Il figlio “non riconoscibile” può pretendere l'assegno vitalizio se non ha agito preliminarmente per la rimozione dello status filii?
30 Gennaio 2023
Massima
Il diritto all'assegno vitalizio di cui all'art. 580 c.c., che sorge ex lege per il fatto procreativo, spetta anche ai figli "non riconoscibili" che per scelta consapevole non hanno impugnato il precedente riconoscimento o non hanno proposto azione di disconoscimento di paternità. Il caso
La fattispecie oggetto della pronuncia in esame riguarda un figlio nato dall'unione della madre con persona diversa dal coniuge che, a sua volta, lo aveva riconosciuto come proprio figlio dopo il matrimonio con la donna, successivamente alla nascita. Alla morte del padre biologico, il figlio propone domanda per ottenere l'assegno vitalizio ai sensi dell'art. 580 c.c., rivendicando la paternità̀ naturale dell'uomo, come mero fatto procreativo e ai soli fini patrimoniali. A seguito dell'accoglimento della domanda e della successiva conferma della decisione da parte della corte di merito, l'erede del genitore biologico ricorre in Cassazione. Resiste con controricorso il figlio "non riconoscibile" in forza del divieto di cui all'art. 253 c.c.
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione rigetta il ricorso enunciando il principio secondo cui il diritto all'assegno vitalizio di cui all'art. 580 c.c., spetta anche al figlio che abbia già̀ il diverso status di figlio altrui, dovendo ricomprendersi nell'ambito dei figli "non riconoscibili" anche coloro che, avendo un diverso stato di filiazione, per scelta consapevole non hanno impugnato il precedente riconoscimento o non hanno proposto azione di disconoscimento di paternità̀. La questione
L'argomento della sentenza annotata si incentra sull'interpretazione della norma di cui all'art. 580 c.c. e all'art. 279 c.c., quest'ultima, richiamata dalla prima, per stabilire se possano comprendersi nel suo ambito di applicazione anche i casi in cui il figlio, per scelta libera e consapevole, non impugna il precedente riconoscimento o non propone azione di disconoscimento di paternità per rimuovere lo stato di "figlio altrui" che gli impedisce di conseguire quello corrispondente alla verità̀ biologica nei confronti del preteso genitore defunto, in riferimento al quale rivendica il diritto patrimoniale successorio relativo alla situazione soggettiva di "figlio non riconoscibile". Le soluzioni giuridiche
Appare opportuno contestualizzare nel quadro normativo di riferimento, richiamato nella decisione, la pronuncia della Corte, ove enunciato il principio, nella statuizione sopra rilevata, per cui il diritto all'assegno vitalizio ai sensi dell'art. 580 c.c. spetta anche al figlio che abbia già̀ il diverso status di figlio altrui, ricomprendendo nel novero dei figli "non riconoscibili" anche coloro che, avendo un diverso stato di filiazione, per scelta consapevole non abbiano impugnato il precedente riconoscimento o proposto azione di disconoscimento di paternità̀, esercitando l'azione di stato relativa.
Come noto, secondo l'art. 580 c.c. (Diritti dei figli nati fuori dal matrimonio non riconoscibili) ai figli nati fuori del matrimonio aventi diritto al mantenimento, all'istruzione e alla educazione, a norma dell'articolo 279, spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di eredità alla quale avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta. La norma è stata sostituita dall'art. 188 l. 19 maggio 1975, n. 151 e modificata poi dall''art. 79, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, in vigore a partire dal 7 febbraio 2014, che ha, a sua volta, sostituito, nella rubrica e nel testo, ovunque presente, la parola: «naturali» con le parole: «nati fuori del matrimonio». In particolare, dopo l'ultima riforma, che ha introdotto il fondamentale principio dell'unicità̀ dello stato di figlio, il testo della norma è rimasto sostanzialmente immutato, a parte l'adeguamento lessicale, non avendone la medesima specificato l'ambito soggettivo di applicazione.
La Cassazione chiarisce come la ratio della disposizione sia quella di assicurare una particolare tutela patrimoniale successoria, ossia un diritto di credito nei confronti dell'eredità del genitore biologico, ai soggetti sprovvisti di un titolo di stato di filiazione nei confronti del de cuius, determinando il fatto procreativo, nei casi di accertamento c.d. indiretto di paternità̀ caratterizzati dalla "non riconoscibilità̀" del figlio, solo il sorgere di un rapporto obbligatorio ex lege a limitati fini patrimoniali, un diritto di credito verso l'eredità del genitore biologico e non lo stato di figlio.
In motivazione, vengono indicate quale ipotesi di figli non riconoscibili, tra le situazioni in cui risulta esservi un ostacolo alla rimozione dello stato di "figlio altrui" indipendente dalla propria volontà̀, quelle riguardanti i nati da genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età̀, salva l'autorizzazione del giudice (art. 250, comma 5, c.c.); il figlio infraquattrodicenne non riconoscibile per mancanza di consenso del genitore che abbia già̀ effettuato il riconoscimento, salva l'autorizzazione del Tribunale (art. 250, commi 3 e 4, come modificato dall'art. 1, comma 2, lett. d) l. n. 219/2012); l'ipotesi del figlio privo di assistenza morale e materiale, per il quale sono intervenuti la dichiarazione di adottabilità̀ e l'affidamento preadottivo (art. 11, ultimo comma, l. n. 184/1983) per essere in tale casi il riconoscimento divenuto inefficace.
Si osserva, al riguardo, come nella fattispecie di cui all'art. 580 c.c., sono da ricomprendere anche coloro che, avendo un diverso stato di filiazione, per scelta consapevole non hanno impugnato il precedente riconoscimento o non hanno proposto azione di disconoscimento di paternità. Il Collegio inserisce così la decisione all'interno dell'orientamento giurisprudenziale, cui ritiene di dare continuità, caratterizzato da pronunce, quali, a titolo esemplificativo, Cass. civ,, 1° aprile 2004, n. 6365 (in Giur. it., 2005, 10), ove viene attribuita rilevanza anche all'impossibilità sopravvenuta, ossia derivante dall'omessa proposizione dell'azione di disconoscimento di paternità̀ entro il termine di decadenza in allora vigente per il figlio, ai fini del riconoscimento ex art. 279 c.c.
Le argomentazioni in motivazione riflettono l'ottica preminentemente rivolta alla tutela del diritto alla stabilità dell'identità̀ familiare, declinato in ambito nazionale e sovranazionale, ex art. 30 Cost e ex art. 8 CEDU (Diritto al rispetto della vita privata e familiare), a norma del quale ultimo articolo, al comma 1, ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza [al riguardo, si v. Legge 4 agosto 1955, n. 848 di Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 (CONVENZIONE EUROPEA SUI DIRITTI DELL'UOMO - CEDU) integrato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con legge 28 agosto 1997, n. 296 (Si cfr. il parere consultivo del 10 aprile 2019 Grande Chambre della Corte Europea dei diritti dell'uomo; per approfondimenti sul tema, osservatoriosullefonti.it).
Si ribadisce altresì l'importanza della concezione sostanziale della famiglia, sulla scorta della prevalente giurisprudenza, ove risulta di tutta evidenza la rilevanza, in sede di valutazione giudiziale, della considerazione del diritto all'identità personale in correlazione non soltanto alla verità biologica, ma anche ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno della famiglia (si v. Corte cost. 25 giugno 2020, n. 127; Corte cost. 18 dicembre 2017, n. 272; cfr. Cass. S.U. 8 maggio 2019, n. 12193; Cass. civ., 27 ottobre 2021, n. 30403; Cass. civ., 24 febbraio 2020, n. 4791; Cass. civ., 22 dicembre 2016, n. 26767).
Emerge la necessità di operare un bilanciamento tra l'interesse pubblico alla verità̀ biologica e l'interesse del figlio, alla luce della richiamata giurisprudenza; con la consequenziale considerazione cui si giunge secondo cui, a determinate condizioni, può consentirsi al genitore "sociale" il mantenimento dello status genitoriale e la permanenza del rapporto giuridico di filiazione con un soggetto rispetto al quale difetta il fatto procreativo.
In conclusione, la Corte perviene alla soluzione della questione sottoposta alla sua attenzione nella misura sopra indicata, proprio per non negare al figlio, la possibilità̀ di scegliere tra la minore tutela successoria di cui all'art. 580 c.c., conservando la stabilità della sua identità̀ familiare precedente e quella ”piena” che gli competerebbe ove facesse giuridicamente accertare la filiazione biologica. Osservazioni
A margine dell'excursus logico-argomentativo operato dai Giudici nella decisione, mette conto rilevare la continuità evolutiva in cui si inseriscono le pronunce richiamate. Una prima disamina attiene alla natura giuridica attribuita, nella vigenza della precedente disciplina sulla filiazione, all'assegno vitalizio di cui all'art. 580 c.c., quale legato ex lege, e al principio secondo cui l'accertamento incidentale della procreazione naturale si configura come puro fatto materiale, riscontrabile senza efficacia di giudicato, in quanto meramente strumentale al riconoscimento di un diritto patrimoniale, quello all'assegno, specificamente azionato in via autonoma, che non presuppone l'attribuzione dello status di figlio "naturale".
Secondo Cass. civ., sez. I, 24 gennaio 1986, n. 467, (in Foro It, 1987, I, 542), risulta ammissibile l'accertamento, incidenter tantum, della filiazione naturale, indipendentemente dal riconoscimento o dall'attribuzione di uno status personale; tale accertamento è compatibile con un eventuale status di figlio legittimo, salvi i limiti alle indagini sulla paternità o maternità previsti dalla legge. Di interesse, per quanto in questa sede rileva, che la Corte, nella pronuncia citata, precisa come l'impossibilità di proporre l'azione per la dichiarazione di paternità o maternità naturale, da cui deriva il diritto all'assegno previsto dall'art. 580 in relazione all'art. 279 c.c., deve essere assoluta ed originaria, non potendo considerarsi tale quella dipendente da un comportamento volontario (che nella specie, riguardava l'interessato che aveva inutilmente lasciato decorrere i termini per l'impugnazione dello stato di figlio legittimo).
Per Cass. civ., 28 novembre 1992, n. 12733 (in Foro it., Rep. 1992, voce Filiazione n. 43), condizione di ammissibilità̀ dell'azione ex art. 580 c.c., è l'assoluta e originaria impossibilità per il figlio di esperire l'azione di accertamento della paternità̀ oppure di disconoscimento di paternità̀. Con successiva pronuncia, in Cass. civ., 1 aprile 2004, n. 6365, (già cit.), ai fini del riconoscimento del diritto ex art. 279 c.c. viene, invece, attribuita rilevanza anche all'impossibilità sopravvenuta.
La Suprema Corte nelle ragioni della decisione perviene alle conclusioni in motivazione evidenziando l'osservanza degli artt. 2 e 30 Cost. e 8 CEDU, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità personale, non soltanto correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno di una famiglia, non potendo negarsi al figlio “la possibilità̀ di scegliere tra la minore tutela successoria di cui all'art. 580 c.c., conservando la stabilità della sua identità̀ familiare precedente, e quella "piena" che gli competerebbe ove facesse giuridicamente accertare la filiazione biologica".
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