Malattie professionali: è indennizzabile una patologia tumorale benigna per uso eccessivo del telefono cellulare?

26 Gennaio 2023

La sentenza in commento affronta la questione dell'indennizzabilità di una patologia tumorale benigna in conseguenza di un uso eccessivo del telefono cellulare per ragioni di lavoro, in assenza di altre possibili cause o concause, anche extra-lavorative.
Massima

In presenza di un unico fattore di rischio, rappresentato da un'esposizione prolungata a radiofrequenze in un periodo nel quale l'uso dei cellulari esponeva gli utilizzatori a elevate intensità, pur in assenza di certezze per un'univoca identificazione di una causa all'origine dell'insorgenza di un neurinoma dell'acustico, sussiste un'elevata probabilità della sua genesi professionale che consente l'accesso alla tutela sociale.

Il caso

Un lavoratore chiamava in giudizio l'INAIL al fine di ottenere la sua condanna all'erogazione delle prestazioni economiche di legge, avendo contratto la patologia neurinoma del nervo acustico, a suo dire, a causa dell'uso abnorme di telefoni cellulari, per ragioni collegate al lavoro, tra il 1995 e il 2008.

Istruita la causa con prove testimoniali, da cui si era evinto che il lavoratore aveva in effetti utilizzato i telefoni cellulari almeno per tre ore giornaliere durante l'orario di lavoro e per un'ulteriore ora al giorno al di fuori dell'orario di lavoro per reperibilità, e con due c.t.u. medico legali, in base alle quali era accertato il nesso causale tra la patologia multifattoriale e l'uso eccessivo del cellulare, il Tribunale adito accoglieva la domanda del lavoratore.

Oltre sull'uso eccessivo del cellulare, il Tribunale fondava la sua decisione sui seguenti ulteriori elementi:

- il lavoratore utilizzava il cellulare esclusivamente all'orecchio sinistro (a causa di una pregressa sordità all'orecchio destro) e la patologia era insorta proprio nella parte sinistra del cranio;

- nessuno strumento era stato fornito al lavoratore per attenuare la sua esposizione alle radiofrequenze, come le cuffie auricolari;

- i primi telefoni cellulari (per almeno 5 anni, dal 1995 al 2000) utilizzavano la tecnologia Etacs;

- l'associazione tra un tumore raro (colpisce una persona su 100.000) ed una esposizione altrettanto rara come l'utilizzo massivo dal 1995 di telefonia cellulare ad elevate emissioni;

- l'intervallo tra l'inizio della esposizione (1995) e la comparsa dei primi segni di neoplasia (2009) corrispondeva ad una latenza di circa 14 anni, periodo da ritenersi assolutamente congruo con i valori di latenza osservati per quel tipo di tumore.

L'Inail impugnava con appello la sentenza di primo grado, avanzando alcune censure, tra cui quella mossa per contestare l'esistenza del nesso causale.

La Corte di Appello, rinnovata la c.t.u. medico legale, affidata ad uno specialista in otorinolaringoiatria, che confermava ancora una volta la sussistenza del nesso causale tra uso eccessivo del cellulare per ragioni di lavoro e la patologia tumorale benigna, respingeva l'impugnazione dell'Istituto.

La questione

La questione esaminata e decisa dalla Corte di Appello è la seguente:

è indennizzabile una patologia tumorale benigna, come un neurinoma del nervo acustico, in conseguenza di un uso eccessivo del telefono cellulare per ragioni di lavoro, in assenza di altre possibili cause o concause, anche extra-lavorative?

La soluzione giuridica

La Corte di Appello conferma la sentenza di primo grado, avvalendosi dell'indagine peritale di natura medico legale, quella rinnovata in appello, di cui ne riporta ampi stralci nella motivazione.

Riguardo l'eziologia del neurinoma dell'acustico, il perito aveva rappresentato che non vi fosse alcuna certezza sulla sua genesi, anche se la scienza medica aveva ipotizzato alcuni fattori favorenti, come l'esposizione al rumore, fattori genetici o l'allergia; neanche la letteratura scientifica era giunta a conclusioni univoche, in presenza di due filoni di studio, uno che afferma (articoli prodotti da Hardell e coll.), un altro che nega (INTERPHONE) il nesso causale. L'Agenzia internazionale sulla ricerca sul cancro (IARC) ha classificato le radiofrequenze come possibili cause oncogenetiche nell'uomo (gruppo 213 dello IARC, agenzia del WHO).

Pur se i dati epidemiologici sul neurinoma dell'acustico non sono omogenei, soprattutto in mancanza di un registro di questi tumori, il perito aveva accertato come certo un incremento della sua diagnosi negli anni '90 del secolo scorso, giungendo alla conclusione, riguardo la sua genesi, che non vi fosse certezza, ma elevata probabilità (probabilità qualificata) che l'utilizzo del telefono cellulare avesse agito come fattore concausale, tenuto conto che “la lesione è insorta omolateralmente all'orecchio utilizzato per le telefonate (orecchio sinistro - il soggetto è destrimane, per cui orecchio dominante è il destro, ma la grave sordità insorta a destra nel 1987 lo ha costretto a utilizzare l'orecchio di sinistra); ha fatto un utilizzo del telefono cellulare per 2 ore e mezza al giorno dal 1993 al 2008 con un telefono analogico; su questo elemento si pongono alcuni dubbi in quanto i sistemi analogici sono stati ritirati dal commercio a fine 2005; quindi è evidente che almeno negli ultimi 3 anni il lavoratore ha certamente utilizzato sistemi digitali; l'esposizione a radiofrequenze di elevata intensità è durata 7 anni, se si ammette il passaggio a sistemi a bassa produzione di radiofrequenze nel 2000, anno di introduzione in commercio dei sistemi GSM 3G, o 12 anni, se ci si riferisce all'anno di dismissione del sistema ETACS; il periodo di circa 15 anni tra la prima esposizione alle radiofrequenze per utilizzo di telefonia mobile e la diagnosi di neurinoma dell'acustico appare compatibile con la storia naturale della malattia; sulla base dei dati di letteratura si esclude che l'esposizione alle radiofrequenze prodotte al telefono in situazione di standby non possa essere considerata come rischiosa e non debba essere computata nel calcolo del rischio”.

Pertanto, la Corte di Appello, richiamando l'orientamento giurisprudenziale di legittimità consolidato in tema di nesso causale nelle malattie multifattoriali, ne ha riconosciuto l'esistenza poiché “non è indispensabile che si raggiunga sempre la certezza assoluta, una connessione immancabile, tra i due termini del nesso causale; essendo sufficiente allo scopo una relazione di tipo probabilistico; purché la prova della correlazione causale tra fatto ed evento attinga, nel singolo caso concreto, non già ad una qualificata probabilità di tipo quantitativo o statistico, bensì ad un livello di alta probabilità logica (tipica dell'accertamento dei fatti all'interno del processo), essendo impossibile nella maggior parte dei casi ottenere la certezza dell'eziologia” (Cass. n. 6954/2020).

Osservazioni

Ancora una volta la magistratura di merito è stata chiamata ad accertare se una patologia tumorale benigna sia la conseguenza di un uso eccessivo dei telefoni cellulari, decisa nel recente passato con alterne decisioni.

Ha negato la sussistenza del nesso causale e/o concausale il Tribunale di Milano, non potendosi ritenere con elevato grado di probabilità causalmente collegato all'esposizione ai campi elettromagnetici, indipendentemente dall'entità dell'esposizione, l'oligodendroglioma grado II fronto-opercolare destro denunciato da un lavoratore (sentenza 31 luglio 2018, n. 959); anche la Corte di Appello di Firenze ha escluso la sussistenza in termini di probabilità qualificata del nesso di causa tra un neurinoma dell'acustico e l'uso eccessivo dei telefoni cellulari, pur senza poterne negare la mera possibilità, stante l'assenza dell'efficienza lesiva dell'esposizione all'agente nei confronti della specifica entità nosografica (sentenza 7 novembre 2019, n. 759).

Hanno riconosciuto, al contrario, il nesso causale tra un neurinoma acustico (tumore benigno) e l'uso eccessivo di telefoni cellulari avvenuto nel periodo compreso tra il 1995 e il 2010, il Tribunale di Ivrea (sentenza 30 marzo 2017, n. 96) e poi la Corte di Appello di Torino (sentenza 13 gennaio 2020, n. 904); anche il Tribunale di Firenze ha accertato il nesso causale tra l'uso prolungato di telefoni cellulari e un neurinoma dell'VIII nervo cranico (sentenza 24 giugno 2017, n. 391). In epoca meno recente la Corte di Appello di Brescia si era espressa favorevolmente alle ragioni sostenute dal lavoratore sull'esistenza del nesso causale tra uso smodato di telefoni cellulari e la patologia dallo stesso contratta “neurinoma del Ganglio di Gasser” (sentenza 22 dicembre 2009, n. 614).

La Corte di Cassazione ha confermato quest'ultima sentenza, impugnata dall'Inail, sostanzialmente perché la motivazione sull'accertamento del nesso causale appariva priva di vizi logico-formali, non potendosi operare in sede di legittimità un riesame del merito; né la Cassazione ha ravvisato criticità nell'indagine epidemiologica condotta dal perito, che si è avvalso di una serie di elementi, come l'età in cui era avvenuta l'esposizione professionale, l'ipsilateralità e il tempo di esposizione alle radiofrequenze per un lasso temporale continuativo molto lungo (circa 12 anni), per una media giornaliera di 5 - 6 ore e concentrata principalmente sull'orecchio sinistro dell'assicurato, ritenuti attendibili sul piano eziopatogenetico da alcuni studi scientifici, non cofinanziati, a differenza di altri, anche dalle stesse ditte produttrici di cellulari. Infatti, negli studi effettuati dall'Hardell group, ha osservato ancora la Corte, “era stato evidenziato un aumento significativo de rischio relativo di neurinoma (intendendosi per rischio relativo la misura di associazione fra l'esposizione ad un particolare fattore di rischio e l'insorgenza di una definita malattia, calcolata come il rapporto fra i tassi di incidenza negli esposti numeratore e nei non esposti denominatore)” (Cass. 12 ottobre 2012, n. 17438).

Trattandosi di patologie ed esposizione ad un rischio non compresi neanche nella più recente tabella delle malattie professionali (D.M. 9 aprile 2008), la Corte di Appello nel caso in esame era chiamata a verificare se il lavoratore avesse fornito la concreta e specifica dimostrazione (quanto meno in via di probabilità) della idoneità della esposizione al rischio a causare l'evento morboso (Cass. 21 novembre 2016, n. 23653).

Infatti, dopo la sentenza n. 179/1988 della Corte costituzionale, la tutela sociale è stata estesa anche alle malattie professionali non tabellate o multifattoriali (art. 10, co. 4, D. Lgs. n. 38/2000), subordinandola alla prova del nesso causale in termini di ragionevole certezza o di probabilità qualificata (più probabile che non), che ricorre quando i dati epidemiologici e clinici consentano di accertare che una determinata malattia sia la probabile conseguenza di una noxa professionale.

La Corte di Appello ha ritenuto che l'utilizzo intenso del telefono cellulare abbia rappresentato, con un giudizio di elevata probabilità, fattore concausale del neurinoma dell'VIII nervo cranico denunciato dal lavoratore, considerato che gli studi scientifici hanno dimostrato che l'esposizione a campi elettromagnetici prodotti da telefoni cellulari utilizzati a lungo ha almeno un'efficacia sinergica con le patologie tumorali benigne, in assenza di prova che “un fattore estraneo all'attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre la infermità” (Cass. 26 marzo 2015, n. 6105), avvalendosi dell'orientamento giurisprudenziale di legittimità oramai consolidato, in base al quale in tema di accertamento della sussistenza di una malattia professionale non tabellata e del relativo nesso di causalità, “la prova, gravante sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un notevole grado di probabilità - il giudice può giungere al giudizio di ragionevole probabilità sulla base della consulenza tecnica d'ufficio che ritenga compatibile la malattia non tabellata con la "noxa" professionale” (Cass. 22 marzo 2022, n. 9342; Cass. 10 aprile 2018, n. 8773; Cass. 14 gennaio 2015, n.467; Cass. n. 17438/2012; Cass. n. 3227/2011; Cass. n. 15080/2009; Cass. n. 11128/2004; Cass. n. 5352/2002; Cass. n. 6434/1994).

Nel caso di malattia ad eziologia multifattoriale, quella riconducibile a fattori di rischio ubiquitari, ai quali si è esposti anche al di fuori del luogo di lavoro o a fattori genetici, “il nesso di causalità relativo all'origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione e, se questa può essere data anche in termini di probabilità sulla base delle particolarità della fattispecie (essendo impossibile, nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza dell'eziologia), è necessario pur sempre che si tratti di "probabilità qualificata", da verificarsi attraverso ulteriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici), idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale” (Cass. 3 dicembre 2021, n. 38377; Cass. 21 agosto 2020, n. 17576; Cass. n. 736/2018; Cass. n. 10097/2015; Cass. 26 luglio 2004, n. 14023).

Se i giudici di merito fanno corretta applicazione delle regole che governano sia la valutazione del nesso di causalità sia il ragionamento logico della “ragionevole probabilità scientifica”, la motivazione della sentenza difficilmente viene scalfita da eventuali critiche mosse con il ricorso per cassazione, restandone immune, esorbitando dal vaglio di legittimità l'esito del procedimento valutativo.

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