Si sono, in precedente focus pubblicato in questa sede (dal titolo Trattazione scritta e rito del lavoro: piena compatibilità?) affrontati i profili di compatibilità tra l'istituto in commento, nella precedente versione contenuta nell'art. 221 co. 4, ed il rito laburistico, caratterizzato dagli immanenti principi dell'oralità, immediatezza e concentrazione, con particolare riferimento alla fase decisoria, Ciò alla luce dell'obiter dictum contenuto nella sentenza di legittimità Cass. civ., sez. VI, 10 novembre 2021, n. 33175, che ha posto seri dubbi di compatibilità dell'istituto con talune modalità di definizione procedimentale, quali il modulo decisorio dell'art. 281-sexies c.p.c. o, per l'appunto, quello tipico del rito del lavoro di primo e secondo grado, contemplato dagli artt. 429 e 437 c.p.c. nel quale il giudice, esaurita la discussione orale, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo, e eventualmente, secondo la nota disciplina, della motivazione contestuale.
Si è, in quell'elaborato, osservato come, in assenza di espresse previsioni di inconciliabilità tra l'istituto ed il rito del lavoro, ed alla luce delle peculiari esigenze che, quantomeno nella fase di introduzione dell'istituto, hanno determinato l'implementazione di modalità alternative di celebrazione del processo, rispondenti alla necessità di contenimento delle presenze all'interno degli uffici giudiziari e del correlato rischio di diffusione del contagio da Covid-19, non fosse irragionevole ipotizzare la chiara volontà di introdurre, con norma di rango primario, un modulo decisorio da utilizzare alternativamente allo schema di cui agli artt. 429 e 437 c.p.c..
In tale riflessione, scritta in pendenza della delega di cui alla l. n. 206/2021, si auspicava una riformulazione dell'istituto che, attraverso l'ampliamento del contenuto delle note di trattazione, funzionale al compiuto espletamento del diritto di difesa nella fase decisoria, e l'individuazione di meccanismi di scambio delle note, celebrazione di udienza cartolare e pubblicazione della decisione, compatibili con i principi di immediatezza e concentrazione connaturati al rito laburistico, consentisse di superare i residui dubbi di applicabilità della trattazione cartolare alla fase decisoria del rito del lavoro.
Ebbene, nulla di tutto ciò risulta essere avvenuto, posto che non soltanto il contenuto delle note di trattazione, in continuità con la versione previgente, è espressamente limitato alle sole istanze e conclusioni, ma il meccanismo introdotto, che prevede un termine per note, da considerarsi udienza a tutti gli effetti, e trenta giorni per provvedere, appare tracciare un solco ancora più profondo tra l'istituto in commento ed i principi di immediatezza e concentrazione (in disparte dell'oralità).
Se, da un lato, non possono esservi dubbi circa l'astratta persistente applicabilità dell'istituto al processo del lavoro, essendo la norma che la prevede contenuta nel titolo VI capo I del libro I del codice di rito, dedicato alla forma degli atti e provvedimenti in generale, occorre scandagliare accuratamente la concreta compatibilità alle scansioni procedurali, agli adempimenti tipici ed ai principi connaturati al rito speciale di cui all'art. 409 e ss. c.p.c..
Alla luce dell'ampliamento del potenziale novero di adempimenti e della compatibilità con le udienze che prevedano anche la presenza delle parti, non può astrattamente escludersi la possibilità di celebrare la prima udienza ex art. 420 c.p.c. con le modalità di cui all'art. 127 ter c.p.c., con particolare riferimento alla tipologia di contenzioso (previdenziale, pubblico impiego), nel quale non si registra, per prassi comune, la presenza personale delle parti, in funzione del tentativo di conciliazione e del libero interrogatorio.
Nell'ambito del contenzioso laburistico cd ordinario appare, tuttavia, difficile contemplare un proficuo utilizzo della trattazione scritta nelle udienze di prima comparizione, registrandosi un duplice ordine di perplessità, di natura squisitamente procedurale e sostanziale.
Da un canto, difatti, la struttura dell'art. 127-ter c.p.c., che prevede l'assegnazione, nel provvedimento che dispone la trattazione scritta, di un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note, mal si concilia con il disposto dell'art. 416, comma 1, c.p.c., che assegna al convenuto un termine decadenziale di dieci giorni prima dell'udienza per costituirsi. Nel caso in cui si disponga la sostituzione dell'udienza ex art. 420 c.p.c. con provvedimento successivo al decreto di fissazione di udienza, il convenuto potrebbe non essere ancora costituito e, pertanto, non avere contezza della diversa modalità processuale disposta dal giudice, quantomeno sino al momento della costituzione, non potendosi avvalere della facoltà di opposizione. Il ricorrente, dal canto suo, non godrebbe di un termine effettivo di almeno quindici giorni, venendo a conoscenza delle argomentazioni difensive e delle eventuali eccezioni e domande del convenuto soltanto all'atto della costituzione dello stesso.
Sotto altro profilo, talune delle attività contemplate in seno alla prima udienza, quali l'esperimento del tentativo di conciliazione, l'interrogatorio libero e, se del caso, il disconoscimento della scrittura privata, mal si conciliano con le note scritte, essendo difficilmente ipotizzabile un invito, dal giudice alle parti, a rispondere per iscritto ad eventuali domande e chiarimenti tipici del libero interrogatorio (es: reperimento di altra attività lavorativa dopo il licenziamento ai fini dell'aliunde perceptum), a formulare una proposta conciliativa da sottoporre alla controparte ed articolare le richieste di prova, riservando poi nei trenta giorni successivi di disporre in ordine alla prosecuzione del giudizio, a seconda degli specifici adempimenti da effettuare (es. fissazione di udienza per la conciliazione o assunzione dei mezzi di prova).
Passando alla fase istruttoria, non vi è dubbio che la specifica modalità di trattazione si presti alla formulazione di incarico e prestazione del giuramento del CTU, anche in sede di ATP previdenziale ex art. 445-bis c.p.c., laddove nelle note di trattazione le parti potranno provvedere all'indicazione dei consulenti di parte o alla formulazione di specifiche osservazioni o istanze. Va, sul punto, ribadito come, a partire dal 1° marzo 2023, per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 193, comma 2, c.p.c., come riformulato dal d.lgs. n. 149/2022, sia prevista la facoltà di sostituzione dell'udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio con una dichiarazione sottoscritta dal consulente con firma digitale, recante il giuramento previsto dal 1° comma.
L'ampliamento dello spettro applicativo al novero degli adempimenti che prevedano la presenza della parte personalmente lascia un margine di riflessione aperto per l'utilizzazione dello strumento, nella fase istruttoria del procedimento, ai fini dell'assunzione della prova per interrogatorio formale, con indicazione, nel provvedimento che dispone la trattazione scritta, degli specifici quesiti cui la parte sarà tenuta a rispondere per iscritto nelle note di trattazione, funzionale alla formazione della cd confessione giudiziale ex art. 228 c.p.c..
Le nuove modalità procedimentali appaiono, viceversa, difficilmente compatibili con la fase decisoria del procedimento, rispetto alla quale le legittime perplessità, già espresse con riferimento alla precedente versione, risultano ulteriormente aggravate, avuto riguardo all'attuale formulazione della norma.
Deve, innanzitutto, osservarsi come lo strumento sia entrato strutturalmente nel corpo del codice di rito, non essendo più previsto nell'alveo della legislazione emergenziale, che induceva ad operare un bilanciamento tra la significativa deroga ai principi immanenti al rito laburistico e le pressanti esigenze di tutela della salute pubblica.
In secondo luogo, la perseveranza nell'indicare il contenuto delle note di trattazione alla stregua di sole istanze e conclusioni denota un malcelato intento di escludere un diffuso contenuto argomentativo o deduttivo, destinato a sopperire, in caso di discussione cd cartolare, al venir meno dell'udienza di discussione orale, con insanabile lesione del diritto di difesa ex art. 24 cost..
Profondamente distonico rispetto al tipico modulo decisorio dettato dagli artt. 429 e 437 c.p.c., che prevedono la contestualità tra discussione, deliberazione e pubblicazione della sentenza appare, poi, il nuovo meccanismo congegnato dalla norma, prevedente un termine per il deposito di note, da considerarsi udienza a tutti gli effetti, ed un successivo termine di trenta giorni entro il quale il giudice è chiamato a provvedere.
Lo schema codicistico della fase decisoria, che rappresenta il portato dell'immanente principio di concentrazione (in questo senso, espressamente, Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2018, n. 72) non appariva, nella sostanza, pregiudicato dal meccanismo di cui all'art. 221, comma 4, prevedente la celebrazione dell'udienza (sia pure in via figurata) e l'immediata pronuncia della sentenza, con l'unica marginale divergenza rappresentata dal fatto che la conoscenza del provvedimento non conseguiva alla diretta attività di percezione dei difensori in udienza, risultando condizionata ad un adempimento di cancelleria che, nella normale prassi, ha luogo il giorno stesso o, al massimo, entro qualche giorno dal deposito del provvedimento. La versione attuale prevede, viceversa, un significativo iato temporale tra termine per il deposito delle note, da considerarsi data di udienza, e provvedimento del giudice, da rendere entro trenta giorni, con la conseguenza che, se si volesse utilizzare tale modalità per la fase decisoria, dovrebbe intendersi introdotta una certa e definitiva deroga non soltanto al principio di oralità, ma anche ai crismi dell'immediatezza e concentrazione, infrangendo il tipico meccanismo decisionale espressione, come detto, dei principi fondanti il rito laburistico.