L'art. 100 CCI, appunto rubricato “Autorizzazione al pagamento dei debiti pregressi”, ha recepito l'ipotesi di deroga al divieto posto originariamente dall'art. 168 l.fall., prevedendo che, previa autorizzazione del tribunale, pena l'inefficacia dell'operazione (cfr. Trib. Lucca 27 gennaio 2017, n. 216, secondo cui in caso di concordato preventivo sfociato in fallimento il curatore può ottenere la declaratoria di inefficacia del pagamento non autorizzato di un credito sorto anteriormente al deposito del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo.
V. anche Trib. Padova, 4 luglio 2013, secondo cui è da sanzionarsi con la revoca dell'ammissione alla procedura il debitore che abbia effettuato un uso distorto “dello strumento concordatario e degli effetti protettivi collegati al deposito della domanda, dal momento che il divieto di azioni esecutive e cautelari, che serve ad assicurare all'imprenditore il tempo necessario per approntare un piano ragionevole e fattibile per il superamento della crisi, viene invece utilizzato per soddisfare a suo piacimento alcuni suoi creditori a discapito degli altri”), il debitore, con la domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, può chiedere al tribunale di essere autorizzato a pagare i crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi.
La norma vuole porsi in linea di continuità con la legge fallimentare, valorizzando la deroga al principio della par condicio creditorum di cui già all'art. 182-quinquies l.fall. (eppure si legge nella relazione illustrativa al decreto che la norma “autorizza un vulnus al principio della par condicio creditorum giustificato dall'opportunità di consentire al debitore di indurre i fornitori strategici di beni e servizi indispensabili per la gestione dell'impresa, che potrebbero legittimamente rifiutarsi di aderire alla richiesta di ulteriori forniture, con la prospettiva di ottenere anche l'immediato e integrale pagamento di quelle pregresse”), tanto è vero che, anche in questo caso, il legislatore ha mantenuto il limite del concordato in continuità aziendale – perché solo in questo caso può sorgere la necessità di effettuare il pagamento di prestazioni “essenziali” per la continuazione dell'attività – e il riferimento alla “essenzialità” dell'operazione, appunto, debitamente attestata da un professionista, come requisiti di applicazione dell'istituto, salvo che si tratti di pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione successivo al soddisfacimento dei creditori.
In queste ipotesi, infatti, è escluso che vi possa essere un pregiudizio per i creditori e quindi viene meno la necessaria attestazione del professionista.
Ora, c'è da chiedersi se la norma debba intendersi in senso tassativo o se possa essere utilizzata anche al di là del caso di concordato in continuità aziendale e se possa trattarsi di pagamento a favore di creditori diversi da quelli espressamente indicati dalla norma (per un'interpretazione restrittiva Cfr. D. POSCA, J. V. D'AMICO, con il contributo di S. GAZHELI, A. FORMICOLA, L. POLITO, Le nuove procedure di gestione della crisi, 2020).
In realtà, tale possibilità sarebbe da escludersi sulla base di un'interpretazione letterale della disposizione, che risulta alquanto specifica nel definire il proprio ambito di applicazione, considerato che è palese che il legislatore abbia subordinato il pagamento dei crediti pregressi alla presentazione della domanda di concordato preventivo solo in caso di continuità aziendale e in caso di prestazioni e servizi essenziali per l'impresa.
È appena il caso di ricordare come il primo comma dell'art. 100 CCI sia stato novellato dal d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83.
Infatti, mentre la precedente formulazione permetteva all'imprenditore di corrispondere, ai propri lavoratori dipendenti, unicamente il pagamento della retribuzione dovuta per l'ultima mensilità antecedente al deposito della domanda di concordato, il nuovo testo legittima il pagamento di tutte le retribuzioni mensili dovute prima di tale data, così ampliando la protezione riconosciuta alla categoria dei crediti da lavoro dipendente (cfr. P. MORSELLI, G. NEBULONI, Effetti della presentazione della domanda di concordato preventivo, in Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, a cura di M. C. GIORGETTI, A. BONAFINE, III ed., Pisa, 2022, 206).
In ogni caso, sia tale fattispecie, sia quella disciplinata al comma secondo (in base al quale “Quando è prevista la continuazione dell'attività aziendale, la disciplina di cui al comma 1 si applica, in deroga al disposto dell'articolo 154, comma 2, al rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all'esercizio dell'impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il tribunale lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. Il professionista indipendente attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori”. Essa è comunque subordinata al fatto che il debitore abbia versato la quota di capitale e interessi scaduta alla data di deposito della domanda di concordato o che sia già stato autorizzato dal tribunale in tal senso), sono subordinate alla previa autorizzazione da parte del Tribunale e all'intervento di un professionista qualificato, cui è demandato il compito di accertare possa l'essenzialità delle prestazioni e il carattere vantaggioso per la procedura.
Quanto al riferimento ai lavori dipendenti, si deve evidenziare come, accanto alla novellazione dell'art. 100 CCI, il legislatore sia altresì intervenuto sul disposto dell'art. 182-quinquies, comma 5,l.fall., di cui sopra, al fine di chiarie la sussumibilità nel concetto di “prestazioni di servizi” anche delle prestazioni dei dipendenti dell'imprenditore.
La norma prevede, infatti, che il tribunale possa autorizzare il pagamento delle retribuzioni per le mensilità antecedenti “ai lavoratori addetti all'attività di cui è prevista la continuazione” [e pare pertinente segnalare la decisione del Tribunale Bergamo 8 settembre 2021, secondo la quale “Il mancato versamento dei contributi previdenziali dovuti per il periodo antecedente al deposito della domanda di concordato con previsione di continuità aziendale, anche in caso di ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., non preclude la possibilità di ottenere da parte degli enti previdenziali il rilascio del DURC “regolare” in relazione a tale periodo”.
La questione riguarda la possibilità, per il debitore che proponga domanda di concordato in continuità aziendale, di ottenere da parte degli enti previdenziali il rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva ( “DURC”). Esso attesta che il contribuente è in regola con il versamento dei contributi previdenziali, pur avendone omesso in tutto o in parte il versamento nel periodo antecedente al deposito della domanda di concordato. Il problema si pone perché il mancato versamento di contributi, di norma, osta al rilascio del DURC “regolare”, che invece è presupposto per la stipulazione di determinati contratti, come quello di appalto, con soggetti pubblici. Cfr. la decisione annotata da L. A. COSATTINI, Concordato in continuità: nulla osta al rilascio del DURC nonostante il mancato versamento di contributi pregressi, in questo portale, 20 dicembre 2021].
In realtà, l'intervento non appare cristallino, considerato che il legislatore non ha esplicitato se sia necessaria l'attestazione dell'essenzialità dell'operazione da parte del professionista, sulla stregua di quanto previsto per il pagamento dei creditori antecedenti per prestazioni di beni o servizi.
Tuttavia, a deporre in senso negativo è la sostanziale diversità tra l'attività lavorativa dei dipendenti e le “prestazioni di servizi” di cui trattasi: basti considerare che un fornitore, laddove non veda corrisposto il proprio onorario per prestazioni anteriori, potrebbe interrompere il servizio senza gradi ripercussioni, cosa che non può dirsi del lavoratore dipendente.
Quanto detto induce a ritenere che la essenzialità dell'operazione debba riguardare soltanto le prestazioni di servizi in senso stretto e che solo in questi casi sia necessaria l'attestazione del professionista qualificato (cfr. D. PORTINARO, L'autorizzazione al pagamento dei debiti pregressi nei confronti dei dipendenti, in questo portale, 16 novembre 2021).