Le indagini bancarie possono essere utilizzate dal Fisco per l’accertamento del maggior reddito della società

La Redazione
01 Febbraio 2023

In caso di avviso di accertamento fondato su indagini bancarie riferibili ad una società di capitali, il contribuente può dimostrare che i proventi dalla stessa desumibili non debbono essere recuperati a tassazione perché ne ha già tenuto conto nelle sue dichiarazioni dei redditi oppure perché fiscalmente irrilevanti in quanto riconducibili ad operazioni non imponibili.

L'Agenzia delle Entrate notificava ad una contribuente un avviso di accertamento con cui, previa rettifica della base imponibile, venivano ripresi a tassazione i maggiori redditi accertati.

Il provvedimento era frutto dalle attività ispettive avviate dal Fisco sulla s.r.l. di cui la contribuente possedeva quote per il 6,5%, dalle quali erano emerse, tramite acquisizione dei dati bancari, movimentazioni ingiustificate. L'accertamento veniva confermato sia dalla CTP che dalla CTR, salvo una rideterminazione in difetto del maggior reddito accertato. La contribuente ha proposto ricorso in Cassazione dolendosi, per quanto d'interesse, per la ritenuta utilizzabilità dei risultati delle indagini bancarie.

Sul tema la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che «il ricorso alla movimentazione bancaria riferibile ad una società di capitali, nei casi previsti, onera unicamente il contribuente della dimostrazione del fatto che i proventi dalla stessa desumibili non debbono essere recuperati a tassazione, o perché egli ne ha già tenuto conto nelle sue dichiarazioni dei redditi, o perché non sono fiscalmente rilevanti in quanto riconducibili ad operazioni non imponibili» (v. Cass. n. 24402/22; Cass. n. 20118/18; Cass. n. 15003/17).

In tale ottica, non sussiste dunque alcun obbligo dell'Ufficio di preventiva individuazione della fonte del reddito; né, tantomeno, di specifica indicazione dell'attività produttiva di reddito dalla quale potrebbero trarre origine le movimentazioni oggetto di esame. Tali affermazioni di principio non costituiscono alcuna “presunzione in bianco”, come sostenuto invece dalla ricorrente. Afferma difatti il Collegio che «l'onere del contribuente di giustificare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti, giustificata dall'ipotesi che tali conti siano stati messi a disposizione di una società, non viola il principio praesumptum de praesumpto non admittitur. Per un verso, infatti, tale principio è, in realtà, inesistente, non essendo riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma dell'ordinamento; per altro verso, ed anche a volerne assumere l'esistenza, esso atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con un'altra presunzione semplice, e non con una presunzione legale, come invece avviene nel caso di specie».

Il ricorso viene in conclusione rigettato.

[Fonte: Diritto e Giustizia]

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