Nullità di un atto processuale, fino a quando è rilevabile dalla parte?

Redazione scientifica
30 Gennaio 2023

In una controversia in materia di telecomunicazioni, la Corte di cassazione ha ritenuto precluso il potere delle parte di rilevare che, in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione, l'avvocato di controparte era sfornito di valida procura, applicando la regola di cui all'art. 157, comma 3, c.p.c.

In una controversia tra un utente ed una compagnia telefonica, la Corte ha esaminato il ricorso per cassazione proposto dall'utente contro la pronuncia della Corte d'appello la quale, in riforma della decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso in via monitoria dallo stesso proposto, aveva dichiarato la cessazione della materia in ordine al tentativo obbligatorio di conciliazione.

Per quando di interesse, l'utente lamentava che il tentativo di conciliazione costituiva condizione di proponibilità e non di procedibilità della domanda e che, in ogni caso, la condizione di procedibilità non poteva considerarsi avverata, in quanto, in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione, per controparte era comparso un avvocato sfornito di valida procura.

La Corte ha ritenuto il motivo ricorso infondato. Dopo aver ribadito che in materia di controversie tra gli organismi di telecomunicazione e gli utenti il mancato previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione da luogo dalla improcedibilità e non alla improponibilità della domanda, i giudici hanno evidenziato — relativamente alla dedotta comparizione per controparte, in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione, dell'avvocato sfornito di valida procura — che l'odierno ricorrente non dà invero conto di averne già fatto oggetto di eccezione all'atto della costituzione dopo la riassunzione del giudizio ex art. 157, comma 3, c.p.c., non potendo d'altro canto ipotizzarsi la relativa rilevabilità d'ufficio, essendosi il potere di relativa rilevazione — come quello di eccezione — pertanto consumato al tempo dell'ultima difesa in sede di giudizio di gravame.

Trova infatti nel caso applicazione la regola dettata dall'art. 157, comma 3, c.p.c. — secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può rilevarla — non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d'ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest'ultimo abbia deciso la causa omettendo di rilevare la nullità, la regola si riespande, con la conseguenza che la parte che vi ha dato causa con il suo comportamento, ed anche quella che omettendo di rilevarla abbia contribuito al permanere della stessa, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo (v. Cass. civ. n. 21381/2018, richiamata in motivazione da Cass. civ., sez. un., n. 2841/2019. Cfr. altresì Cass. civ. n. 21529/2021).