La garanzia del costruttore in ambito condominiale

Nicola Frivoli
06 Febbraio 2023

Nel condominio, si possono verificare una miriade di eventi con riferimento ai beni comuni, che sono potenzialmente dannosi nei confronti dei terzi, dei condomini stessi e dei conduttori. In tali fattispecie dannose, si applica il principio della responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c., salvo che il condominio non provi il verificarsi dell'accadimento dovuto a caso fortuito.
Il quadro normativo

Nel contratto di appalto, è possibile che si verifichino situazioni che possano cambiare il normale svolgimento del rapporto, deviandolo dalle sue dinamiche ed impedendogli di pervenire al risultato previsto dalle parti, costituito dall'esecuzione delle opere e dal pagamento del corrispettivo. Secondo quanto sancito dal codice civile, a prescindere dalle ipotesi di carattere generale di invalidità valevoli per qualsiasi ipotesi di contratto, esistono alcune specifiche norme che regolamentano questi aspetti di illegittimità che sono caratteristici della fattispecie. Dette norme sono contenute nei seguenti artt. 1667, 1668 e 1669 c.c.

Nella presente disamina, porremo l'accento sulla garanzia del costruttore in condominio, con riferimento all'art. 1669 c.c. che recita: Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.

Dall'enunciata norma si deduce che le opere appaltate riguardino beni immobili e sull'appaltatore grava l'ulteriore responsabilità per i c.d. “gravi difetti”, ponendo in capo al committente l'onere di denunciare i vizi e difformità entro un anno dalla scoperta ed intentare il giudizio entro il successivo anno dalla denuncia; da non sottendere che la garanzia per i gravi difetti è di dieci anni dalla realizzazione dell'opera.

Appalto in condominio: garanzie

Poniamo l'accento sul contratto d'appalto con una prospettiva condominiale, approfondendo un aspetto che potrebbe generare confusione in sede di applicazione delle norme del codice civile. Va, infatti, evidenziato che tali regole sono indirizzate a qualsiasi tipo di contratto di appalto riguardante il compimento di un'opera o di un servizio, e solo eventualmente si rivolgono a fattispecie con caratteri immobiliari. Nel condominio, invece, per la quasi totalità dei casi, l'appalto riguarda opere sull'edificio, vale a dire si tratta di opere su cosa immobile destinata per sua natura a lunga durata, con la conseguenza che confondono fattispecie che, tuttavia, il codice prevede come distinte.

Necessariamente bisogna raffrontare, per meglio comprendere le dinamiche delle garanzie previste dalla disciplina civilistica, ovvero l'art. 1667, che, disciplina una garanzia di carattere generale riguardante i c.d. vizi occulti, e l'art. 1669, c.c. di garanzia prevista per le opere su fabbricati affette dai c.d. vizi gravi. Sempre con riferimento al condominio, però, bisogna formulare una domanda circa l'applicazione dei menzionati articoli se la garanzia dipenda dalla natura dei vizi e difformità riscontrati ovvero dalla loro “gravità”), oppure da altri fattori. Per dirimere tale querelle, è intervenuta la Suprema Corte, a Sezione Unite, affermando che “l'art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo(così Cass. civ., sez. un., 27 marzo 2017, n. 7756).

In buona sostanza, con tale pronuncia, gli ermellini hanno tracciato una linea fondamentale per chiarire, in modo definitivo, che l'applicabilità dell'art. 1669 c.c. afferisce anche gli interventi manutentivi di lunga durata, non operando in modo dissimile dal caso di costruzione ex novo. Ne consegue che, in buona sostanza, il detto art. 1669 c.c. è applicabile sia nell'ipotesi di costruzione di un edificio che anche nella fattispecie di ristrutturazione di un edificio preesistente.

La tipologia dei gravi difetti

Il codice civile prevede una disciplina particolare nel caso in cui l'appalto riguardi beni immobili (nel senso di costruzione ex novo, ovvero di interventi su un edificio esistente). Va, innanzitutto, puntualizzato che tale disciplina si applica sia ai beni immobili “naturali” (cioè suolo, edifici, costruzioni ed altre tipologie indicate nel comma 1 dell'art. 812 c.c.), sia ai beni immobili “per incorporazione” (cioè le strutture galleggianti permanentemente ancorate al suolo, indicate nel comma 2 della stessa norma). Va da sé che non si applica nel caso di appalto riguardante beni mobili, ancorché registrati. La disposizione di riferimento per tale fattispecie è chiaramente riferita all'art. 1669 c.c.

La norma, pertanto, si applica solo nei casi di: a) nuova costruzione di edificio; b) costruzione di una nuova parte di un edificio preesistente; c) interventi di manutenzione straordinaria su edificio preesistente.

Come testualmente previsto dalla norma, i difetti che determinano l'applicazione della responsabilità dell'appaltatore e la loro individuazione, si riferiscono in prima battuta, alla rovina (o al pericolo di rovina) dell'immobile e, in via gradata, ad una tipologia di vizio che viene definita come “grave”. L'identificazione della “rovina” dell'edificio è piuttosto semplice e riguarda l'ipotesi in cui l'immobile cessa di esistere, determinandosi il venire meno delle parti strutturali dell'immobile che sono necessarie alla sua stabilità. Nel concetto rientra anche la rovina c.d. “parziale”, che si ha quando i su descritti fenomeni si verificano a carico solo di una porzione del fabbricato.

Con “pericolo” di rovina, inoltre, ci si riferisce al caso in cui sussiste ragionevole certezza che, nel prossimo futuro, l'immobile subirà una delle due suddette ipotesi di rovina totale o parziale. Perché sussista una tale condizione di pericolo, occorre che siano riscontrabili, nel tempo attuale (e non successivamente), modificazioni o alterazioni negli elementi essenziali per la statica dell'edificio, tali da denotare di per sé una situazione di pericolo. Per grave difetto, infine, si intende qualsiasi alterazione che, pur non incidendo sulla stabilitàdell'edificio, ne pregiudichi in modo grave la funzione menomandone il normale godimento o impedendo che l'opera fornisca l'utilità a cui è destinata (Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 1995, n. 245).

In ogni caso, sia la rovina, sia il grave difetto devono essere legati da un nesso di causalità ad un difetto di costruzione (o anche, secondo il testo dell'art. 1669 c.c., ad un vizio del suolo). Alla sussistenza della rovina o dei gravi difetti ed all'accertamento della loro ricollegabilità all'attività dell'appaltatore, la colpa di quest'ultimo si presume.

La responsabilità e i rimedi

La responsabilità prevista dalla disposizione contenuta nell'art. 1669 c.c., è di natura extracontrattuale. Infatti, prescinde dal contratto stipulato tra il committente e l'appaltatore ed è finalizzata a tutelare esigenze aventi carattere pubblicistico (le quali, pertanto, trascendono i semplici interessi privatistici delle parti contrattuali).

Tale tipo di responsabilità di cui è gravato l'appaltatore è prevista al fine di promuovere la stabilità e la solidità degli edifici e delle altre cose immobili.

In altri termini, la responsabilità sorge per il solo fatto di aver costruito l'immobile, che pure presuppone un rapporto contrattuale, si configura come responsabilità extracontrattuale di ordine pubblico, al fine di promuovere la stabilità e la solidità degli edifici e delle altre cose immobili, destinate per loro natura a lunga durata, così tutelando l'incolumità e la sicurezza del cittadino (Cass. civ., sez. II, 20 novembre 2007, n. 24143).

Dunque, se ne deduce che la norma in esame, quale conseguenza della presenza sull'immobile di gravi difetti, prevede la sola “responsabilità” dell'appaltatore. In particolare, prescrive che “se [...] l'opera [...] presenta [...] gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa [...].

Ne rinviene che l'appaltatore, in virtù di tale responsabilità, oltre all'obbligo al risarcimento del danno, che può darsi come pacifico, vi è anche il dovere di provvedere direttamente al ripristino delle opere eliminando i gravi difetti, da considerarsi garanzia ex lege.

Il committente, in caso di violazione, può richiedere la condanna dell'appaltatore, alternativamente, o al pagamento della somma di denaro corrispondente al costo delle opere necessarie per l'eliminazione dei vizi ovvero alla diretta esecuzione delle opere stesse.

Per completezza, va rilevato che la costruzione di un immobile costituisce un'attività complessa che, inevitabilmente, coinvolge un numero piuttosto ampio di competenze. Dal progetto (riguardante anch'esso più d'un àmbito specialistico) alla sorveglianza delle opere, dall'esecuzione delle stesse all'effettuazione del collaudo finale, molti sono i soggetti che si avvicendano nel rapporto. A ciascuno di questi, la normativa attribuisce una specifica responsabilità che può attivarsi qualora dalla loro specifica attività (o meglio, negligenza o imperizia) derivi un'imperfezione o lacuna sul manufatto.

In questi casi, ci troviamo di fronte al caso di responsabilità concorrente, con la conseguenza che ciascuno dei soggetti citati (committente, appaltatore, progettista, direttore dei lavori, ecc.) sarà da ritenersi responsabile qualora il suo comportamento (o, meglio, inadempimento) sarà stato causa del danno. Qualora il danno subìto dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell'appaltatore e del direttore dei lavori (ovvero del progettista), entrambi rispondono solidalmente dei danni, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà (art. 2058 c.c.), che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento (Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2004, n. 20294).

I termini ex art. 1669 c.c.

L'art. 1669 c.c. prevede che la responsabilità dell'appaltatore debba essere reclamata per eventi manifestatisi “nel corso di dieci anni dal compimento” dell'edificio (prescrizione).

Si tratta di un termine posto dalla norma al fine di definire l'intero rapporto e che si ritiene costituisca il limite finale di un rapporto di diritto sostanziale e, come tale, non qualificabile né come di decadenza, né come di prescrizione. In ulteriore conseguenza a tale impostazione, deriva che tale termine non è soggetto a sospensione o ad interruzione. Si tratta, in realtà, di un limite insuperabile alle pretese del committente. La decorrenza è posta con riferimento al “compimento” dell'opera e deve individuarsi con la situazione concreta di termine dei lavori di costruzione dell'edificio. Secondo tale impostazione, quindi, rilevante può ritenersi anche il c.d. “verbale di ultimazione dei lavori”, che costituisce un accertamento tecnico relativo ad una situazione obiettiva.

Va, altresì, precisato che il committente deve inoltrare apposita denuncia all'appaltatore, entro un anno dalla scoperta dei difetti dell'opera, nelle modalità previste dall'art. 1667 c.c.

Tale denuncia deve contenere la descrizione del difetto scoperto che potrebbe avere una forma libera oppure con una forma obbligatoriamente prevista da contratto. Perciò, deve essere tempestiva, perché il termine annuale è da considerarsi come decadenza, e non può essere interrotto e sospeso.

Inviata la denuncia da parte del committente, l'appaltatore ha facoltà di aderire alle contestazioni, adoperandosi per l'eliminazione dei difetti eccepiti, oppure procedendo, previo accordo col primo, al pagamento di una somma che ristabilisca l'alterato equilibrio contrattuale. In difetto di un tale componimento, sull'appaltatore grava l'ulteriore onere di proporre la corrispondente azione di tutela davanti al giudice competente entro un ulteriore anno dalla predetta denunzia, pena la totale perdita di garanzia relativamente allo specifico difetto contestato nella medesima denunzia. Si tratta di un meccanismo che lega indissolubilmente la scoperta di un determinato difetto, la sua denunzia e la corrispondente richiesta di tutela per le vie legali.

In questo caso, sussiste interdipendenza tra i momenti temporali previsti dall'art. 1669 c.c., con la conseguenza che il committente è tenuto a rispettarli entrambi, e che, in difetto, verrà a perdere la possibilità di tutela costituita dall'attivazione della responsabilità posta dalla legge a carico dell'appaltatore.

Legittimazione ad agire

La natura extracontrattuale della responsabilità fa discendere importanti conseguenze in ordine alla disciplina applicabile. In particolare, con riferimento alla legittimazione ad agire, si ritiene spetti non solo al committente o ai suoi aventi causa, ma anche a qualunque altro soggetto rimanga danneggiato dalla rovina o dai gravi difetti della costruzione (Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2005, n. 1748). Nel caso di edificio in comproprietà, si ritiene non necessaria l'integrazione del contraddittorio a tutti i relativi titolari.

Oltre ai suddetti soggetti, legittimato a far valere in giudizio la responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 c.c. è anche l'amministratore di condominio. Suddetto potere deriva a tale soggetto in forza del disposto del n. 4) dell'art. 1130 c.c., grazie al quale l'amministratore può “compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio”.

All'amministratore è imputato il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l'amministratore ha il potere-dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato; pertanto, rientra nel novero degli atti conservativi di cui all'art. 1130, n. 4), c.c. l'azione di cui all'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti dì costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in un'ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto (Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 2018, n. 2436; Cass. civ., sez. II, 19 marzo 2021, n. 7875).

In conclusione

Il costruttore garantisce lo stabile costruito, ai sensi dell'art. 1669 c.c., per gravi difetti o rovina dello stesso, per un tempo non infinito, ovvero la garanzia è prevista per dieci anni, inteso come termine di prescrizione. Tale termine non è soggetto ad interruzione o sospensione, ed è interdipendente con altri due termini: quello della denuncia entro un anno dalla scoperta del difetto ed il termine dell'anno successivo entro il quale dovrà essere intentata azione giudiziale.

Perciò, dalla menzionata norma si deduce la garanzia che ha il committente nei confronti dell'appaltatore/costruttore, con susseguenti rimedi previsti per legge, volti alternativamente alla richiesta di risarcimento del danno oppure al ripristino dello stato dei luoghi.

Riferimenti

Nasini, Responsabilità parti comuni in condominio, in IUS Condominio e locazione;

Passarella, Sulla legittimazione attiva e passiva all'azione di responsabilità e difetti di immobili, in Contratti, 2017, fasc. 6, 650;

Mattioni, Una pronuncia esemplare sull'abito di applicazione (e sulla natura) della responsabilità ex art. 1669 c.c., in Nuova giur. civ. comm., 2017, fasc. 9, 1193;

Amendolagine, La responsabilità del condominio nel contratto di appalto, in Giur. it., 2015, fasc. 5, 1249;

Miglietta, L'appalto privato, Torino, 2006, 265;

Soldati, La garanzia per rovina e difetti di cose immobili, in Nuovo dir., 2004, 223.

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