La precisazione del credito da parte di uno studio associato o da una società tra professionisti non esclude la collocazione privilegiata del credito

Fabio Signorelli
03 Febbraio 2023

L'articolo commenta un provvedimento del Tribunale di Roma che, nell'ambito di un' azione di accertamento di crediti nei confronti di impresa in concordato preventivo, si è pronunciato in tema di contratto di prestazione d'opera stipulato dall'associazione professionale, insinuazione al passivo e collocazione del credito.
Le massime

La precisazione del credito effettuata da uno studio associato o da una società tra professionisti fa presumere l'esclusione della personalità del rapporto d'opera professionale da cui quel credito è derivato, e, dunque, l'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex art 2751-bis, n. 2, c.c., salvo che l'istante dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall'associazione.

Ai fini del riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c., non è rilevante accertare se il professionista istante abbia o meno organizzato la propria attività in forma associativa, ma se il cliente abbia conferito l'incarico dal quale deriva il credito a lui personalmente ovvero all'entità collettiva (associazione, studio professionale) nella quale, eventualmente, egli è organicamente inserito quale prestatore d'opera qualificato: nel primo caso il credito ha natura privilegiata, in quanto costituisce, in via prevalente, remunerazione di una prestazione lavorativa, ancorché necessariamente comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento, mentre nel secondo ha natura chirografaria, perché ha per oggetto un corrispettivo riferibile al lavoro del professionista solo quale voce del costo complessivo di un'attività che è essenzialmente imprenditoriale. Va escluso che il credito privilegiato nascente da un rapporto negoziale che si instaura fra il cliente e il singolo professionista degradi a chirografo nel caso in cui sia oggetto di cessione all'associazione cui il professionista appartiene: al contrario, è questa la sola ipotesi in cui anche lo studio associato sarà legittimato a far valere il diritto al privilegio.

Il caso

Alcuni professionisti, che avevano personalmente assistito una società prima che quest'ultima fosse posta in concordato preventivo, chiedevano che il loro credito, benché precisato dall'associazione professionale alla quale partecipavano, dovesse essere riqualificato, contrariamente a quanto stabilito dagli organi della procedura, in credito privilegiato, in quanto assistito dal privilegio di cui all'art. 2751-bis, n. 2, c.c.

La società convenuta resisteva a detta domanda, sostenendo che le prestazioni professionali non fossero provate né nell'an né nel quantum, sia per carenza documentale di data certa sia perché l'inserimento del preteso credito nell'elenco rettificato dai commissari giudiziali doveva essere considerato un mero atto ricognitivo, sprovvisto della natura di atto giuridico. Veniva, infine, eccepito che il preavviso di fattura era intestato all'associazione professionale alla quale i professionisti appartenevano e che la richiesta di rettifica della collocazione del credito era stata avanzata dall'associazione professionale e non dai singoli professionisti.

Il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente la domanda con le motivazioni di cui alle due massime in epigrafe.

La questione e le soluzioni giuridiche

Innanzitutto il tribunale ha rilevato come erroneamente gli attori ritenessero pacifica e incontestata la sussistenza e la quantificazione dei crediti professionali per il semplice fatto che questi ultimi fossero stati inseriti nell'elenco allegato alla domanda di ammissione al concordato preventivo, rammentando che la verifica che viene compiuta dal commissario giudiziale sulla base delle scritture contabili, ai sensi dell'art. 171 l. fall (ora art. 104 CCI c.c.., senza modifiche sul punto), ha natura squisitamente amministrativa, volta unicamente all'individuazione dei soggetti aventi diritto al voto, ai fini del calcolo della maggioranza per l'approvazione del concordato preventivo.

Diversamente dal fallimento (ora: liquidazione giudiziale), nel concordato preventivo non è prevista una verifica giudiziale dei crediti, ma solo una mera operazione d'individuazione del numero dei creditori aventi diritto al voto, lasciando ad una successiva verifica giurisdizionale le eventuali contestazioni inerenti la quantificazione e la collocazione dei crediti, esattamente come nel caso di specie, avendo ben presente che il potere di ammettere (provvisoriamente), in tutto od in parte, i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, è attribuito in via esclusiva al giudice delegato in sede di adunanza per la discussione della proposta, e si esplica sulla base di una delibazione sommaria che non pregiudica la decisione sulla sussistenza del credito, produttiva di effetti sia nei confronti dei creditori presenti sia di quelli assenti.

Per quanto attiene al merito della vicenda, il tribunale ha appurato che le prestazioni professionali degli attori (consistenti nell'assistenza prestata in un giudizio tributario di primo e secondo grado e in una negoziazione immobiliare) erano state solo in parte dimostrate.

Più esattamente, il giudice ha appurato sia l'anteriorità dell'incarico conferito ai professionisti prima che la società fosse posta in concordato preventivo sia l'effettività dell'assistenza prestata nel giudizio tributario di primo grado, sulla base degli atti del giudizio stesso (risoltosi, peraltro, favorevolmente per la società), aventi tutti data certa, mentre non risultava in alcun modo provata l'opera di assistenza nel giudizio tributario di secondo grado.

La liquidazione dei compensi professionali veniva, di conseguenza, limitata alle prestazioni eseguite a favore della società per il solo giudizio di primo grado, con applicazione, ex art. 2233 c.c., delle tariffe professionali previste per i dottori commercialisti, ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. 645/1994. Parimenti dimostrate risultavano le prestazioni professionali in merito alla negoziazione immobiliare portata a termine da uno degli attori e, in difetto della dimostrazione di un accordo scritto avente data certa in merito alla quantificazione del compenso, quest'ultimo veniva liquidato sempre sulla base dell'art. 45, comma 1, D.P.R. 645/1994, applicabile ratione temporis.

Venendo, infine, alla seconda eccezione sollevata dalla società convenuta, per la quale, poiché il credito era stato precisato dall'associazione professionale alla quale appartenevano i professionisti e non da questi ultimi, non potesse essere riconosciuto alcun privilegio, il tribunale, in applicazione di un ormai consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, accertato che gli incarichi in parola erano stati conferiti personalmente ai singoli professionisti e che questi ultimi avevano altrettanto personalmente eseguito detti incarichi, riteneva di dover considerare superata la presunzione dell'esclusione della personalità del rapporto d'opera professionale tutte le volte in cui il relativo credito fosse stato precisato, come nel caso di specie, dall'associazione professionale di appartenenza, così riconoscendo pienamente a favore dei professionisti istanti il privilegio ex art. 2751-bis n. 2 c.c..

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