Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte muove dal presupposto che, in generale, il deposito telematico di un atto giudiziario si perfeziona al momento della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 7, del d.l. n. 179/2012 (conv. con modif. in l. n. 221/2012), non a seguito del messaggio di esito dei controlli manuali di accettazione della busta telematica da parte della cancelleria, finalizzati a rendere l'atto visibile al giudice e alle parti del processo. La stessa Suprema Corte ha, invero, precisato, in diversi arresti, che pur dovendosi considerare il deposito perfezionato al momento del rilascio della RdAC, tale effetto è «anticipato e provvisorio rispetto all'ultima PEC» e, cioè, subordinato «al buon fine dell'intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva», sicché esclusivamente con l'accettazione del cancelliere (la quarta p.e.c.), «e solo a seguito di essa, si consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e, inoltre, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti» (Cass. civ., sez. I, ord., 8 novembre 2019, n. 28982; Cass. civ., sez. VI- 1, ord., 20 agosto 2020, n. 17404; Cass. civ., sez. VI- 1, ord., 21 settembre 2022, n. 27654). Sarebbe, quindi, errato “equiparare la RdAC al timbro cartaceo del c.d. ‘depositato', giacché quest'ultimo segna definitivamente il perfezionamento del deposito, mentre la RdAC ancora sottostà al superamento dei controlli automatici” (Cass. civ., sez. VI- 1, ord., 21 settembre 2022, n. 27654 cit.). Si è, però, tendenzialmente sempre ammessa, in caso di esito negativo dei controlli automatici e rifiuto del deposito da parte della cancelleria, la possibilità di rimessione in termini ai fini della rinnovazione del deposito, ove possa ritenersi che il termine a disposizione della parte sia decorso incolpevolmente a causa dell'affidamento riposto nell'esito positivo del deposito (Cass. civ., sez. VI- 3, ord., 27 settembre 2022, n. 29357; Cass. civ., sez. VI- 1, ord., 14 gennaio 2020, n. 17404). La pronuncia in commento, oltre a ribadire la possibilità di rimessione in termini della parte che dopo aver ricevuto la c.d. seconda PEC ottenga la comunicazione di rifiuto del deposito per “errore fatale” rilevato dal sistema, aggiunge un ulteriore tassello nel panorama della possibilità di sanatoria dei vizi del deposito telematico, stabilendo che il mancato perfezionamento del deposito per “errore fatale” rilevato dal sistema non determina effetti invalidanti quando vi sia stato il pieno raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c. (ad esempio perché la parte che abbia ottenuto la c.d. seconda PEC abbia spontaneamente provveduto alla rinnovazione del deposito nei termini a sua disposizione o perché l'atto sia pervenuto alla conoscenza del destinatario e sia comunque disponibile nel fascicolo telematico, come successo nel caso all'esame dei giudici di legittimità).