Danno da contrazione dei redditi: negato il risarcimento all’avvocato vittima di una caduta
06 Febbraio 2023
Riconosciuto il concorso di responsabilità al 50% nella caduta, il Condominio veniva condannato al risarcimento del danno, con riconoscimento di un ulteriore importo a titolo di personalizzazione del danno da parte della Corte d'appello, in applicazione di un criterio prettamente equitativo non legato alle tabelle milanesi, ma ottenuto calcolando l'importo ulteriore tramite un aumento percentuale dell'importo già liquidato in primo grado. Tale valutazione secondo equità avrebbe a detta del ricorrente dovuto tener anche conto dell'età del danneggiato sulla scorta che col suo avanzare le malattie scheletriche sono molto più incidenti rispetto a una persona giovane.
Con il ricorso, l'avvocato censura la sentenza della Corte territoriale, che nell'escludere il riconoscimento di un danno patrimoniale da contrazione dei redditi nel periodo di invalidità temporanea, rilevava come «nel caso di specie non vi è alcuna certezza del danno, sia perché il CTU medico legale non ha rilevato un danno alla capacità lavorativa specifica di avvocato, sia perché, seguendo le stesse argomentazioni dell'appellante, la professione forense non è soggetta ad un guadagno quotidiano legato all'apertura o meno dello studio, come potrebbe essere nel caso di un esercizio commerciale, ma è fatta di ricavi e di lavoro spalmati nel tempo». Secondo la sentenza impugnata, «non è, quindi, improbabile che un avvocato temporaneamente impossibilitato a muoversi, possa rinviare i propri appuntamenti e le proprie cause per motivi di salute, continuando a lavorare da casa per quanto possibile (redazione degli atti, contatti con i propri collaboratori ecc.) evitando, così, di subire decrementi patrimoniali».
È da escludersi pertanto che il danno sia in re ipsa, dovendosi ritenere comunque necessaria la dimostrazione, quantomeno generica, della patita contrazione reddituale.
Con riferimento al risarcimento del danno non patrimoniale, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso in commento, ha ricordato che «l'adeguatezza del metodo tabellare nella liquidazione del danno, strutturato sulla base del c.d. punto variabile in funzione crescente del grado di invalidità e decrescente dell'età del danneggiato, costituisce jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte e le considerazioni svolte non offrono elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa».
L'importo però non aumenta ulteriormente se la Corte ha applicato un criterio equitativo per la personalizzazione svincolato dalle Tabelle milanesi. Questa la risposta alla censura, proposta dal ricorrente e a detta della Cassazione volta a criticare la validità della liquidazione del danno biologico secondo il metodo del calcolo a punto sotteso alle Tabelle del Tribunale di Milano.
(fonte: dirittoegiustizia.it) |