La nuova trattazione scritta nel processo del lavoro

Antonio Lombardi
01 Febbraio 2023

Il d.lgs. n. 149/2022 ha stabilizzato l'istituto della trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c. A seguito di un'accurata verifica circa la compatibilità dell'istituto con gli adempimenti tipici ed i principi connaturati al rito del lavoro, emergono plurimi profili di criticità. 
L'istituto della trattazione scritta sino alla Riforma Cartabia

La prima comparsa nel nostro ordinamento della trattazione scritta o cartolare, quale modalità alternativa di celebrazione di una o più fasi del processo civile, va collocata nel pieno dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, risultando introdotta dall'art. 83, comma 7, lett. h) d.l. n. 18/2020 (convertito dalla l. n. 27/2020), al fine di garantire la prosecuzione delle attività giudiziarie assicurando, al contempo, il contenimento delle presenze presso gli uffici giudiziari.

Il primo intervento di revisione dell'istituto è di poco successivo alla sua introduzione, ed è dovuto all'art. 221, comma 4, l. n. 77/2020 - di conversione del d.l. “Rilancio” (d.l. n. 34/2020), che ne ha precisato i tratti fisionomici, ponendo un correttivo alle prime criticità applicative, prevedendo la possibilità di utilizzo per la celebrazione di specifiche fasi processuali nelle udienze civili non richiedenti la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti,attraverso il meccanismo del deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni in un termine non successivo ai cinque giorni prima della data fissata per l'udienza.

Ulteriori aspetti della disciplina concernevano la previsione di un ampio termine, anteriormente all'udienza, per la comunicazione alle parti dell'opzione di celebrare la stessa con modalità esclusivamente cartolari, ed il diritto delle parti di opporre il veto alla trattazione per iscritto. L'omesso deposito, nel termine indicato, delle note di trattazione comportava, per espressa previsione della disposizione, l'applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 181-309 c.p.c., con concessione di un nuovo termine per il deposito di note, e fissazione di un'ulteriore udienza cartolare, all'esito della quale, in caso di perdurante inerzia delle parti, eventualmente provvedere all'estinzione del procedimento con ordine di cancellazione della causa dal ruolo.

Negli oltre due anni di applicazione dell'istituto, nella versione da ultimo rassegnata dall'art. 221, comma 4, la trattazione scritta ha disvelato, sia pure al cospetto di plurime criticità interpretative, la propria veste di strumento snello e duttile utilizzabile, oltre che in funzione del contenimento dei rischi di diffusione del contagio, anche in chiave acceleratoria del processo, consentendo la fissazione di un numero più ampio di procedimenti per ciascuna udienza e, conseguentemente, l'abbreviazione dei termini di rinvio tra un adempimento e l'altro, essendo prevista l'inutilizzabilità dello strumento nelle sole fasi processuali richiedenti la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti (quali parti personalmente, PM o testimoni).

Terreno di applicazione elettiva è risultato quello della fase decisoria cd contestuale (utilizzando gli strumenti dell'art. 281-sexies c.p.c. o, salvo quanto si dirà, dell'art. 429 c.p.c. nel rito del lavoro), celebrata con trattazione cartolare, sovente consentendo un ampliamento del contenuto narrativo delle note di trattazione rispetto alla stringente formulazione letterale (sole istanze e conclusioni), sino a ricomprendere argomentazioni difensive, alla stregua di scritti defensionali conclusivi sulla falsariga di quelli previsti dall'art. 190 c.p.c., fissando un'udienza figurata, con indicazione di data e ora, alla stregua di dies ad quem rispetto alle verifiche ed agli adempimenti connessi alla trattazione cartolare, consacrata in un verbale di udienza al quale veniva allegato il provvedimento decisorio, depositato il giorno stesso dell'udienza.

La nuova trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c.

Tale strumento, originariamente destinato a permanere nel contesto ordinamentale sino alla cessazione dello stato di emergenza, previsto al 31 dicembre 2022, risulta, per effetto della riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022, attuativa della l. delega n. 206/2021, stabilmente incastonato nel nostro ordinamento, attraverso l'inserimento della nuova disposizione codicistica di cui all'art. 127 ter c.p.c., quale modalità alternativa alla trattazione orale di celebrazione di fasi procedimentali del processo civile, in presenza o mediante connessione telematica (disciplinata dall'art. 127-bis c.p.c.).

L'art. 35 del decreto, contenente l'articolata regolamentazione di diritto intertemporale della riforma del rito civile, contempla l'applicazione dell'art. 127-ter c.p.c. a decorrere dal 1° gennaio 2023, ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla corte di appello e alla Corte di cassazione, in assenza di soluzioni di continuità rispetto alla disposizione previgente, di cui all'art. 221, comma 4, cit., il cui vigore è cessato al 31 dicembre 2022.

La prima questione da esaminare è, in considerazione delle profonde modifiche apportate all'istituto, quello del regime delle udienze già calendarizzate con la trattazione scritta ex art. 221, comma 4 successivamente all'entrata in vigore della nuova disposizione.

Occorre, in particolare, stabilire se la previsione secondo cui la nuova norma abbia effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e da tale data si applichi ai procedimenti civili pendenti davanti al tribunale, alla Corte di appello e alla Corte di cassazione debba interpretarsi nel senso che le nuove modalità vadano applicate alle trattazioni scritte disposte successivamente a tale data ovvero celebrate dopo il 1° gennaio 2023.

Appare preferibile, tuttavia, concludere nel senso che dalla data di entrata in vigore non possa più applicarsi la versione previgente, espressione di normativa emergenziale, da intendersi integralmente sostituita dalla nuova, la cui concreta operatività risulta, per altro, differita rispetto alla data di approvazione del decreto che la introduce, consentendo di fronteggiare le esigenze di organizzazione dei ruoli giudiziali, revocando le fissazioni o i rinvii con trattazione scritta già disposti o, alternativamente, convertendo in trattazione in presenza o da remoto.

La terza versione dell'istituto appare, come anticipato, profondamente stravolta nei tratti fisionomici, risultando oggetto di un'articolata disciplina, profondamente innovativa rispetto alla versione di cui all'art. 221, comma 4.

Il 1° comma dell'art. 127-ter delimita, innanzitutto, il campo di applicazione della nuova trattazione scritta alle fasi procedimentali che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice, in evidente discontinuità con la disposizione di cui all'art. 221, comma 4, che escludeva la possibilità di disporla per adempimenti che prevedessero la presenza dei soli soggetti diversi dai difensori delle parti.

Risulta, dunque, ampliato il campo di applicazione alle fasi a partecipazione delle parti, del PM – che potrà, al pari delle altre parti, formulare istanze e conclusioni per iscritto – e degli ausiliari del giudice, sostituendo tale previsione quella, non più operativa a partire dal 31 dicembre, di cui all'art. 221, comma 8, che prevedeva la possibilità di conferimento di incarico e giuramento scritto del CTU, quantomeno nell'attesa dell'entrata in vigore del nuovo art. 193, comma 2, c.p.c. che prevede la facoltà di sostituire l'udienza di conferimento dell'incarico con una dichiarazione sottoscritta dal consulente con firma digitale, recante il giuramento previsto dal primo comma della disposizione.

L'innovazione di maggior rilievo è, tuttavia, rappresentata dalla compatibilità tra trattazione scritta e presenza della parte nella fase processuale, aprendo dunque le porte alla celebrazione cartolare di adempimenti quali l'interrogatorio libero ed il tentativo di conciliazione se non addirittura, abbracciando una nozione lata della locuzione istanze e conclusioni, l'interrogatorio formale, ipotizzabile mediante la risposta per iscritto della parte ai capitoli di prova per interpello articolati ed ammessi. Appare, viceversa, da negare la possibilità di celebrare l'udienza cartolare nella quale sia prevista la presenza dei testimoni.

In merito ad iniziativa e poteri delle parti, la norma prevede la possibilità che il giudice disponga tale modalità ex officio, anche in sostituzione di un'udienza già fissata con altre modalità, con facoltà di opposizione in capo alle parti. Laddove l'opposizione provenga da una sola parte, il giudice avrà facoltà di conservare la modalità cartolare di trattazione, dovendo viceversa disporre in conformità al dissenso, nel caso in cui provenga da tutte le parti costituite. La richiesta potrà, tuttavia, provenire anche da una o più parti. Laddove ne facciano richiesta tutte le parti costituite il giudice sarà tenuto a disporre la sostituzione dell'udienza, già fissata con altre modalità, con il deposito di note scritte, dovendosi comunemente interpretare il presente indicativo utilizzato (l'udienza è sostituita) alla stregua di vincolo a disporre in conformità a carico del giudice.

L'esercizio di facoltà e prerogative processuali avrà luogo mediante deposito di note scritte di trattazione nel termine perentorio fissato dal giudice, avendo cura che, tra la comunicazione del provvedimento che dispone la trattazione e la scadenza del termine perentorio, le parti abbiano almeno quindici giorni che, ricorrendo particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice dovrà dare atto nel provvedimento, potranno essere abbreviati. Il termine per il deposito delle note di trattazione è, diversamente da quanto previsto nella precedente versione, espressamente qualificato perentorio, con la conseguenza che la sua inosservanza determinerà, a seconda della tipologia dell'adempimento, decadenze processuali o inutilizzabilità.

Il contenuto delle note di trattazione è, analogamente a quanto previsto nell'art. 221, comma 4, limitato alle sole istanze e conclusioni il che, come si vedrà di seguito, depone in senso contrario alla valutazione di compatibilità tra trattazione scritta e fase decisoria, a meno che non si intenda estensivamente il contenuto delle note di trattazione, quale atto processuale nel quale le parti possono versare argomentazioni e deduzioni difensive, oltre a istanze e conclusioni.

Ulteriore novità è rappresentata dalla circostanza che il giorno di scadenza delle note sia espressamente considerato data di udienza a tutti gli effetti – mentre, nel sistema precedente, il termine di scadenza delle note doveva precedere l'udienza cartolare o fittizia – e che, dalla scadenza di tale termine, il giudice abbia trenta giorni per provvedere – quando, nel sistema precedente, il verbale dell'udienza cartolare costituiva il luogo elettivo del provvedimento che, eventualmente, poteva anche essere una riserva, nel caso in cui avesse ritenuto di non provvedere contestualmente.

Sulla falsariga della precedente versione, l'inerzia di tutte le parti nel deposito delle note di trattazione comporta l'applicazione del meccanismo di cui agli artt. 181-309 c.p.c., con fissazione di un nuovo termine per il deposito di memorie o la fissazione di udienza e, in caso di perdurante inerzia, ordine di cancellazione della causa dal ruolo e l'estinzione del processo. Difficilmente compatibile appare, sotto il profilo teorico, l'affermata perentorietà del termine per il deposito delle note di trattazione con il meccanismo che prevede la nuova concessione degli stessi in caso di comune inosservanza del termine, alla stregua di meccanismo implicito o automatico di rimessione in termini.

Profili di compatibilità tra nuova trattazione scritta e rito del lavoro

Si sono, in precedente focus pubblicato in questa sede (dal titolo Trattazione scritta e rito del lavoro: piena compatibilità?) affrontati i profili di compatibilità tra l'istituto in commento, nella precedente versione contenuta nell'art. 221 co. 4, ed il rito laburistico, caratterizzato dagli immanenti principi dell'oralità, immediatezza e concentrazione, con particolare riferimento alla fase decisoria, Ciò alla luce dell'obiter dictum contenuto nella sentenza di legittimità Cass. civ., sez. VI, 10 novembre 2021, n. 33175, che ha posto seri dubbi di compatibilità dell'istituto con talune modalità di definizione procedimentale, quali il modulo decisorio dell'art. 281-sexies c.p.c. o, per l'appunto, quello tipico del rito del lavoro di primo e secondo grado, contemplato dagli artt. 429 e 437 c.p.c. nel quale il giudice, esaurita la discussione orale, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo, e eventualmente, secondo la nota disciplina, della motivazione contestuale.

Si è, in quell'elaborato, osservato come, in assenza di espresse previsioni di inconciliabilità tra l'istituto ed il rito del lavoro, ed alla luce delle peculiari esigenze che, quantomeno nella fase di introduzione dell'istituto, hanno determinato l'implementazione di modalità alternative di celebrazione del processo, rispondenti alla necessità di contenimento delle presenze all'interno degli uffici giudiziari e del correlato rischio di diffusione del contagio da Covid-19, non fosse irragionevole ipotizzare la chiara volontà di introdurre, con norma di rango primario, un modulo decisorio da utilizzare alternativamente allo schema di cui agli artt. 429 e 437 c.p.c..

In tale riflessione, scritta in pendenza della delega di cui alla l. n. 206/2021, si auspicava una riformulazione dell'istituto che, attraverso l'ampliamento del contenuto delle note di trattazione, funzionale al compiuto espletamento del diritto di difesa nella fase decisoria, e l'individuazione di meccanismi di scambio delle note, celebrazione di udienza cartolare e pubblicazione della decisione, compatibili con i principi di immediatezza e concentrazione connaturati al rito laburistico, consentisse di superare i residui dubbi di applicabilità della trattazione cartolare alla fase decisoria del rito del lavoro.

Ebbene, nulla di tutto ciò risulta essere avvenuto, posto che non soltanto il contenuto delle note di trattazione, in continuità con la versione previgente, è espressamente limitato alle sole istanze e conclusioni, ma il meccanismo introdotto, che prevede un termine per note, da considerarsi udienza a tutti gli effetti, e trenta giorni per provvedere, appare tracciare un solco ancora più profondo tra l'istituto in commento ed i principi di immediatezza e concentrazione (in disparte dell'oralità).

Se, da un lato, non possono esservi dubbi circa l'astratta persistente applicabilità dell'istituto al processo del lavoro, essendo la norma che la prevede contenuta nel titolo VI capo I del libro I del codice di rito, dedicato alla forma degli atti e provvedimenti in generale, occorre scandagliare accuratamente la concreta compatibilità alle scansioni procedurali, agli adempimenti tipici ed ai principi connaturati al rito speciale di cui all'art. 409 e ss. c.p.c..

Alla luce dell'ampliamento del potenziale novero di adempimenti e della compatibilità con le udienze che prevedano anche la presenza delle parti, non può astrattamente escludersi la possibilità di celebrare la prima udienza ex art. 420 c.p.c. con le modalità di cui all'art. 127 ter c.p.c., con particolare riferimento alla tipologia di contenzioso (previdenziale, pubblico impiego), nel quale non si registra, per prassi comune, la presenza personale delle parti, in funzione del tentativo di conciliazione e del libero interrogatorio.

Nell'ambito del contenzioso laburistico cd ordinario appare, tuttavia, difficile contemplare un proficuo utilizzo della trattazione scritta nelle udienze di prima comparizione, registrandosi un duplice ordine di perplessità, di natura squisitamente procedurale e sostanziale.

Da un canto, difatti, la struttura dell'art. 127-ter c.p.c., che prevede l'assegnazione, nel provvedimento che dispone la trattazione scritta, di un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note, mal si concilia con il disposto dell'art. 416, comma 1, c.p.c., che assegna al convenuto un termine decadenziale di dieci giorni prima dell'udienza per costituirsi. Nel caso in cui si disponga la sostituzione dell'udienza ex art. 420 c.p.c. con provvedimento successivo al decreto di fissazione di udienza, il convenuto potrebbe non essere ancora costituito e, pertanto, non avere contezza della diversa modalità processuale disposta dal giudice, quantomeno sino al momento della costituzione, non potendosi avvalere della facoltà di opposizione. Il ricorrente, dal canto suo, non godrebbe di un termine effettivo di almeno quindici giorni, venendo a conoscenza delle argomentazioni difensive e delle eventuali eccezioni e domande del convenuto soltanto all'atto della costituzione dello stesso.

Sotto altro profilo, talune delle attività contemplate in seno alla prima udienza, quali l'esperimento del tentativo di conciliazione, l'interrogatorio libero e, se del caso, il disconoscimento della scrittura privata, mal si conciliano con le note scritte, essendo difficilmente ipotizzabile un invito, dal giudice alle parti, a rispondere per iscritto ad eventuali domande e chiarimenti tipici del libero interrogatorio (es: reperimento di altra attività lavorativa dopo il licenziamento ai fini dell'aliunde perceptum), a formulare una proposta conciliativa da sottoporre alla controparte ed articolare le richieste di prova, riservando poi nei trenta giorni successivi di disporre in ordine alla prosecuzione del giudizio, a seconda degli specifici adempimenti da effettuare (es. fissazione di udienza per la conciliazione o assunzione dei mezzi di prova).

Passando alla fase istruttoria, non vi è dubbio che la specifica modalità di trattazione si presti alla formulazione di incarico e prestazione del giuramento del CTU, anche in sede di ATP previdenziale ex art. 445-bis c.p.c., laddove nelle note di trattazione le parti potranno provvedere all'indicazione dei consulenti di parte o alla formulazione di specifiche osservazioni o istanze. Va, sul punto, ribadito come, a partire dal 1° marzo 2023, per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 193, comma 2, c.p.c., come riformulato dal d.lgs. n. 149/2022, sia prevista la facoltà di sostituzione dell'udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio con una dichiarazione sottoscritta dal consulente con firma digitale, recante il giuramento previsto dal 1° comma.

L'ampliamento dello spettro applicativo al novero degli adempimenti che prevedano la presenza della parte personalmente lascia un margine di riflessione aperto per l'utilizzazione dello strumento, nella fase istruttoria del procedimento, ai fini dell'assunzione della prova per interrogatorio formale, con indicazione, nel provvedimento che dispone la trattazione scritta, degli specifici quesiti cui la parte sarà tenuta a rispondere per iscritto nelle note di trattazione, funzionale alla formazione della cd confessione giudiziale ex art. 228 c.p.c..

Le nuove modalità procedimentali appaiono, viceversa, difficilmente compatibili con la fase decisoria del procedimento, rispetto alla quale le legittime perplessità, già espresse con riferimento alla precedente versione, risultano ulteriormente aggravate, avuto riguardo all'attuale formulazione della norma.

Deve, innanzitutto, osservarsi come lo strumento sia entrato strutturalmente nel corpo del codice di rito, non essendo più previsto nell'alveo della legislazione emergenziale, che induceva ad operare un bilanciamento tra la significativa deroga ai principi immanenti al rito laburistico e le pressanti esigenze di tutela della salute pubblica.

In secondo luogo, la perseveranza nell'indicare il contenuto delle note di trattazione alla stregua di sole istanze e conclusioni denota un malcelato intento di escludere un diffuso contenuto argomentativo o deduttivo, destinato a sopperire, in caso di discussione cd cartolare, al venir meno dell'udienza di discussione orale, con insanabile lesione del diritto di difesa ex art. 24 cost..

Profondamente distonico rispetto al tipico modulo decisorio dettato dagli artt. 429 e 437 c.p.c., che prevedono la contestualità tra discussione, deliberazione e pubblicazione della sentenza appare, poi, il nuovo meccanismo congegnato dalla norma, prevedente un termine per il deposito di note, da considerarsi udienza a tutti gli effetti, ed un successivo termine di trenta giorni entro il quale il giudice è chiamato a provvedere.

Lo schema codicistico della fase decisoria, che rappresenta il portato dell'immanente principio di concentrazione (in questo senso, espressamente, Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2018, n. 72) non appariva, nella sostanza, pregiudicato dal meccanismo di cui all'art. 221, comma 4, prevedente la celebrazione dell'udienza (sia pure in via figurata) e l'immediata pronuncia della sentenza, con l'unica marginale divergenza rappresentata dal fatto che la conoscenza del provvedimento non conseguiva alla diretta attività di percezione dei difensori in udienza, risultando condizionata ad un adempimento di cancelleria che, nella normale prassi, ha luogo il giorno stesso o, al massimo, entro qualche giorno dal deposito del provvedimento. La versione attuale prevede, viceversa, un significativo iato temporale tra termine per il deposito delle note, da considerarsi data di udienza, e provvedimento del giudice, da rendere entro trenta giorni, con la conseguenza che, se si volesse utilizzare tale modalità per la fase decisoria, dovrebbe intendersi introdotta una certa e definitiva deroga non soltanto al principio di oralità, ma anche ai crismi dell'immediatezza e concentrazione, infrangendo il tipico meccanismo decisionale espressione, come detto, dei principi fondanti il rito laburistico.

In conclusione

Se, dunque, l'emergenza pandemica ha innescato un processo di elaborazione di nuovi modelli processuali (quali la trattazione scritta e da remoto) destinati ad integrare stabilmente la struttura dei tradizionali modelli occorre, con riferimento al rito del lavoro, un'accurata verifica di compatibilità dei nuovi istituti, con riferimento alle specifiche cadenze processuali ed ai fondamentali principi che le informano.

La trattazione scritta, nella definitiva versione dell'art. 127-ter c.p.c., pur risultando in astratto utilizzabile con riferimento a taluni adempimenti tipici del rito del lavoro, non sembra destinata a godere di particolari fortune, se non con riferimento ad adempimenti marginali, tenuto conto dell'assoluta rilevanza dei principi di oralità ed immediatezza.

Si ponga mente, ad esempio, alla celebrazione della prima udienza di trattazione, fisiologicamente destinata allo svolgimento dell'interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione, successivamente alla verifica della rituale instaurazione del contraddittorio. Se, difatti, la fissazione di tale adempimento con le nuova modalità cartolari consente la celebrazione di un maggior numero di procedimenti per udienza, sì da conseguire l'obiettivo di una riduzione dei tempi di definizione del processo, dall'altro non appare surrogabile il ruolo del giudice nella conduzione dell'interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione, che va al di là del mero ed asettico confronto tra eventuali disponibilità transattive, rappresentando la formulazione di ipotesi transattiva giudiziale, ai sensi dell'art. 185-bis e 420 c.p.c. il punto di approdo di un'ampia ed articolata riflessione condotta in udienza assieme alle parti, sovente caratterizzata da successive approssimazioni e limature.

Il punto maggiormente critico è, come evidenziato, rappresentato dalla compatibilità tra l'istituto e la fase decisoria, in ragione dell'illustrato insanabile contrasto tra il meccanismo da ultimo congegnato ed i fondamentali principi di oralità, concentrazione ed immediatezza.

Non residua, dunque, che un'unica chiave ermeneutica per concludere nel senso dell'utilizzabilità del nuovo modello di trattazione cartolare ex art. 127-ter c.p.c. nella fase decisoria del processo del lavoro, che transiti per una concezione evolutiva nella quale oralità, immediatezza e concentrazione assurgono a principi di ispirazione tendenziale ma non più di indefettibile ricorrenza, laddove si registri una disposizione di pari rango che introduca nell'ordinamento moduli decisori alternativi, in omaggio ad esigenze emergenziali o strutturali, come la semplificazione e deflazione del contenzioso, che ispira la disposizione in commento.

Al di là, difatti, della versione della trattazione scritta ex art. 221, comma 4, ampiamente utilizzata quale modulo decisorio nel processo del lavoro, si registra una disposizione speciale, abrogata con decorrenza 28 febbraio 2023, per effetto dell'introduzione delle nuove norme sull'impugnativa dei licenziamenti (artt. 441-bis, ter e quater c.p.c.), id est l'art. 1, comma 57, l. n. 92/2012, nell'ambito del giudizio di opposizione celebrato con rito Fornero, che prevede che la sentenza, completa di motivazione, venga depositata in cancelleria entro dieci giorni dall'udienza di discussione.

Laddove, dunque, si abbandoni, in chiave evolutiva, il dogma dell'indefettibilità dell'oralità e concentrazione nella fase decisoria del rito del lavoro, potrà continuare ad adoperarsi l'istituto di cui all'art. 127-ter c.p.c. quale modello alternativo alla discussione orale, in presenza o da remoto, seguita dalla pubblicazione della sentenza nel termine di legge. Ciò sarà consentito, tuttavia, nei casi in cui siano le parti a richiedere la fissazione di discussione finale con le modalità di cui all'art. 127-ter c.p.c., deliberatamente abdicando allo sviluppo di argomentazioni difensive, che non possono trovare albergo nelle note di trattazione, destinate alla propalazione delle sole istanze e conclusioni.

Nella diversa ipotesi in cui sia il giudice a disporre la discussione con tali modalità, la rinuncia al compiuto esercizio delle prerogative difensive potrebbe ritenersi implicito nel mancato esercizio della facoltà di opposizione nel termine di legge. Più impervia appare la strada di un'interpretazione estensiva del contenuto delle note scritte, sino a ricomprendervi argomentazioni e deduzioni difensive, certamente auspicabile de iure condendo.

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