Innanzitutto il tribunale ha rilevato come erroneamente gli attori ritenessero pacifica e incontestata la sussistenza e la quantificazione dei crediti professionali per il semplice fatto che questi ultimi fossero stati inseriti nell'elenco allegato alla domanda di ammissione al concordato preventivo, rammentando che la verifica che viene compiuta dal commissario giudiziale sulla base delle scritture contabili, ai sensi dell'art. 171 l. fall (ora art. 104 CCI c.c.., senza modifiche sul punto), ha natura squisitamente amministrativa, volta unicamente all'individuazione dei soggetti aventi diritto al voto, ai fini del calcolo della maggioranza per l'approvazione del concordato preventivo.
Diversamente dal fallimento (ora: liquidazione giudiziale), nel concordato preventivo non è prevista una verifica giudiziale dei crediti, ma solo una mera operazione d'individuazione del numero dei creditori aventi diritto al voto, lasciando ad una successiva verifica giurisdizionale le eventuali contestazioni inerenti la quantificazione e la collocazione dei crediti, esattamente come nel caso di specie, avendo ben presente che il potere di ammettere (provvisoriamente), in tutto od in parte, i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, è attribuito in via esclusiva al giudice delegato in sede di adunanza per la discussione della proposta, e si esplica sulla base di una delibazione sommaria che non pregiudica la decisione sulla sussistenza del credito, produttiva di effetti sia nei confronti dei creditori presenti sia di quelli assenti.
Per quanto attiene al merito della vicenda, il tribunale ha appurato che le prestazioni professionali degli attori (consistenti nell'assistenza prestata in un giudizio tributario di primo e secondo grado e in una negoziazione immobiliare) erano state solo in parte dimostrate.
Più esattamente, il giudice ha appurato sia l'anteriorità dell'incarico conferito ai professionisti prima che la società fosse posta in concordato preventivo sia l'effettività dell'assistenza prestata nel giudizio tributario di primo grado, sulla base degli atti del giudizio stesso (risoltosi, peraltro, favorevolmente per la società), aventi tutti data certa, mentre non risultava in alcun modo provata l'opera di assistenza nel giudizio tributario di secondo grado.
La liquidazione dei compensi professionali veniva, di conseguenza, limitata alle prestazioni eseguite a favore della società per il solo giudizio di primo grado, con applicazione, ex art. 2233 c.c., delle tariffe professionali previste per i dottori commercialisti, ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. 645/1994. Parimenti dimostrate risultavano le prestazioni professionali in merito alla negoziazione immobiliare portata a termine da uno degli attori e, in difetto della dimostrazione di un accordo scritto avente data certa in merito alla quantificazione del compenso, quest'ultimo veniva liquidato sempre sulla base dell'art. 45, comma 1, D.P.R. 645/1994, applicabile ratione temporis.
Venendo, infine, alla seconda eccezione sollevata dalla società convenuta, per la quale, poiché il credito era stato precisato dall'associazione professionale alla quale appartenevano i professionisti e non da questi ultimi, non potesse essere riconosciuto alcun privilegio, il tribunale, in applicazione di un ormai consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, accertato che gli incarichi in parola erano stati conferiti personalmente ai singoli professionisti e che questi ultimi avevano altrettanto personalmente eseguito detti incarichi, riteneva di dover considerare superata la presunzione dell'esclusione della personalità del rapporto d'opera professionale tutte le volte in cui il relativo credito fosse stato precisato, come nel caso di specie, dall'associazione professionale di appartenenza, così riconoscendo pienamente a favore dei professionisti istanti il privilegio ex art. 2751-bis n. 2 c.c..