Demolizione di immobile in comunione tra coniugi: sussiste il litisconsorzio necessario?

26 Gennaio 2023

La domanda di demolizione ha natura reale, per cui occorre convenire in giudizio tutti i titolari dell'immobile oggetto della domanda, indipendentemente da chi sia stato autore della costruzione, dovendosi evitare il rischio di pervenire ad una decisione che non sia opponibile ad entrambi i comproprietari.
Massima

La domanda di demolizione di un manufatto ha natura reale; pertanto, qualora oggetto di siffatta domanda sia un immobile in comunione tra i coniugi, questi ultimi, in quanto partecipi di una comunione "senza quote" ed indipendentemente da chi sia stato autore della costruzione, devono prendere parte al giudizio, dovendosi evitare il rischio di pervenire ad una decisione che non sia opponibile ad entrambi i comproprietari e sia, pertanto, inutiliter data.

Il caso

Avverso la decisione di merito di secondo grado con cui veniva confermata la sentenza di accoglimento della domanda di rimozione di una veranda e di demolizione di un muro realizzato sul ballatoio di un immobile con conseguente condanna al risarcimento del danno veniva proposta dalla moglie del convenuto opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., deducendosi, a fondamento dell'impugnazione proposta, di essere stata illegittimamente pretermessa dal giudizio.

In particolare, l'opponente affermava di essere comproprietaria, insieme al marito, dell'immobile oggetto della domanda spiegata dall'attrice e di non aver preso parte al giudizio conclusosi in appello, con conseguente lesione dei suoi diritti di comproprietà sull'immobile.

L'opposizione proposta veniva tuttavia rigettata; la Corte territoriale, infatti, escludeva sia la sussistenza del litisconsorzio necessario, sia che il terzo avesse provato il pregiudizio che la sentenza oggetto dell'opposizione implicava a carico della sua posizione. Avverso la decisione veniva proposto ricorso per cassazione.

La questione

Viene così sottoposta al Supremo Collegio la questione relativa all'applicabilità della disciplina relativa al litisconsorzio necessario qualora l'oggetto del giudizio riguardi la demolizione di un immobile in comunione tra i coniugi.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione accoglie il ricorso.

La decisione in epigrafe osserva che poiché la domanda di arretramento o demolizione ha natura reale, occorre convenire in giudizio tutti i titolari dell'immobile oggetto della domanda, indipendentemente da chi sia stato autore della costruzione, dovendosi evitare il rischio di pervenire ad una decisione che non sia opponibile ad entrambi i comproprietari e sia, pertanto, inutiliter data.

Soggiunge la Corte che, allo scopo di escludere il litisconsorzio nel caso di specie, nessun rilievo può poi essere dato all'obiezione secondo cui ben potrebbe il coniuge rimasto estraneo al processo avvalersi dei rimedi ex artt. 404 c.p.c. o 619 c.p.c., essendo tale ragionamento «palesemente fuorviante, nella misura in cui non tiene conto che la ratio dell'individuato litisconsorzio consiste proprio nell'esigenza di prevenire, per quanto possibile, il ricorso a siffatti rimedi eccezionali e postumi, assicurando invece, nell'ambito di un giudizio unitario, le garanzie dei diritti spettanti ad entrambe le parti interessate alla decisione».

Aggiunge infine che l'opposizione merita senz'altro di essere accolta, essendo in re ipsa il pregiudizio derivante dalla statuizione di demolizione, totale o parziale, del bene immobile. Il Collegio pertanto ribadisce quanto di recente affermato dalle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 15 novembre 2022, n. 33645), secondo cui il diritto al risarcimento è immanente nella perdita della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento del bene, tanto che se il danno subito non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso va liquidato dal giudice secondo una valutazione equitativa.

Osservazioni

Tra i mezzi di impugnazione previsti dal codice di rito rientra anche l'opposizione di terzo, mezzo di impugnazione anomalo con riguardo alla legittimazione del soggetto che può esperirlo, poiché previsto a favore di chi è terzo rispetto al precedente giudizio e non di chi ha rivestito la qualità di parte processuale.

L'opposizione di terzo - che si distingue in ordinaria (art. 404, comma 1, c.p.c.) e revocatoria (art. 404, comma 2, c.p.c.) - è un mezzo di impugnazione straordinario, perché la sua proposizione non è impedita dal passaggio in giudicato della sentenza che si impugna. Essa si inserisce nell'ampio novero di strumenti che il legislatore attribuisce ai terzi, quali l'intervento nel giudizio di primo grado e in appello, l'opposizione di terzo all'esecuzione prevista dall'art. 619, l'opposizione all'esecuzione proposta dal terzo assoggettato all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, comma 2, c.p.c.

Oltre ai titolari di un diritto autonomo ed incompatibile e al falsamente rappresentato, la giurisprudenza da molto tempo riconosce ai litisconsorti necessari pretermessi l'esercizio dell'opposizione ordinaria (Cass. civ. 14 maggio 2005, n. 10130; Cass. civ. 17 luglio 2003, n. 11185; Cass. civ. 9 febbraio 2000, n. 1438; Cass. civ. 18 maggio 1994, n. 4878) e ciò anche in appello.

Inoltre, per consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito (v. da ultimo Cass. civ. 18 gennaio 2022, n. 1441 e la più risalente Trib. Salerno 16 marzo 2009), il litisconsorte necessario pretermesso non ha l'onere di censurare nel merito la sentenza, in quanto il pregiudizio che legittima l'impugnazione deriva dalla sua mancata partecipazione.

In un primo momento, la legittimazione del litisconsorte pretermesso e del terzo titolare del diritto autonomo ed incompatibile sono state poste su un piano di reciproca esclusione (Fabbrini, L'opposizione ordinaria del terzo nel sistema dei mezzi di impugnazione, Milano, 1968, 179, nt. 45, secondo cui «l'opposizione di terzo ordinaria o è il mezzo di tutela dei terzi titolari di diritti autonomi e incompatibili o è il mezzo di difesa dei litisconsorti pretermessi, ma non può essere l'una o l'altra cosa insieme»; contrario ad ammettere il litisconsorte pretermesso ad esperire opposizione di terzo è anche Liebman, Manuale di diritto processuale civile, II, Milano, 1984, 389, in virtù della considerazione teorica che la sentenza resa in sua assenza è inefficace ad ogni effetto e che non vi è alcun bisogno di impugnarla).

Successivamente, si è asserito che ambedue le categorie di terzi sono legittimate a proporre opposizione di terzo (Proto Pisani, A proposito dei «Frammenti sull'opposizione di terzo» di Angelo Gualandi, in RTDPC, 1976, 1321, in part. 1335, che ha affermato, così mutando la sua precedente posizione espressa in Id., Opposizione di terzo ordinaria, Napoli, 1965, 300, che non solo il litisconsorte necessario, ma anche il titolare di un diritto autonomo ed incompatibile può sperimentare il rimedio dell'opposizione ordinaria).

Va tuttavia precisato che la Corte di cassazione, pur riconoscendo al litisconsorte necessario pretermesso la possibilità di promuovere un'azione di accertamento mero, ha tuttavia escluso ogni forma di tutela, anche cautelare o di opposizione all'esecuzione (sia ai sensi dell'art. 615 sia ai sensi dell'art. 619), diversa dall'opposizione di terzo prima che la sentenza resa inter alios sia divenuta definitiva (Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2015, n. 1238).

Ovviamente, in caso di litisconsorzio necessario, non eccepito e non rilevato in primo grado, l'accoglimento dell'opposizione di terzo su tale base implica l'annullamento della sentenza di primo grado e la rimessione dell'intero processo al giudice di primo grado (Cass. civ. 22 febbraio 2021, n. 4665).

Si discute peraltro se il litisconsorte pretermesso possa rinunciare ad un grado di giudizio e chiedere che il giudice dell'opposizione comunque decida il merito. La soluzione positiva sembra possa sostenersi nel caso in cui il litisconsorte, pur accettando la ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza impugnata, la censuri, oltre che per violazione dell'art. 102, per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, giacché in tal caso il giudice, pur dovendo affrontare la questione della sua legittimazione a partecipare al giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, potrà evitare la rimessione, considerato che «il terzo (non avendo bisogno di svolgere attività istruttoria) non subisce alcun pregiudizio dalla sua mancata partecipazione al primo grado» (Olivieri, Opposizione di terzo, in Digesto civ., XIII, Torino, 1995, 130).

Applicando i principi esposti, dunque, la decisione in commento correttamente ricava la conseguenza di ritenere il comproprietario rimasto estraneo al giudizio legittimato ad agire in opposizione ex art. 404 c.p.c. in quanto litisconsorte necessario pretermesso e dunque a prescindere dal pregiudizio subito, giacché questo, e il correlativo interesse ad impugnare, sono in re ipsa, discendendo dalla natura del decisum, implicante la distruzione della cosa oggetto del diritto sostanziale (v. in termini analoghi Cass. civ. 29 febbraio 2016, n. 3925). Tale conclusione, ça va sans dire, non potrebbe rassegnarsi qualora, come erroneamente ritenuto dalla decisione della corte territoriale, venisse riconosciuto all'azione proposta carattere personale, non potendo in tale ipotesi ravvisarsi la necessità del litisconsorzio.

Riferimenti
  • Cecchella, L'opposizione del terzo alla sentenza, Torino, 1995;
  • Luiso, Opposizione di terzo, in EG, XXI, Roma, 1990;
  • Olivieri, Opposizione di terzo, in Digesto civ., XIII, Torino, 1995, 106 ss.;
  • Scarselli, La tutela del terzo avverso l'esecuzione per consegna o rilascio, in FI, 1997, I, 2119 ss.

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