che perciò sono catalogati tra i creditori interessati alla ristrutturazione;

(ii) i creditori da qualificare imprese minori, titolari di crediti chirografari derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi”.

Nel concordato in continuità, pertanto, non solo risulta obbligatoria la suddivisione dei creditori in classi, ma è altresì necessaria la creazione di una classe separata per le suddette imprese minori - ove titolari di crediti di natura chirografaria derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi - intendendosi per tali, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. d), CCII, le imprese che presentino congiuntamente:

- un attivo patrimoniale non superiore ad euro trecentomila (nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività, qualora di durata inferiore);

- ricavi annui non superiori ad euro duecentomila (nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore);

- un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore ad euro cinquecentomila.

La ratio della suddetta disposizione è evidentemente quella di offrire una protezione maggiore, che deriva dalla necessità di una classe autonoma, per le imprese di “piccole dimensioni”, come sopra definite, fornitrici dell'imprenditore in crisi.

Il legislatore ha quindi ritenuto meritevoli di particolare tutela gli imprenditori di minore dimensione prevedendo la creazione di un'apposita classe per gli stessi, separata dalla classe/dalle classi concernenti gli altri creditori chirografari, con conseguente trattamento differenziato rispetto a quuesti ultimi.

Conclusioni

La suddivisione in classi nel concordato preventivo – obbligatoria in ogni caso per il concordato in contituità aziendale, sia diretta, che indiretta - consente quindi di offrire trattamenti differenziati ai creditori ivi inseriti.

La corretta formazione delle classi, è opportuno infine ricordare, rappresenta una condizione di legittimità della proposta concordataria e può, pertanto, essere sindacata dal tribunale.

Sul punto, l'art. 112, comma 1, lett. d), CCII, stabilisce che la valutazione sulla corretta conformazione delle classi è esercitata dal tribunale al momento della omologazione; in presenza di proposta concorrente, invece, tale valutazione viene effettuata dal tribunale prima che la proposta stessa venga comunicata ai creditori (art. 90, comma 7, CCII).

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