Limiti di ammissibilità della querela di falso contro la scrittura privata proveniente da un terzo

Caterina Costabile
30 Gennaio 2023

La questione esaminata dalla Corte di cassazione riguarda le modalità con le quali la parte contro la quale viene prodotta in giudizio una scrittura privata formata da un terzo, rilevante ai fini della decisione della causa, debba contestarne l'autenticità o la genuinità.
Massima

La querela di falso è ammissibile anche contro la scrittura proveniente dal terzo, qualora la stessa abbia un intrinseco dato di attendibilità, come nel caso in cui il soggetto che l'ha materialmente formata sia legato alla parte contro la quale è prodotta da un particolare rapporto, ovvero ne sia procuratore o institore, così che debba presumersi che le circostanze rappresentate nel documento siano sostanzialmente riconducibili alla parte medesima. Tuttavia, alla pari di quanto avviene in caso di documento proveniente dalla parte, la querela di falso è esperibile al fine di scindere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione, ma non per contestare la veridicità di quanto dichiarato

Il caso

La società Alfa ed i suoi soci, Tizio e Caio, avevano convenuto in giudizio il Ministero dell'interno e l'Agenzia delle entrate per far accertare la falsità del documento denominato "manoscritto" o "brogliaccio", posto a base di un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza quale rappresentazione dei maggiori incassi, non contabilizzati, dell'esercizio commerciale, sulla cui base erano stati adottati plurimi avvisi di accertamento impugnati davanti alla Commissione tributaria provinciale.

Il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la querela di falso, affermando che il documento impugnato era privo di sottoscrizione e, dunque, non poteva essere considerato una scrittura privata.

La Corte di Appello rigettava il gravame ritenendo la querela inammissibile per una ragione diversa da quella indicata dal primo giudice, ovvero evidenziando che il brogliaccio, diretto a dimostrare meri fatti ed assimilabile a una dichiarazione di scienza priva di valore negoziale, non aveva l'efficacia probatoria di una scrittura riconosciuta, ma costituiva, piuttosto, un mero elemento di prova valutabile liberamente dal giudice.

Avverso la decisione di secondo grado veniva proposto ricorso in Cassazione.

La questione

La questione esaminata dalla Cassazione afferisce alle modalità con le quali la parte contro la quale viene prodotta in giudizio una scrittura privata formata da un terzo, rilevante ai fini della decisione della causa, debba contestarne l'autenticità o la genuinità e, in particolare, alla ammissibilità della querela di falso.

La parte contro cui una tale scrittura sia prodotta in giudizio, infatti, potrebbe dedurre che le dichiarazioni in essa contenute non provengano dal soggetto che ne appare il sottoscrittore, in quanto la sottoscrizione è apocrifa, oppure che, ferma restando la genuinità della sottoscrizione, le dichiarazioni siano state apposte da terzi dopo la formazione della scrittura e, dunque, non provengano dal sottoscrittore del documento.

Le soluzioni giuridiche

In linea generale la giurisprudenza reputa che le scritture private provenienti da un terzo estraneo alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti, non applicandosi alle stesse né la disciplina sostanziale di cui all'art. 2702 c.c., né quella processuale di cui all'art. 214 c.p.c., atteso che esse costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è meramente indiziario, e che possono, quindi, contribuire a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo (Cass. civ., sez. III, 10 giugno 2022, n. 18841).

L'attenuazione degli oneri di disconoscimento e di impugnazione (di falso) della parte contro cui viene prodotta la scrittura proveniente da un terzo viene, dunque, correlata al valore di prova atipica della stessa: essendo quest'ultima valutabile semplicemente come un indizio a carico della parte contro cui la scrittura viene prodotta, quest'ultima non può ritenersi gravata di oneri processuali così formali e solenni, come il disconoscimento della sottoscrizione o la proposizione di una querela di falso.

A tale regime processuale semplificato si sottraggono tuttavia le scritture che, pur provenienti da terzi, hanno per natura una incidenza sostanziale e processuale “intrinsecamente elevata”, tale da rendere necessario, al fine di contestarne l'autenticità, l'esperimento della querela di falso.

I Giudici di legittimità hanno, invero, ribadito nella pronuncia in commento che la querela di falso è ammissibile contro la scrittura proveniente dal terzo, qualora la stessa abbia un intrinseco dato di attendibilità, come nel caso in cui il soggetto che l'ha materialmente formata sia legato alla parte contro la quale è prodotta da un particolare rapporto, ovvero ne sia procuratore o institore, così che debba presumersi che le circostanze rappresentate nel documento siano sostanzialmente riconducibili alla parte medesima (in tal senso si era già espressa Cass. civ., sez. un., 23 giugno 2010, n. 15169, ritenendo che il titolare di ditta individuale, cui, nel giudizio dallo stesso promosso, in qualità di appaltatore, contro il committente per ottenere il saldo del corrispettivo dell'appalto, sia stata opposta scrittura privata, proveniente dal procuratore della medesima ditta nonche moglie del titolare, deve proporre querela di falso per contestare la veridicità di tale scrittura formata da un terzo estraneo alla causa).

In siffatta ipotesi, alla pari di quanto avviene in caso di documento proveniente dalla parte, la querela di falso è esperibile al solo fine di scindere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione, non anche per contestare la veridicità di quanto dichiarato.

Osservazioni

Le scritture provenienti da terzi estranei al processo costituiscono prove atipiche ed il valore probatorio che a tali mezzi di prova deve essere attribuito ha costituito in passato fonte di dibattito in dottrina e giurisprudenza.

Com'è noto, con l'espressione prove tipiche si intendono quelle direttamente regolate dal nostro ordinamento mentre con l'espressione prove atipiche o innominate si fa riferimento a quelle utilizzate dalla giurisprudenza in base al principio cd. di non dispersione delle prove. Invero, l'assenza di una norma di chiusura nel senso dell'indicazione del numerus clausus delle prove, l'oggettiva estensibilità contenutistica del concetto di produzione documentale, l'affermazione del diritto alla prova ed il correlativo principio del libero convincimento del giudice, inducono ormai da anni consolidate ed unanimi dottrina e giurisprudenza, ad escludere che l'elencazione delle prove nel processo civile sia tassativa, ed a ritenere quindi ammissibili le prove atipiche.

La giurisprudenza è ormai da tempo costante nel delineare l'esistenza di due categorie di scritture provenienti da terzi aventi diversa valenza probatoria.

Un primo gruppo è composto da quelle liberamente contestabili, che «costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è puramente indiziario». In tale ipotesi, la parte che intenda contestare l'autenticità o la genuinità della scrittura privata formata da terzi non è onerata del disconoscimento della sottoscrizione del terzo e della proposizione della querela di falso, dovendo unicamente contestare l'autenticità o la genuinità di tale scrittura, facendo così sorgere in capo alla controparte l'onere di provare l'autenticità della sottoscrizione o la provenienza delle dichiarazioni contenute nella scrittura dal soggetto che l'ha sottoscritta (Cass. civ., sez. II, 7 dicembre 2021, n. 38805; Cass. civ., sez. II, 7 ottobre 2020, n. 21554).

La seconda categoria, invece, riguarda quelle scritture private che, pur costituendo prove atipiche, sono connotate «di una carica di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso onde contestarne la autenticità». In tale genus rientrano le ipotesi in cui il terzo che avrebbe formato la scrittura privata non è un soggetto che non ha una connessione diretta con la fattispecie: di conseguenza, se in senso processuale può parlarsi di terzo estraneo alla lite, altrettanto non può dirsi sul piano sostanziale in ragione della qualifica spettante al soggetto che avrebbe formato l'atto. E ciò comporta ad avviso della S.C. che la contestazione della scrittura provata debba avvenire mediante la proposizione di querela di falso, potendosi ravvisare in essa quella particolare valenza intrinseca che si è ritenuta tale da meritare una diversa e più rigorosa disciplina (Cass. civ., sez. un., 23 giugno 2010, n. 15169).

Riferimenti
  • Angelo Napolitano, Sulla contestazione in giudizio dell'autenticità delle scritture provenienti da terzi, in GiustiziaCivile.com, 27 gennaio 2021;
  • Massimiliano Summa, L'efficacia delle scritture private provenienti da terzi estranei alla lite, in Diritto&Giustizia, 2020, 50, 2;
  • Valeria Pironi, Sulla disciplina processuale delle scritture provenienti dal terzo estraneo alla lite, in Giust. Civ., 2012, 5, 251.

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